La pronta disponibilità, pur essendo una obbligazione che trova causa nel rapporto di lavoro, non può essere equiparata alla prestazione effettiva di attività di lavoro, poiché la mera disponibilità alla eventuale prestazione incide diversamente sulle energie psicofisiche del lavoratore rispetto al lavoro effettivo e riceve diversa tutela dall’ordinamento.

Il dirigente sanitario in servizio di pronta disponibilità in giorno festivo, che non abbia reso prestazione lavorativa, ha diritto ad un giorno di riposo compensativo, ma non alla riduzione dell’orario di lavoro settimanale.

Il mancato godimento del giorno di riposo compensativo non equivale ad una effettiva prestazione lavorativa, poiché limita soltanto, senza escluderlo del tutto, il godimento del riposo e comporta il diritto ad un particolare trattamento economico aggiuntivo.

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ricorso depositato in data 15.01.2009, ritualmente notificato parte ricorrente indicata in epigrafe, premesso di essere dipendente dell’ASL BA, in servizio presso il Centro Ospedaliero di Riabilitazione “Monte dei Poveri” di Rutigliano, con mansioni di dirigente medico; di aver prestato servizio di pronta disponibilità anche durante i giorni festivi ai sensi dell’art. 18 nonché 82 del D.Lgs. n. 270 del 1987; di non aver visto fatta corretta applicazione dell’istituto contrattuale, e di aver subito danni per effetto della mancata fruizione del riposo compensativo per i turni di pronta disponibilità prestati in giornate festive, e per il mancato computo di detti turni nel debito orario settimanale; tutto ciò premesso, chiedevano all’adito giudice accertarsi il diritto a fruire dei riposi in oggetto, conseguentemente condannarsi l’Azienda resistente al risarcimento del danno patito per l’illecito contegno datoriale, con vittoria di spese di lite.

La Azienda resisteva alla domanda chiedendone il rigetto.

La domanda è infondata.

A tal fine si evidenzia che, in fattispecie identica a quella all’odierno vaglio, è intervenuta pronuncia della Corte di Cassazione n. 4688 del 25.2.2011 che ha ritenuto la totale infondatezza della pretesa azionata.

L’impostazione e la motivazione di detta pronuncia, cui questo giudice si riporta, vengono richiamate e recepite in questa sede per esteso nelle parti salienti.

Argomenta, invero, la Suprema Corte:

“….Nel presente giudizio si discute della spettanza al ricorrente del diritto ad un particolare ristoro per il danno conseguente al mancato godimento del giorno di riposo compensativo in occasione della prestazione del servizio di pronta disponibilità in giorno festivo. 5.1. La pronta disponibilità, prevista dalla disciplina collettiva (spec. art. 20 c.c.n.l. Comparto Sanità – Area dirigenza medica e veterinaria – 1994-1997, recepito dal D.P.C.M. 12 settembre 1996), si configura come una prestazione strumentale e accessoria, caratterizzata dall’immediata reperibilità del dirigente medico e dall’obbligo per lo stesso di raggiungere il presidio sanitario nel tempo stabilito con le procedure previste dalla stessa contrattazione collettiva “per affrontare le situazioni di emergenza in relazione alla dotazione organica ed agli aspetti organizzativi delle strutture”. Esso va limitato ai soli periodi notturni e festivi e da, di per sè, “diritto ad una indennità per ogni dodici ore”. Inoltre, “in caso di chiamata l’attività prestata viene computata come lavoro straordinario o compensata come recupero orario”. Pertanto, non equivalendo ad una effettiva prestazione lavorativa, il servizio di pronta disponibilità svolto nel giorno destinato al riposo settimanale limita soltanto, senza escluderlo del tutto, il godimento del riposo stesso e comporta il diritto ad un particolare trattamento economico aggiuntivo, come si è detto. La contrattazione collettiva … prevede anche il diritto (ulteriore) ad un giorno di riposo compensativo in relazione al servizio di pronta disponibilità prestato in giorno festivo, a prescindere dall’effettiva prestazione di lavoro, specificando, però, che la spettanza del suddetto diritto non può comportare “riduzione del debito orario settimanale”. Il medesimo precetto si rinviene sia nella legislazione precedente (D.P.R. 20 maggio 1987, n. 270, art. 82, comma 6, di cui l’allegalo B del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 ha sancito la disapplicazione, a partire dal 6 dicembre 1996, per il personale con qualifica dirigenziale medica e veterinaria), sia nella contrattazione collettiva successiva (v., per tutti, art. 17, comma 7, c.c.n.l. 3 novembre 2005 – Area dirigenza dei ruoli sanitario, professionale, tecnico e amministrativo del SSN 2002-2005). A tale ultimo riguardo va ricordato, in particolare, l’art. 9, comma 1, c.c.n.l. integrativo del c.c.n.l. del personale Sanità stipulato il 7 aprile 1999, ove si precisa che “1. Ad integrazione di quanto previsto dall’art. 20 del CCNL 1 settembre 1995 e art. 34 del CCNL 7 aprile 1999, l’attività prestata in giorno festivo infrasettimanale da titolo, a richiesta del dipendente da effettuarsi entro trenta giorni, a equivalente riposo compensativo o alla corresponsione del compenso per lavoro straordinario con la maggiorazione prevista per il lavoro straordinario festivo 5.2. Da tali dati si desume chiaramente che il diritto di cui si discute non può trovare la sua fonte nell’art. 36 Cost. in quanto tale norma costituzionale, per quel che qui interessa, garantisce esclusivamente il diritto (inderogabile) al riposo settimanale in relazione ad attività lavorativa effettivamente prestata e non può essere riferita ad altre obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro. Infatti, la pronta disponibilità, pur essendo una obbliga/ione che trova causa nel rapporto di lavoro, non può essere equiparata alla prestazione effettiva di attività di lavoro, poiché è di tutta evidenza che la mera disponibilità alla eventuale prestazione incide diversamente sulle energie psicofisiche del lavoratore rispetto ai lavoro effettivo e riceve diversa tutela dall’ordinamento. Ciò spiega perché per la suddetta normativa (legislativa e contrattuale) il dirigente sanitario in servizio di pronta disponibilità in giorno festivo, che non abbia reso prestazione lavorativa, ha diritto ad un giorno di riposo compensativo ma non alla riduzione dell’orario di lavoro settimanale, con la conseguenza che è tenuto a recuperare le sei ore lavorative del giorno di riposo ridistribuendole nell’arco della settimana. Ora – anche per il periodo antecedente all’espresso chiarimento contenuto nell’art. 9, comma 1, c.c.n.l. integrativo su riportato – nel silenzio della normativa, deve ritenersi conforme all’interesse dei dirigenti sanitari, una interpretazione della stessa nel senso di salvaguardare la libertà di ciascun dirigente in merito alla valutazione della convenienza della fruizione del giorno di riposo compensativo con prolungamento dell’orario di lavoro negli altri giorni della settimana. Ciò comporta di conseguenza che la concessione del giorno di riposo compensativo anche nel periodo antecedente (cui si riferisce l’attuale vicenda) non poteva non considerarsi subordinata alla richiesta dell’interessato. È pacifico che l’attuale ricorrente non ha mai chiesto di godere del giorno di riposo compensativo in relazione alle disponibilità festive prestate. Il mancato godimento del riposo compensativo non può dunque essere imputato all’Azienda sanitaria datrice di lavoro. Il ricorrente, peraltro, neppure può sostenere di aver subito un danno da usura psicofisica in conseguenza del mancato recupero, non risulta, infatti, che egli, nei suddetti giorni festivi, abbia svolto attività lavorativa e, comunque, l’eventuale godimento del riposo compensativo non lo avrebbe esonerato dall’obbligo di rispettare il “debito orario settimanale”.

D’altro canto all’obbligo di mera disponibilità ad una eventuale prestazione non può attribuirsi una idoneità ad incidere sul tessuto psicofisico del lavoratore tale da configurare una violazione di norme generali. Il compenso per l’obbligo di pronta disponibilità non seguito da effettiva attività lavorativa non può che essere lasciato alla contrattazione collettiva, che nella vicenda in esame, come si è detto, ha operato delle scelte del tutto conformi a quanto fin qui esposto….”.

Alla luce dei suesposti argomenti – ed incontestata la circostanza che la parte istante non aveva mai inoltrato domanda di fruizione del riposo compensativo per alcuno dei periodi dedotti in causa (fatta eccezione che in sede di tentativo di conciliazione) né ha dimostrato di aver richiesto all’azienda ospedaliera una diversa suddivisione del proprio orario di lavoro, al fine di poter fruire del riposo compensativo, ovvero ancora ha provato di aver lavorato nelle giornate dedotte (apparendo insufficiente a tal riguardo la circostanza dell’assoggettamento all’alea della disponibilità) – il ricorso deve essere rigettato.

In ragione del decisum della S.C. intervenuta su questione controversa in giurisprudenza e delle precedenti diverse decisioni assunte anche da questo giudice, le spese possono essere compensate.

P.Q.M.

Il Tribunale di Bari in funzione di Giudice del lavoro, disattesa ogni diversa istanza, deduzione ed eccezione così definitivamente provvede:

rigetta la domanda;

spese compensate.

Così deciso in Bari, il 13 gennaio 2016.

Depositata in Cancelleria il 13 gennaio 2016.