Un sanitario si difendeva evidenziando che avere usato i macchinari e le attrezzature dell’ambulatorio pubblico di cui era responsabile per effettuare analisi per sé stesso e per i suoi familiari, in assenza della necessaria prescrizione medica, non avrebbe realizzato alcuna “appropriazione” in quanto detti macchinari sarebbero stati comunque utilizzati per effettuare analisi inequivocabilmente in favore di soggetti che potevano comunque usufruire di detto Servizio.
Esula la figura del peculato, sussistendo quella dell’abuso d’ufficio, quando si sia in presenza di una distrazione a profitto proprio la quale si concretizzi semplicemente in un indebito uso del bene che non comporti la perdita dello stesso e la conseguente lesione patrimoniale a danno dell’avente diritto.
Tuttavia di diverso avviso è stato il giudice in riferimento alle sostanze reagenti utilizzate con conseguente perdita e lesione patrimoniale non irrisoria dell’avente diritto
Cassazione penale – Sezione VI, Sent. n. 21371 del 04.06.2010
omissis
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
1.-. S.C. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza in epigrafe, con la quale la Corte di Appello di Catanzaro, in parziale riforma della condanna pronunciata nei suoi confronti in primo grado per il reato di cui all’art. 314 c.p., comma 2, (previo riconoscimento delle attenuanti generiche e di quella di cui all’art. 323 bis c.p.) alla pena di mesi due e giorni venti di reclusione, ha convertito detta pena in quella di Euro 3040,00 di multa, concedendo il beneficio della non menzione e confermando nel resto.
Il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione, sostenendo che, contrariamente a quanto affermato dalla Corte di merito, la condotta da lui posta in essere (avere usato per effettuare analisi per sè stesso e per i suoi familiari, in assenza della necessaria prescrizione medica, i macchinari e le attrezzature dell’ambulatorio pubblico di cui era responsabile) non avrebbe realizzato alcuna “appropriazione” in quanto detti macchinari sarebbero stati comunque utilizzati “coerentemente alle esigenze di servizio e nell’ambito della loro normale destinazione giuridica nella organizzazione del Servizio Sanitario, essendo stati adoperati per effettuare analisi inequivocabilmente in favore di soggetti che potevano comunque usufruire di detto Servizio”.
2.-. Il ricorso è infondato.
Questa Corte ha già chiarito che,a seguito della L. n. 86 del 1990, l’elemento oggettivo del reato di peculato è, in ogni caso, costituito esclusivamente dall’appropriazione, la quale si realizza con una condotta del tutto incompatibile con il titolo per cui si possiede, da cui deriva una estromissione totale del bene dal patrimonio dell’avente diritto con il conseguente incameramento dello stesso da parte dell’agente. Sul piano dell’elemento soggettivo si realizza il mutamento dell’atteggiamento psichico dell’agente nel senso che alla rappresentazione di essere possessore della cosa per conto di altri succede quella di possedere per conto proprio. Detti elementi debbono, quindi, sussistere anche nell’ipotesi del peculato d’uso pur se, in tale ipotesi, l’appropriazione è finalizzata ad un uso esclusivamente momentaneo della cosa. Esula, invece, la figura del peculato, sussistendo quella dell’abuso d’ufficio, quando si sia in presenza di una distrazione a profitto proprio la quale si concretizzi semplicemente in un indebito uso del bene che non comporti la perdita dello stesso e la conseguente lesione patrimoniale a danno dell’avente diritto. In applicazione di tali principi la S.C. ha escluso la sussistenza del reato di peculato nella condotta di utilizzazione, da parte di alcuni docenti universitari, di strumentazioni e strutture dell’Università per l’esecuzione di libera attività professionale, ravvisandovi, invece, il reato di cui all’art. 323 c.p. (Sez. 6, Sentenza n. 381 del 12/12/2000, Rv. 219086, Genchi).
Dalla sentenza impugnata risulta che S.C., quale responsabile del laboratorio di patologia clinica e di analisi del Poliambulatorio di X. , ebbe ad utilizzare in svariate circostanze “i reagenti ed i macchinari” di detto laboratorio per effettuare analisi per sè e per i propri familiari, senza le necessarie ricette mediche ed impegnative. Ne deriva che almeno in riferimento ai reagenti si è in presenza di un indebito uso di tali beni che ha comportato la perdita degli stessi con conseguente lesione patrimoniale (non irrisoria) ai danni dell’avente diritto.
Questa risultanza non soltanto rende nel caso in esame pienamente configurabile il reato di cui all’art. 314 c.p., comma 2, ma rende anche del tutto inconferente l’argomento difensivo fondato sull’avvenuto inserimento nell’archivio informatico dei dati e sull’uso “normale” dei reagenti e delle attrezzature in favore di soggetti che comunque potevano usufruire del Servizio Sanitario. A parte il fatto che,in carenza della necessaria prescrizione medica e senza la indispensabile impegnativa con previo pagamento del relativo ticket, non può certo parlarsi di utilizzo di detti beni coerentemente alle esigenze di servizio e nell’ambito della loro normale destinazione giuridica.
3.-. Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.