la Corte d’appello di Salerno confermava la decisione di rigetto delle domande svolte da una dipendente nei confronti della ASL per ottenere la condanna di quest’ultima a risarcirle il danno da usura psicofisica subita per il servizio di reperibilità passiva (vale a dire senza chiamata in servizio) svolto in giorni festivi nel periodo dal 1 maggio 2001 al 31 gennaio 2004, senza fruire del previsto riposo compensativo.La Dipendente ha impugnato la sentenza dinanzi alla Suprema Corte.
La Corte di Cassazione ha ribadito che la reperibilità prevista dalla disciplina collettiva si configura come una prestazione strumentale e accessoria, qualitativamente diversa dalla prestazione di lavoro e consistente nell’obbligo del lavoratore di porsi in condizione di essere prontamente rintracciato in vista di una eventuale attività lavorativa.Non equivalendo pertanto ad una effettiva prestazione lavorativa, il servizio di reperibilità svolto nel giorno destinato al riposo settimanale limita soltanto, senza escluderlo del tutto, il godimento del riposo stesso, e comporta il diritto ad un particolare trattamento economico aggiuntivo stabilito dalla contrattazione collettiva o, in mancanza, determinato dal Giudice.Quindi, il dipendente in servizio di pronta reperibilità in giornata festiva, che non abbia reso alcuna attività effettiva, ha diritto ad un giorno di riposo compensativo ma non alla riduzione dell’orario di lavoro settimanale, con la conseguenza che è tenuto a recuperare le ore lavorative del giorno di riposo ridistribuendole nell’arco della settimana.
La Suprema Corte, ha rigettato il ricorso della dipendente confermando le decisioni precedenti.
Cassazione Civile – Sez. Lavoro, Sent. n. 14306 del 28.06.2011
Svolgimento del processo
Con sentenza depositata in data 12 febbraio 2007 e notificata il successivo 9 marzo, la Corte d’appello di Salerno ha confermato la decisione di primo grado di rigetto delle domande svolte da A.G. nei confronti della datrice di lavoro ASL SA/X. , di condanna di quest’ultima a risarcirle il danno da usura psicofisica subita per il servizio di reperibilità passiva (vale a dire senza chiamata in servizio nel corso della stessa) svolto in giorni festivi nel periodo dal 1 maggio 2001 al 31 gennaio 2004, senza fruire del riposo compensativo previsto dall’art. 7, comma 6 del contratto nazionale integrativo 30 settembre 2001 del contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto sanità (e dalla precedente disciplina di cui al D.P.R. n. 270 del 1987), pur “senza riduzione del debito orario settimanale”.
In proposito, la Corte territoriale ha anzitutto riprodotto il contenuto della disciplina contrattuale e del D.P.R. n. 270 del 1987, invocata, la quale, per quanto qui interessa, prevede:
a) la pronta reperibilità del dipendente durante il servizio di pronta disponibilità, della durata normale di dodici ore, con diritto ad un determinato compenso per ogni turno;
b) il computo dell’attività prestata in caso di chiamata nel turno di disponibilità come lavoro straordinario e come tale retribuito;
c) il diritto del dipendente, nel caso in cui il servizio di pronta reperibilità cada in giornata festiva, ad un riposo compensativo senza riduzione del debito orario settimanale.
Diversamente opinando rispetto alle valutazioni del giudice di prime cure, la Corte territoriale ha ritenuto che la normativa citata attribuisca al dipendente chiamato a svolgere il servizio di reperibilità “passiva” in una giornata festiva un diritto perfetto ad un riposo compensativo, senza peraltro che ciò comporti una riduzione dell’orario di lavoro settimanale, ma solo una diversa modulazione di questo.
La Corte ha quindi affermato che dall’inadempimento da parte della datrice di lavoro all’obbligo corrispondente a tale diritto soggettivo possa conseguire un danno da risarcire, la cui esistenza e consistenza deve essere dedotta e provata, anche solo attraverso presunzioni semplici, dall’interessato.
Poichè nel caso di specie la Corte ha valutato che il lavoratore non abbia assolto agli oneri relativi, limitandosi a formulare al riguardo deduzioni generiche e prive di sostegno probatorio, ne ha tratto la conseguenza della infondatezza dell’appello.
Avverso tale sentenza A.G. propone ora, con un duplice motivo, ricorso per cassazione.
Resiste alle domande la ASL Salerno X. con rituale controricorso, proponendo altresì contestualmente un ricorso incidentale, con un unico motivo.
La parte ricorrente ha depositato una memoria ex art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione
I ricorsi, principale e incidentale, vanno riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c., riguardando un’unica sentenza di appello.
1 – Col primo motivo di ricorso principale, la difesa di L. A.G. lamenta la violazione del diritto costituzionalmente garantito al giorno di riposo compensativo previsto dalla citata normativa collettiva e quindi la violazione dell’art. 32 Cost., art. 36 Cost., comma 3 e art. 41 Cost., oltre che delle convenzioni OIL 19 novembre 1921 n 14 e 26 giugno 1957 n. 106 e dell’art. 5 della direttiva n. 93/104 CE nonchè dell’art. 2109 c.c., comma 1 e art. 2087 c.c., del D.Lgs. n. 66 del 2003, art. 9, con conseguente violazione del diritto costituzionale all’integrità psicofisica e del diritto al risarcimento dei danni conseguenti a tale illecito, in misura equitativamente determinata.
2 – Col secondo motivo, la ricorrente principale deduce la violazione degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c., per avere la Corte territoriale ritenuto insufficienti le deduzioni probatorie di tipo presuntivo operate dal lavoratore a sostegno della esistenza e della consistenza del danno da risarcire.
Concludendo, la ricorrente chiede pertanto la cassazione della sentenza impugnata, con diretta pronuncia di accoglimento delle domande iniziali.
Col ricorso incidentale, la ASL SA/X. censura variamente la sentenza impugnata, nella parte in cui ha ritenuto irrilevante il fatto che la ricorrente non avesse richiesto, in ognuna delle occasioni di prestazione del servizio di reperibilità in giornata festiva, la fruizione del riposo compensativo, da ritenere dovuta dall’Azienda unicamente in presenza della richiesta dell’interessato.
Il ricorso principale è infondato, con conseguente assorbimento di quello incidentale.
E’ pacifico in fatto che il servizio di reperibilità è stato richiesto alla A. in giornate domenicali, che il lavoro in detto giorno festivo non è stato mai effettivamente prestato, che la reperibilità è stata compensata, alla stregua della disciplina collettiva applicabile, con apposita indennità e che il giorno di riposo compensativo previsto da tale disciplina non è stato fruito.
Ciò premesso in fatto, si discute se il lavoratore abbia comunque diritto ad un particolare ristoro per il danno definito di natura psicofisica conseguente al mancato godimento del giorno di riposo compensativo.
Questa Corte ha già avuto modo di esaminare una fattispecie analoga alla presente – sia quanto alla situazione di fatto rappresentata che con riguardo alla disciplina collettiva applicabile – con la recente sentenza del 19 novembre 2008 n. 27477.
In linea con tale precedente pronuncia, va qui ribadito che la reperibilità prevista dalla disciplina collettiva si configura come una prestazione strumentale e accessoria, qualitativamente diversa dalla prestazione di lavoro e consistente nell’obbligo del lavoratore di porsi in condizione di essere prontamente rintracciato in vista di una eventuale prestazione lavorativa.
Non equivalendo pertanto ad una effettiva prestazione lavorativa, il servizio di reperibilità svolto nel giorno destinato al riposo settimanale limita soltanto, senza escluderlo del tutto, il godimento del riposo stesso, come rilevato anche dalla sentenza impugnata e comporta il diritto ad un particolare trattamento economico aggiuntivo stabilito dalla contrattazione collettiva o, in mancanza, determinato dal Giudice.
Nel caso in esame la reperibilità è stata compensata con apposita indennità e su di essa non vi è discussione tra le parti.
Il diritto (ulteriore) ad un giorno di riposo compensativo in relazione al servizio di pronta reperibilità prestato in giorno festivo senza effettiva prestazione di lavoro è previsto, nel caso in esame, dalla normativa collettiva applicata.
Tale diritto non trova la sua fonte nell’art. 36 Cost. o nelle normative internazionali invocate, che prevedono il diritto (inderogabile) al riposo settimanale in relazione ad attività lavorativa effettivamente prestata e non ad altre obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro; la pronta reperibilità, pur essendo infatti una obbligazione che trova causa nel rapporto di lavoro, non può essere equiparata alla prestazione effettiva di attività di lavoro, in quanto è di tutta evidenza che la mera disponibilità alla eventuale prestazione incide diversamente sulle energie psicofisiche del lavoratore rispetto al lavoro effettivo e riceve una diversa tutela dall’ordinamento.
Nella specie, il diritto in esame trova la sua fonte nel D.P.R. n. 270 del 1987, art. 18, comma 5 (contenente, ai sensi della L. 29 marzo 1983, n. 93, norme risultanti dalla disciplina prevista dall’accordo sindacale, per il triennio 1985-1987, relativa al comparto del personale dipendente del servizio sanitario nazionale) e successivi analoghi fino (per quanto interessa la fattispecie in esame) all’art. 7, comma 6 del contratto collettivo 20 settembre 2001 integrativo del C.C.N.L. per il personale del comparto sanità del 7 aprile 1999, secondo cui “nel caso in cui la pronta disponibilità cada in un giorno festivo, spetta un riposo compensativo senza riduzione del debito orario settimanale”.
In forza di tale disposizione, il dipendente in servizio di pronta reperibilità in giornata festiva, che non abbia reso alcuna prestazione lavorativa, ha diritto ad un giorno di riposo compensativo ma non alla riduzione dell’orario di lavoro settimanale, con la conseguenza che è tenuto a recuperare le ore lavorative del giorno di riposo ridistribuendole nell’arco della settimana.
Questa diversa distribuzione dell’orario settimanale di lavoro può essere per il dipendente più o meno vantaggiosa (tanto che la precedente citata decisione di questa Corte ha valutato che sia necessaria la richiesta del lavoratore di poterne fruire, come sostenuto anche dalla ricorrente incidentale) e corrispondentemente il mancato riposo compensativo e quindi il rispetto dell’orario settimanale “non rimodulato” può o non essere causa di un danno, in ipotesi, di tipo psicofisico, nel caso in esame denunciato dalla ricorrente principale che ne chiede il risarcimento.
In proposito, va anzitutto ricordato che il danno da usura psicofisica, rivendicato dalla ricorrente nel caso di specie in contrasto con la pronuncia dei giudici dell’appello, si iscrive, secondo la più recente giurisprudenza di questa Corte (cfr., ad es. Cass. S.U. 24 marzo 2006 n. 6572 o 11 novembre 2008 n. 26972), nella categoria unitaria del danno non patrimoniale causato da fatto illecito o da inadempimento contrattuale e la sua risarcibilità presuppone la sussistenza di un pregiudizio concreto patito dal titolare dell’interesse leso, sul quale grava pertanto l’onere della relativa specifica deduzione e della prova (anche attraverso presunzioni semplici).
Un tale onere di deduzione e prova appare tanto più stringente nel caso, come quello esaminato, in cui la previsione di un riposo compensativo non sia mirata a ricostruire le energie psico-fisiche compromesse dalla effettuazione della prestazione lavorativa nel giorno destinato al riposo settimanale e comporti unicamente una diversa distribuzione dell’orario settimanale di lavoro.
La sentenza impugnata, avendo fatto applicazione del suddetto principio al caso in esame, col ritenere non assolto da parte della ricorrente l’onere di dedurre e provare l’esistenza e consistenza del danno affermato come subito non merita pertanto le censure di cui al primo motivo di ricorso, che va pertanto respinto.
Il secondo motivo è manifestamente infondato, in quanto pretende di rimettere in ammissibilmente in discussione le congrue, ragionevoli argomentazioni della Corte territoriale a sostegno dell’accertamento circa l’assenza nel ricorso introduttivo del giudizio di specifiche deduzioni, anche probatorie, relativamente alla sussistenza di un pregiudizio concreto nascente dalla pretesa violazione dell’obbligo di assicurare al dipendente comandato in servizio di reperibilità “passiva” un giorno di riposo compensativo, senza riduzione del debito orario settimanale.
Concludendo, il ricorso principale va pertanto respinto, con conseguente assorbimento di quello incidentale.
Il regolamento delle spese di questo giudizio di cassazione si uniforma al criterio della soccombenza sostanziale e la relativa liquidazione è effettuata in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi, rigetta quello principale, assorbito l’incidentale; condanna la ricorrente principale a rimborsare alla ASL SA le spese di questo giudizio, liquidate in Euro 22,00 per esborsi ed Euro 2.000,00, oltre accessori di legge, per onorari.