a seguito della esecuzione di un trattamento tecnico assistenziale e chirurgico presso una struttura sanitaria collocata in una regione diversa da quella di residenza, asserendosi di aver subito danni si agiva per il risarcimento dinanzi al tribunale del luogo di residenza nella convinzione di potersi avvalere del trattamento più favorevole riservato al consumatore ai sensi del codice del consumo.
La Suprema Corte ha osservato che la disciplina, concernente il foro del luogo di residenza del consumatore, è inapplicabile ai rapporti tra pazienti e strutture ospedaliere pubbliche o private operanti in regime di convenzione con il servizio sanitario nazionale: sia perché, pur essendo l’organizzazione sanitaria imperniata sul principio di territorialità, l’assistito può rivolgersi a qualsiasi azienda sanitaria presente sul territorio nazionale, sicché se il rapporto si è svolto al di fuori del luogo di residenza del paziente tale circostanza è frutto di una sua libera scelta; sia perché la struttura sanitaria non opera per fini di profitto, e non può quindi essere qualificata come imprenditore o professionista.
Cassazione Civile – Sez. III, Sent. n. 18138 del 04.08.2010
Svolgimento del processo
quanto segue:
1. L.A., in proprio e nella qualità di madre esercente la potestà parentale sul figlio minore C.S.M. ha proposto ricorso per regolamento di competenza avverso la sentenza del 12 novembre 2008, con la quale il Tribunale di Napoli – investito da essa ricorrente nella detta qualità della domanda intesa ad ottenere il risarcimento, a titolo di responsabilità precontrattuale, contrattuale ed extracontrattuale, dei danni sofferti alla propria persona direttamene e di quelli riflessi sofferti dal figlio, in relazione ed in dipendenza di un trattamento tecnico assistenziale e chirurgico, eseguito dal dottor C. presso detta A.U.S.L. in L’Aquila, nonché la declaratoria della risoluzione del rapporto contrattuale per inadempimento e la condanna dei convenuti alla restituzione di una somma corrisposta – pur ritenendo che in ordine alla vicenda si configurasse la ricorrenza del foro del consumatore, siccome invocato dall’attrice nella citazione, ai sensi dell’art. 1469 bis c.c., comma 3, n. 19, ha dichiarato l’insussistenza della competenza del foro di Napoli e la sussistenza del foro di L’Aquila, reputando che l’invocato foro del consumatore si situasse ivi, quale luogo di residenza dell’attrice e non, come sostenuto da costei nel domicilio eletto in funzione della controversie con una dichiarazione stragiudiziale ed invocato nella citazione.
2. Gli intimati hanno resistito con separate memorie.
2. Essendo il ricorso soggetto alle disposizioni di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006 e prestandosi ad essere trattato con il procedimento di cui all’art. 380 bis c.p.c. nel testo anteriore alla L. n. 69 del 2009, è stata redatta relazione ai sensi di detta norma, che è stata notificata agli avvocati delle parti e comunicata al Pubblico Ministero presso la Corte.
Sono state depositate memorie da parte della ricorrente e dell’A.U.S.L..
Motivi della decisione
quanto segue: Nella relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. sono state svolte le seguenti considerazioni:
“… 4. – Il ricorso propone tre motivi, con i quali si critica la decisione impugnata sempre quanto a profili che suppongono la correttezza dell’inquadramento delle vicenda effettuata dal Tribunale – peraltro, in adesione a quanto sostenuto dall’attrice – come soggetta alla disciplina del c.d. foro del consumatore, in relazione alla fattispecie regolato dalla norma dell’art. 1469 c.c., comma 3, n. 19. 4.1. – Lo scopo dei motivi è quello di individuare il foro del consumatore non già, come ha fatto il Tribunale in L’Aquila bensì a Napoli.
Lo specifico scrutinio dei tre motivi non appare necessario, perché la Corte dovrebbe, nell’esercizio dei suoi poteri d’ufficio di statuizione sulla competenza, rilevare che sia la qui ricorrente, sia il Tribunale hanno errato nel ritenere che, in relazione alla controversia potesse operare il foro del consumatore.
Essendo, infatti, pacifico che la prestazione è avvenuta nell’ambito della struttura gestita dall’A.U.S.L. qui resistente, viene in rilievo in senso contrario il principio di diritto già affermato dalla Corte nei termini seguenti: La disciplina di cui al D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 206, art. 33, comma 2, lett. u), concernente il foro del luogo di residenza del consumatore, è inapplicabile ai rapporti tra pazienti e strutture ospedaliere pubbliche o private operanti in regime di convenzione con il servizio sanitario nazionale: sia perchè, pur essendo l’organizzazione sanitaria imperniata sul principio di territorialità, l’assistito può rivolgersi a qualsiasi azienda sanitaria presente sul territorio nazionale, sicchè se il rapporto si è svolto al di fuori del luogo di residenza del paziente tale circostanza è frutto di una sua libera scelta, che fa venir meno la ratio dell’art. 33 cit.; sia perchè la struttura sanitaria non opera per fini di profitto, e non può quindi essere qualificata come imprenditore o professionista.
(Cass. (ord.) n. 8093 del 2009).
Detto principio, sulla base delle ampie motivazioni esposte dal detto provvedimento (che sono idonee anche a confutare le argomentazioni in proposito svolte dal Tribunale), valgono a maggior ragione in riferimento al regime del foro del consumatore anteriore al D.Lgs. n. 206 del 2005 ed espresso dall’art. 1469 c.c., comma 3, n. 19.
Ne discende che erroneamente la qui ricorrente introdusse la causa invocando il foro del consumatore.
Ed altrettanto erroneamente il Tribunale seguì tale logica, salvo poi individuare in concreto diversamente il foro.
4.2. – Ciò premesso, la Corte, una volta rilevato che la controversia non è soggetta al foro del consumatore, nell’esercizio dei suoi poteri di statuizione dovrebbe procedere all’individuazione del foro sulla base dei normali criteri di competenza ed essi sembrano radicarsi in L’Aquila con riferimento ad entrambi i convenuti, di modo che la controversia non sembra avere alcun criterio ordinario di collegamento con Napoli.
Infatti, avuto riguardo alle domanda di risarcimento danni, per i vari titoli di responsabilità, il foro generale dell’art. 19 per l’A.U.S.L. si radica a L’Aquila, quello per la pretesa ex delicto e precontrattuale, secondo i fori di cui all’art. 20 c.p.c., sempre in quella città, dove l’illecito è stato commesso e dove l’obbligazione risarcitoria ed indennitaria dev’essere adempiuta (in relazione anche alle argomentazioni ad altro fine svolte a proposito del servizio di tesoreria nella stessa sentenza impugnata). A sua volta, il foro generale della residenza per la domanda contro il C. e quelli ai sensi dell’art. 20 c.p.c. si radicano sempre all’Aquila, dov’egli risiede (per come ammette la stessa ricorrente) e dove deve presumersi si domicili (ai sensi dell’art. 44 c.c., comma 2), dove è sorta l’obbligazione e dove essa dev’essere adempiuta (domicilio del debitore).
Non diverse conclusioni si evidenziano per la domanda di risarcimento danni da responsabilità contrattuale.
Quanto, poi, alla domanda di restituzione fondata sulla chiesta risoluzione per inadempimento rapporto contrattuale valgono conclusioni analoghe: si veda all’uopo Cass. n. 453 del 2007. 4.3. – E’ appena il caso di precisare che, nel caso di specie, essendo stata la controversia proposta con espressa invocazione di un foro esclusivo da parte dell’attrice e qui ricorrente, la contestazione della competenza territoriale da parte dei convenuti non doveva estrinsecarsi con l’individuazione di tutti i fori inerenti la competenza territoriale derogabile, sicché del tutto irrilevante è che tanto l’A.U.S.L. quanto lo stesso C. non abbiano contestato l’esistenza in Napoli del domicilio dello stesso C., bensì solo della sua residenza. Quando si introduce una controversia con espressa invocazione di un foro esclusivo, infatti, non si configura un onere del convenuto di contestare la sussistenza della competenza secondo tutti i fori inerenti la competenza territoriale, potendo la contestazione sia limitarsi al foro esclusivo, sia essere accompagnata dall’indicazione di alcuno di quei fori, nel qual caso il giudice potrà, una volta ravvisata l’insussistenza del foro esclusivo, individuare quei fori in base alle risultanze degli atti oppure sulla base delle allegazioni dello stesso attore, che evidenzi e dimostri che comunque la competenza alla stregua di alcuno di essi si radica sempre nel foro adito (in termini: Cass. (ord.) n. 13032 del 2009, per un caso in cui invece non era stato invocato espressamente il foro esclusivo; Cass. (ord.) n. 9316 del 2008, a proposito del caso in cui sia invece il convenuto ad eccepire l’insussistenza della competenza per esservi altra competenza in via esclusiva e l’eccezione venga disattesa, nel qual caso occorre che il convenuto abbia contestato in subordine anche i fori territoriale derogabili).
4.4. – Da quanto osservato, poiché non risulta in atti che il C. domiciliasse in Napoli (il che, invece, avrebbe, ai sensi dell’art. 33 c.p.c., potuto attrarre la competenza anche quanto all’A.U.S.L.), la competenza si individua nel foro di L’Aquila.”. 2. Il Collegio condivide le argomentazioni e le conclusioni della relazione, che non sono in alcun modo superate dalle argomentazioni della memoria di parte ricorrente.
2.1. In essa si sostiene innanzitutto che le motivazioni di cui al precedente di questa Corte citata nella relazione (cioè Cass. n. 8093 del 2009) andrebbero rimesse in discussione in forza dell’art. 7 del regolamento CE 17 giugno 2008 n. 593 e in forza del D.Lgs. n. 206 del 2005, art. 3, comma 1, lett. e) e del D.Lgs. n. 145 del 2007, art. 2, lett. c perché in tali norma si sarebbe definito il professionista non più come “la persona fisica o giuridica, pubblica o privata, che, nel quadro della sua attività imprenditoriale o professionale, utilizza il contratto” (come faceva l’art. 1469-bis c.c., comma 2), bensì come “la persona … che agisce nell’esercizio della propria attività imprenditoriale o professionale.
Per la verità, l’individuazione del senso e delle implicazioni del cambiamento di definizione è tutt’altro che spiegato: non è una spiegazione, infatti, l’affermazione – dopo la quale si fa seguire apoditticamente la conseguenza che sia l’A.U.S.L. sia il medico operatore presso di essa sarebbero “professionisti, quanto meno nei confronti dell’attuale ricorrente – malata – utente” – che secondo la definizione del Codice del Consumo, pertanto, il contratto del professionista non è più quello stipulato nel quadro dell’attività d’impresa, ma quello stipulato “nell’esercizio” di essa e, pertanto, n.d.r.: quel codice limita la nozione di contratti del professionista a quelli che costituiscono l’oggetto dell’impresa che, comunque, non necessariamente deve essere operare per fini di profitto. Se si fosse voluto evocare un rilievo oggettivo dell’attività, quale implicazione dell’uso dell’espressione “esercizio”, piuttosto che del soggetto, sarebbe stato sufficiente osservare che anche l’attività dev’essere d’impresa e, quindi, di apprezzamento oggettivo, con la conseguenza che la variazione terminologica sarebbe da dire resta solo tale.
Il Collegio, in conseguenza, deve rilevare l’inconsistenza dell’argomentazione circa la pretesa novità normativa, che, peraltro, viene prospettata – con inusitata tenuta “in non cale” del valore della nomofilachia – senza farsi carico dell’ampia motivazione del precedente di questa Corte.
La stessa cosa dicasi per le ulteriori argomentazioni, che, nel postulare una particolare dignità a livello dell’ordinamento europeo della posizione del consumatore come parte debole e, quindi, degna di tutela, ignorano completamente il procedere argomentativo del detto precedente.
2.2. Sotto un secondo profilo, con riferimento alla parte finale della relazione, là dove si è sostenuto che non vi sarebbe stato onere di contestazione della competenza quanto ai fori generali e speciali in materia di rapporti obbligatori, la memoria assume che nella specie non si sarebbe inteso evocare il foro del consumatore con l’atto di citazione introduttivo del giudizio. Onde, vi sarebbe stato l’onere dei convenuti di contestare quei fori.
L’assunto è in primo luogo contrario all’atteggiamento processuale tenuto dalla parte ricorrente nel suo stesso ricorso per regolamento, dove, alla pagina 36 si afferma espressamente che “l’attuale ricorrente, con il suo libello introduttivo … ha pacificamente e chiaramente qualificato il rapporto contrattuale stipulato tra le parti come contratto tra professionista e consumatore” e, quindi, si svolge la censura alla sentenza proprio per avere essa erroneamente (peraltro su piano probatorio, a dire della ricorrente) ritenuto insussistente in Napoli il foro del consumatore, in presenza di una situazione in cui l’A.U.S.L aveva contestato il foro elettivo indicato nella citazione e non contestato quello “reale” sempre in Napoli, pur indicato in essa nell’esordio della citazione.
In secondo luogo, l’assunto è smentito dall’esame della citazione introduttiva, nella quale, alla pagina 11, è espressamente prospettata la qualificazione del rapporto sia con l’A.U.S.L. sia con il C. quale contratto fra consumatore e professionista, e, alla pagina 24, è espressamente formulato un riferimento ad un’elezione di domicilio avvenuta stragiudizialmente con atto del 18 luglio 2007. Elementi questi che, specie se valutati alla luce dei principi di lealtà processuale di cui all’art. 88 c.p.c., integrarono manifestazioni più che sufficienti a costituire espressione della volontà di valersi del foro esclusivo.
3. Il ricorso è, pertanto, infondato ed è dichiarata la competenza del Tribunale di L’Aquila, davanti al quale le parti vanno rimesse per la prosecuzione del giudizio, con termine di mesi quattro dalla comunicazione del deposito della presente. Al giudice di merito si rimette la decisione sulle spese del giudizio di regolamento di competenza.
P.Q.M.
LA CORTE dichiara la competenza del Tribunale di L’Aquila, davanti al quale rimette le parti, anche per la decisione sulle spese del giudizio di regolamento, con termine per la riassunzione di mesi quattro dalla comunicazione del deposito della presente.