la Corte d’Appello di Bologna, in riforma di una pronuncia del Tribunale di Piacenza, ha assolto dal delitto di lesioni personali, il medico che, secondo l’imputazione, per colpa consistita in negligenza imprudenza ed imperizia, all’esito dell’intervento chirurgico maxillo-facciale, si riteneva avesse procurato alla paziente lesioni personali gravissime quali la deformazione permanente del viso e della respirazione, secondo quanto ritenuto dal Giudice di primo grado, in difetto di una corretta valutazione degli esiti dell’operazione chirurgica e con omissione di una corretta informazione circa le possibili conseguenze negative del trattamento poi effettivamente intervenute.
La sentenza assolutoria è stata impugnata agli effetti civili
Il giudizio sulla sussistenza della colpa non presenta differenze di sorta a seconda che vi sia stato o no il consenso informato del paziente, con la precisazione che non è di regola possibile fondare la colpa sulla mancanza di consenso, perchè l’obbligo di acquisire il consenso informato non integra una regola cautelare la cui inosservanza influisce sulla colpevolezza, essendo l’acquisizione del consenso preordinata a evitare non già fatti dannosi prevedibili (ed evitabili), bensì a tutelare il diritto alla salute e, soprattutto, il diritto alla scelta consapevole in relazione agli eventuali danni che possano derivare dalla scelta terapeutica in attuazione dell’art. 32 della Costituzione. E ciò salvo che la mancata sollecitazione di un consenso informato abbia finito con il determinare, mediatamente, l’impossibilità per il medico di conoscere le reali condizioni del paziente e di acquisire un’anamnesi completa; in questo caso, il mancato consenso rileva come elemento della colpa non direttamente, ma come riflesso del superficiale approccio del medico all’acquisizione delle informazioni necessarie per il corretto approccio terapeutico.
Esito del giudizio
La sentenza è stata annullata agli effetti civili.