Un medico di assistenza primaria, pur avvalendosi della collaborazione part-time di una segretaria, impugnava una cartella di pagamento emessa a seguito del mancato versamento dell’IRAP, sostenendo di non dovere l’imposta .

Nell’attività del medico di famiglia non è presente quel quid pluris collegabile alla maggiore capacità di arricchimento derivante dalla struttura, dall’ampiezza dello studio, dai dipendenti, dai collaboratori, dalla segretaria, dai beni strumentali, perché nonostante la loro presenza il reddito non subisce un incremento aggiuntivo, essendo lo stesso parametrato su valori diversi, che rappresentano situazioni oggettive non influenzabili dalla presenza del personale dipendente o di beni particolarmente sofisticati.

La Commissione tributaria provinciale ha accolto il ricorso proposto dal medico.

Commissione Tributaria Provinciale di Termo – Sez. II, Sent. n. 90 del 06.04.2011

Fatto

Il ricorrente in epigrafe individuato impugnava la cartella di pagamento, emessa ex art. 36 bis DPR 600/73, relativamente all’irap, sostenendo che detta imposta non era dovuta.

Il contribuente prendendo spunto dalla molteplice giurisprudenza della Corte di Cassazione, formatasi sul punto, sosteneva che svolgendo l’attività di medico di base massimalista, seppure con l’ausilio par-time di una segretaria e con mezzi minimi richiesti per Io svolgimento di tale attività, non era configurabile nei suoi confronti una forma di lavoro autonomamente organizzata, come richiesto ai fini irap, poiché inserito in una struttura sovraordinata quale la ASL, che come da buste pagata allegate, rimborsava anche lo stipendio versato per la dipendente. Relativamente alla posizione di libero professionista, sosteneva, che essa era del tutto marginale, rispetto all’attività di medico di base e veniva svolta, senza ausilio di personale e con i mezzi minimi richiesti per la professione. Chiedeva, quindi l’accoglimento del ricorso.

Si costituiva l’ufficio il quale eccepiva in via preliminare l’infondatezza del ricorso, perché trattandosi di cartella emessa a seguito di controllo automatizzato, nessuna doglianza poteva essere sollevata circa la debenza o meno dell’imposta, essendo esposta in sede di dichiarazione ma non versata successivamente dal contribuente, per cui riteneva che il contribuente non poteva contestare nel merito il recupero. Nel merito sosteneva che il contribuente essendo un libero professionista, avendo un reddito alto, e personale dipendente, non poteva considerarsi esente dal versamento dell’irap, potendosi configurare nei suoi confronti un autonoma organizzazione. Chiedeva, quindi il rigetto del ricorso. In sede di pubblica udienza venivano ribadite dalle parte le rispettive eccezioni e deduzioni, in particolare il rappresentante del contribuente richiamava la Circolare n. 28/E del 2010, proprio relativa sia all’impugnazione nel merito della cartella emessa ex art 36 bis, sia l’esenzione dall’irap per i medici di base.

DIRITTO

Osserva la Commissione come l’eccezione preliminare sollevata dall’ufficio circa l’improponibilità della domanda attorea, perché formulata nell’ambito di impugnazione di una cartella emanata ex art. 36 bis, non possa essere accolta, in quando questa Commissione deve prendere atto che la Corte di Cassazione a sezioni unite nella sentenza n. 21749/09, concernente proprio una controversia avente ad oggetto una cartella di pagamento emessa a seguito di omesso versamento dell’IRAP indicata in dichiarazione, ha affermato che “dal principio della emendabilità e ritrattabilità della dichiarazione… discende la possibilità per il contribuente di emendare la dichiarazione allegando errori di fatto o di diritto commessi nella sua redazione, ed incidenti sull’obbligazione tributaria, è esercitabile non solo nei limiti in cui la legge prevede il diritto al rimborso ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 10 602, art. 38 ma anche in sede contenziosa per opporsi alla pretesa tributaria dell’amministrazione finanziaria (in questo senso Cass. 22021/06)”. Tale sentenza ha confermato il precedente orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui “la liquidazione in base alla dichiarazione D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis ed D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, non preclude al contribuente, attraverso la impugnazione della relativa cartella, di rimettere in discussione la debenza del tributo, in quanto solo la mancata impugnazione della cartella comporta la preclusione del rimborso previsto dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38” (Cass. 8456/2004).

Del resto, la stessa Agenzia delle Entrate, attraverso la circolare n. 28/E del 2010 emanata dopo l’ulteriore pronuncia richiamata della Corte di Cassazione sezioni unite ha invitato le Agenzie delle Entrate periferiche a omettere di sollevare in giudizio tale eccezione preliminare.

Entrando nei merito occorre richiamare nuovamente la citata circolare, con la quale in merito ai medici di base, è stata posta in evidenza come lo svolgimento dell’attività convenzionata, non possa essere soggetta a pagamento irap, quando la stessa venga svolta con i mezzi minimi richiesti dalla professione medica. A questo proposito, la Commissione sulla base del suo orientamento fondato sull’attenta lettura delle norme che sottendono il rapporto lavorativo intercorrente tra medici di base e Asl, ritiene che la prestazione lavorativa personale del medico è sempre prevalente sia sull’organizzazione di beni che dei dipendenti, poiché in base alla normativa di settore, senza la presenza del medico, uno studio convenzionato seppure organizzato con personale e beni non può operare ma soprattutto il reddito da questo prodotto proviene esclusivamente dal compenso pagato dalla ASL, il quale è predeterminato in base ai criteri disciplinati dall’art 8 Divo n. 502/92, con riferimento a standars normativi quali il numero di pazienti convenzionati con il medico, il raggiungimento da parte di questo di alcuni obiettivi fissati ex lege, che risultano essere indipendenti dalla struttura o dal personale dipendente, presente nello studio.

Pertanto, come sostenuto nella ormai consolidata giurisprudenza di Cassazione, nell’attività del medico di famiglia non e’ presente comunque, quel quid pluris collegabile alla maggiore capacità di arricchimento derivante dalla struttura, dall’ampiezza dello studio, dai dipendenti, dai collaboratori, dalla segretaria, dai beni strumentali, perché nonostante la loro presenze il reddito del medico di base non subisce un incremento aggiuntivo, essendo lo stesso parametrato su valori diversi innanzi evidenziati, che rappresentano situazioni oggettive non influenzabili dalla presenza dei personale dipendente o di beni particolarmente sofisticati.

In merito poi alla presenza della segretari part-time, il versamento del suo stipendio viene restituito al medico in busta paga dalla Asl, come si evidenzia dalle stesse allegate in atti, pertanto la segretaria o il personale si segreteria, può considerarsi come un elemento, che la convenzione Asl, considera facente parte della struttura che la stessa richiede al medico, tanto che ne rimborsa il costo.

Relativamente, all’attività residua che il contribuente svolge, come odontoiatra, a parre di questa Commissione sfugge all’imposizione irap, perché la stessa viene svolta senza ausilio di personale e con mezzi minimi necessari, in considerazione che la segretaria part-time, rientra nella struttura del medico di base, per le motivazioni esplicate in precedenza. La Commissione pertanto, accoglie il ricorso. Compensa le spese

P.Q.M.

La Commissione Tributaria Provinciale di Teramo sez. II, pronunciando definitivamente sul ricorso 76/10 depositata il 02.02.2010 promosso x. avverso cartella esattoriale Omissis emesso dall’Agenzia delle Entrate Omissis così provvede: accoglie il ricorso. Compensa le spese. Così deciso il 31.03.2011