Un medico di famiglia ha ricevuto dalla Asl un’ingiunzione a procedere con le vaccinazioni e, al fine di evitare sanzioni, ha provveduto ad effettuare la campagna antinfluenzale, ma ha contestualmente avviato un’azione legale per violazione dei principi base di libertà ed indipendenza dell’esercizio medico, stabiliti sia dalla Costituzione che dal Codice Deontologico. Sostiene il sanitario che in questo modo si riduce il medico a mero esecutore di una condotta terapeutica predeterminata totalmente dall’Azienda, restandogli preclusa ogni e qualsiasi valutazione sia in ordine di tipo di farmaco da impiegare, sia in ordine alla opportunità di procedere a vaccinazione.
TAR Lazio – Sez. III bis; sent. N. 8123 del 06.09.2013
FATTO e DIRITTO
Il ricorso viene proposto da sanitario che svolge attività di medicina convenzionata presso l’Azienda Sanitaria Locale della Provincia di Bergamo e che impugna il D.P.R. 270/00 contenente il
Regolamento di esecuzione dell’Accordo Collettivo Nazionale per la disciplina dei rapporti con i
medici di Medicina Generale e l’art. 31 n. 3 lett. c) e lett. d) dello stesso Accordo collettivo.
Rappresenta l’istante che in data 7.11.2000 gli perveniva comunicazione 2.11.2000 prot. n. U71985, a firma del responsabile del Servizio di Medicina Generale della predetta ASL, con la quale veniva allo stesso ingiunto di ottemperare all’obbligo di effettuazione delle vaccinazioni antinfluenzali nell’ambito della campagna vaccinale antinfluenzale indetta dall’ASL della Provincia di Bergamo e tanto in attuazione dell’Accordo Collettivo Nazionale per la Disciplina dei Rapporti con i Medici di Medicina Generale, reso esecutivo con D.P.R. 28.7.2000 n. 270;
che in esito a tale comunicazione, con raccomandata a.r. 9.11.2000, segnalava che mentre avrebbe provveduto ad effettuare la campagna de qua avrebbe altresì proposto impugnativa avverso il citato DPR n. 270/2000 ed il recepito Accordo Collettivo Nazionale, che è stata infatti proposta con il presente ricorso che resta affidato ai seguenti motivi di gravame.
I) violazione di legge ed in ispecie dell’art. 33, 1° comma, della Costituzione.
Richiamato l’art. 33, 1° comma, della Costituzione che sancisce che “L’arte e la scienza sono libere” ed il Codice di Deontologia Medica, la cui osservanza è vincolante per qualsiasi esercente la professione medica sia esso medico dipendente, convenzionato o libero professionista, il quale,
stabilisce il principio che l’esercizio della medicina è fondato sulla libertà e sull’indipendenza professionale” nonché il principio che il medico nell’esercizio della professione deve attenersi alle
conoscenze scientifiche e non deve soggiacere a interessi, imposizioni e suggestioni di qualsiasi
natura” e “la prescrizione di un accertamento diagnostico e/o di una terapia impegna la responsabilità professionale ed etica del medico e non può che far seguito a una diagnosi circostanziata o, quantomeno, a un fondato sospetto diagnostico “ritiene l’istante emesso in totale
violazione dei principi sopra richiamati l’accordo Collettivo Nazionale per la Disciplina dei Rapporti
con i Medici di Medicina Generale siccome recepito e reso attuativo del DPR n. 270/2000, che
impone al medico convenzionato obblighi comportamentali impositivi di una determinata condotta ed in particolare, l’art. 31 n. 3 lett. e) dello stesso Accordo Collettivo che impone al medico “l’obbligo di effettuazione delle vaccinazioni antinfluenzali nell’abito di campagne vaccinali rivolte a tutta la popolazione a rischio, promosso ed organizzata dall’Azienda”.
Evidenziato che è l’Azienda e non il medico a decidere se e quando provvedere a determinare la
categoria dei soggetti a “rischio” e che è parimenti l’Azienda a determinare cioè a imporre il tipo di
vaccino (tra i molteplici esistenti) che il medico deve utilizzare, rileva ricorrente che la disposizione
“de qua”, riduce il medico a mero esecutore di una condotta terapeutica predeterminata “in toto”
dall’Azienda, restando preclusa al medico ogni e qualsiasi valutazione sia in ordine di tipo di farmaco da impiegare, sia in ordine alla opportunità dal punto di vista medico di procedere a vaccinazione.
II) Ulteriore violazione dell’art. 33, 1 comma, della costituzione poiché l’art. 31, n. 3 del predetto
Accordo Collettivo Nazionale, alla lettera d), impone, altresì, al medico l’obbligo di aderire “ai
programmi di attività ed agli obiettivi finalizzati al rispetto dei conseguenti livelli programmati di
spesa”, e ciò si traduce in una limitazione e/o in un condizionamento nella scelta della condotta
terapeutica atteso che, per effetto dell’obbligo sancito dalla disposizione de qua, il medico è costretto ad escludere quelle condotte terapeutiche che, pur essendo maggiormente accreditate dal punto di vista scientifico, sono incompatibili con “i livelli programmati di spesa”. Anche sotto tale profilo sarebbe evidente il contrasto con il citato art. 33, 1 comma, della Costituzione oltre che con i principi del Codice di Deontologia Medica applicativi di tale norma costituzionale atteso che trattasi di limitazione alla tutela della salute.
Il contraddittorio è stato istituito nei confronti della Pres. Cons. Min. e del Ministero della Sanità
(entrambi costituitosi in giudizio tramite la Avvocatura Generale dello Stato) nonché della F.I.M.N.G. (Federazione Italia Medici di Medicina Generale).
Tanto premesso anche per quanto concerne il contraddittorio osserva il Collegio quanto segue in
ordine alla controversia sottoposta al suo esame.
La questione attiene a rapporto di sanitario di Medicina Generale con la A.S.L. che resta disciplinato da apposito C.C.N.L. e le censure svolte dal ricorrente ineriscono alle prestazioni che lo stesso svolge nell’esercizio della sua professione di medico delle quali l’istante esige il libero espletamento che, secondo la prospettazione del deducente, sarebbe compromesso da obblighi di prestazioni quali relative all’obbligo di effettuazione delle vaccinazioni antinfluenzali che la stessa libertà di professionale esercizio prevaricherebbero.
Deve ritenersi, ad avviso del Collegio, sussistente la cognizione del giudice amministrativo in ordine alla instaurata controversia.
Rientra infatti nella giurisdizione del giudice amministrativo la controversia in materia di contratti
collettivi nazionali che disciplinano i rapporti tra Servizio Sanitario Nazionale e medici convenzionati atteso che tali accordi vengono recepiti, dopo la stipula, in provvedimenti aventi natura di atto generale di organizzazione e riflettono scelte di carattere discrezionale con funzione programmatoria dell’intero settore, estranei alla costituzione del rapporto di lavoro del singolo medico all’interno del sistema sanitario( Cfr. TAR Lombardia – Milano – Sez. III 11/3/2011 n. 176).
Tanto ritenuto le doglianze del ricorrente sono dirette a salvaguardare la attività professionale del
sanitario nel suo esercizio da obblighi che ne vanifichino la peculiare essenza.
L’obbligo di eseguire vaccinazioni a scopo preventivo di possibili insorgenze di epidemie stagionali a carattere influenzale, secondo l’esponente, invece la prevaricherebbe in quanto imporrebbe l’uso di vaccini dallo stesso medico non prescritti e su soggetti sui quali non viene effettuato dallo stesso
medico l’accertamento diagnostico che svolge il medico curante.
Non condivide il Collegio le impostazione del deducente proprio in riferimento ai compiti che caratterizzano le attività professionale del medico, di intangibile esplicabilità sia all’interno che all’esterno delle strutture sanitarie pubbliche.
Tali compiti invero consistono nella formulazione di una diagnosi dopo visita personale del paziente e della prescrizione di terapie, anche farmacologiche adeguate, a giudizio del sanitario, allo stato morboso diagnosticato.
Non può invece ritenersi tale attività che il sanitario esplica sul paziente affidato alle sue cure compromessa da altri compiti che possono essere allo stesso accollati nell’ambito della organizzazione sanitaria che può all’uopo giovarsi dell’ausilio dei sanitari di medicina generale, quali quelli relativi alla somministrazione di vaccini antinfluenzali che dai competenti organi della stessa organizzazione sanitaria vengano predisposti quale mezzo per ovviare al diffondersi di tali forme contagiose suscettibili di propagarsi tra la popolazione.
Non a caso l’impugnato C.C.N.L. che è stato pubblicato dopo che il ricorrente aveva solo segnalato telefonicamente al Responsabile del Distretto il suo intendimento di non aderire alla campagna antinfluenzale 2000, ha emanato apposita disposizione introduttiva dell’obbligo di praticare vaccinazione anche per i sanitari di medicina generale destinatari dello stesso contratto collettivo e tale disposizione, per le ragioni poc’anzi evidenziate, non può ritenersi incidente in senso compromissivo sulle prestazioni professionali del sanitario di medicina generale, quale soggetto sottoposto in quanto medico nell’esercizio della sua attività professionale, a regole garantite dal relativo codice deontologico.
Neppure può conferirsi rilevanza determinante alle argomentazioni contenute nel secondo motivo
con cui il ricorrente evidenzia che anche i “livelli programmati di spesa” si tradurrebbero in una
limitazione alla scelta della condotta terapeutica da parte del medico. Ritiene lo stesso che la lett. d – dell’art.31 n. 3 del predetto Accordo Collettivo Nazionale che impone al medico di aderire “ai
programmi di attività ed agli obiettivi programmati di spesa” oltre che in contrasto con i principi del
libero esercizio garantiti anche dal Codice di Deontologia Medica, introdurrebbe gravi limitazioni alla tutela della salute.
Da quanto sopra dal Collegio già rilevato in sede di disamina del primo motivo di cui si è dimostrata la infondatezza, risulta agevole desumere la inconferenza delle censure addotte nel secondo motivo.
Le contestazioni sulla imposta adesione del medico “ai programmi di attività ed agli obiettivi finalizzati al rispetto dei conseguenti livelli programmati di spesa” semmai riferibili alla incidenza delle spese relative alla quotidiana attività di diagnosi e delle cure prescelte dal medico sulle malattie diagnosticate rispetto ai livelli programmati di spesa, non si rendono estensibili (pur in disparte ogni altra questione sulla loro deducibilità) alla somministrazione di vaccini antinfluenzali nell’ambito di campagne vaccinali che come noto si svolgono con preparati e metodi somministrativi standardizzati in quanto promossi e organizzati dalle Aziende.
Il ricorso dunque in tutte le censure svolte dall’interessato non trova possibilità di accoglimento e va pertanto rigettato mentre si ravvisano motivi giustificativi della compensazione tra le parti delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Bis) , definitivamente pronunciando, rigetta il ricorso indicato in epigrafe.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 febbraio 2013 con l’intervento dei magistrati: Evasio Speranza, Presidente
Paolo Restaino, Consigliere, Estensore
Francesco Brandileone, Consigliere