Si è svolto a Rimini, nell’ambito del Meeting dell’amicizia tra i popoli, un seminario realizzato in collaborazione con il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, a cui hanno partecipato Stefano Colli-Lanzi, presidente e Amministratore delegato di GI Group, Giuseppe Guerini, presidente di Federsolidarietà di Confcooperative, Gianni Rossoni, assessore all’Istruzione, formazione e lavoro della Regione Lombardia e Francesco Verbaro, segretario generale del ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
La necessità che in questo periodo di crisi si lavori per tenere al centro la persona che esprime i suoi bisogni e la sua volontà di essere attiva all’interno della società, può essere questa la sintesi dell’incontro. «Quando si parla di politiche attive del lavoro – ha esordito Colli – Lanzi – c’è una questione fondamentale da cui partire: il fatto che la crisi ci rimette davanti a tutte le risorse che abbiamo, concependole come possibilità per stare meglio». Trovandoci in un paese un po’ decadente, perché «abbiamo molte risorse ma sfruttate male», risulta chiaro che “la cosa più semplice è dare sussidi». «Questo tipo di logica non regge più – ha continuato il manager – perché i sussidi finiscono mentre le politiche attive del lavoro favoriscono l’occupabilità, cioè l’iniziativa della persona».
Guerini ha parlato dell’esperienza delle cooperative sociali e più in particolare di quelle che si occupano di inserimento lavorativo persone in situazione di svantaggio . «Attualmente con noi lavorano 184mila persone e nonostante la crisi le nostre cooperative hanno tenuto sul versante occupazionale, pur registrando un fatturato inferiore». Fra questi 40 mila lavorano nella operative di inserimento lavorativo e oltre 15.000 sono svantaggiati che non potrebbero trovare occupazione in altre aziende.
Guerini poi, ricordando un passaggio del precedente incontro tenutosi questo pomeriggio in auditorium, ha detto che «la responsabilità di un gruppo in cui la politica attiva del lavoro è un paradigma e non solo un vuoto discorso è la chiave del successo della sua esperienza imprenditoriale». Occorre anche riportare al centro il significato originario e fondativo del lavoro e cioè quello di essere un esperienza che deve essere caratterizzata dalla tensione al “dare”, anche in una forma di dono e di generatività, mentre purtroppo nel tempo si sviluppato una prevalenza di approccio al lavoro solo di carattere strumentale come esperienza del “ricavare”.
In questa direzione Guerini ha affermato che «il piano triennale per il lavoro risulterà interessante nella misura in cui sarà inteso non come il piano del governo ma il piano di lavoro di ciascuno do noi che si assume una responsabilità verso se e verso gli altri» ed ha individuato alcuni punti sui cui puntare per uscire dalla crisi: nuove condizioni strutturali (federalismo nelle politiche attive del lavoro); costruzioni di reti di collaborazione tra i soggetti coinvolti; capacità di integrare strumenti diversi (non solo la formazione); nuove condizioni amministrative e vantaggi fiscali.
Rossoni nel suo intervento ha descritto i passaggi che hanno consentito nella Regione Lombardia una tenuta complessiva del sistema sociale annoverando come modello il sistema di tutele messo in atto da Governo e regioni e “la dote” quale strumento privilegiato di attuazione di tale modello. «Entrambi – ha dichiarato – hanno dato garantito la tenuta sociale grazie ad un lavoro di responsabilità di tutti i soggetti chiamati in causa». Rossoni ha poi citato alcuni dati significativi tra cui i «112 milioni di euro dedicati alle politiche attive, utilizzati per pagare il 30 per cento delle indennità ai lavoratori per la cassa in deroga».
«Un nuovo modello di welfare a partire dalla crisi che investe l’intera vita della persona in tutte le fasi di transizione» è il punto su cui si è basato l’intervento di Verbaro. «Occorre – ha sottolineato – sostenere una politica di capitale umano non più basata sul percorso studio-formazione-lavoro, ma l’introduzione al lavoro a partire dal corso di studio».
Verbaro ha poi sottolineato la necessità di passare da un welfare statico (leggi sussidi) ad un welfare dinamico che collochi le politiche attive del lavoro in modo diverso, facendole dipendere dal buon funzionamento dei soggetti che cooperano tra loro. In conclusione del suo intervento, parafrasando l’Ulisse, ha dichiarato che «occorre superare i nostri Mediterranei».
«Si è assistito ad un ottimo dibattito in cui è stato evidente – ha concluso i lavori Ferlini – che la risorsa più nuova della società è costituita da uomini adeguatamente motivati ad offrire risposte agli infiniti bisogni propri e degli altri».