Un odontoiatra nel 2003 ottenne da un Ordine dei Medici ed Odontoiatri il nulla osta per la pubblicità sanitaria; nel 2006 ricevette la comunicazione di un secondo provvedimento con il quale, a seguito di talune “proteste”, veniva confermato il precedente nulla osta con annullamento della dizione”estetica orale” contestualmente al logo in quanto ritenuta non ammessa ai sensi dalla normativa vigente e di una delibera dell’Ordine sulla pubblicità sanitaria.
Il sanitario impugnò il provvedimento innanzi alla Commissione Centrale per gli Esercenti la Professione Sanitaria, la quale, ritenendo che la materia non rientrasse nella propria giurisdizione, dichiarò il ricorso inammissibile.
Cassazione Civile – Sez. Unite; Sent. n. 10868 del 18.05.2011
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
che: l’odontoiatra dr. A.B. nel 2003 ottenne dall’Ordine dei Medici ed Odontoiatri di Milano il nulla osta per la pubblicità sanitaria; nel 2006 ricevette a comunicazione di un secondo provvedimento con il quale “a seguito di proteste pervenute da parte di Presidenti di Ordini” era confermato il precedente nulla osta “annullando la dizione “estetica orale contestualmente al logo in quanto trattasi di dizione non ammessa dalla vigente normativa e dalla delibera di quest’Ordine del 28.01.2002 sulla pubblicità sanitaria”;
il dr. B. impugnò tale ultimo provvedimento innanzi alla Commissione Centrale per gli Esercenti la Professione Sanitaria, la quale, con decisione del 29 gennaio 2009, ha ritenuto che la materia oggetto del gravame non rientri nella propria giurisdizione e, dunque, ha dichiarato inammissibile il ricorso;
il dr. B. propone ricorso per cassazione avverso la decisione della CCEPS, attraverso tre motivi; non resistono gli intimati;
osserva che: il ricorso è fondato;
occorre ribadire che, con riguardo al provvedimento dell’ordine dei medici in tema di modalità per affissioni od altre pubblicità inerenti a studi o strutture sanitarie, che venga impugnato non quale atto del procedimento amministrativo rivolto a conseguire l’autorizzazione per dette pubblicità, ma quale direttiva emanata alla stregua del codice di deontologia professionale, deve essere affermata la competenza giurisdizionale della commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie, ai sensi del D.L.G.C.P.S. 13 settembre 1946, n. 233, art. 5 considerato che tale norma riguarda tutti gli atti pertinenti alla materia disciplinare, ancorchè di tipo preventivo, non soltanto quelli irrogativi di sanzioni (Sez. Un. 5 settembre 1989, n. 3836);
nella specie, il provvedimento è stato impugnato dal dr. B. non quale atto del procedimento amministrativo rivolto a conseguire l’autorizzazione per la pubblicità, bensì come atto limitativo (della già concessa autorizzazione) per ragioni deontologiche (in esso sono menzionate le “proteste pervenute da parte di Presidenti di Ordini”, con evidente riferimento a ragioni di decoro professionale);
erroneamente, dunque, la decisione impugnata ha ritenuto che la giurisdizione della CCEPS sia limitata alle vertenze attinenti all’iscrizione alla cancellazione dall’albo professionale, alle elezioni dei componenti del Consiglio direttivo dell’Ordine o Collegio professionale ed all’applicazione delle sanzioni disciplinari, senza tener conto, invece, che alla materia disciplinare appartengono anche i provvedimenti di tipo preventivo, che comunque attengano alla deontologia professionale;
il ricorso deve essere, quindi, accolto, la decisione impugnata va cassata e va dichiarata la giurisdizione della CCEPS.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la decisione impugnata e dichiara la giurisdizione della Commissione Centrale per gli Esercenti le Professioni Sanitarie, innanzi alla quale rimette le parti.