Palese è risultata la sussistenza di un nesso causale,tra la condotta del medico e la morte della piccola paziente, che avrebbepotuto essere evitata, laddove la dottoressa si fosse recata a visitare labambina al momento della fuoriuscita dal braccio dell’ago cannula e avesseadottato condotte funzionali alla reidratazione e disposto – con anticipo – leanalisi prescritte.

La Corte di Cassazione ha confermato la pronuncia dicondanna del medico dichiarato responsabile del delitto di omicidio colposo.All’imputata, in qualità di medico pediatra in servizio presso un Reparto diNeonatologia, veniva contestato che aveva cagionato, per colpa, la morte dellapaziente ricoverata con diagnosi di gastroenterite febbrile.

Più specificamente l’addebito riguardava il fatto di non aversottoposto la bambina ad idonea sorveglianza, di non aver effettuato esamidiagnostici finalizzati a valutare l’entità della disidratazione in atto; dinon aver tempestivamente diagnosticato lo squilibrio metabolico e di non averepraticato una adeguata terapia reidratante, in luogo della coperturaantibiotica e della somministrazione di farmaci inibenti la motilitàintestinale, questi ultimi fortemente sconsigliati nei pazienti di etàinferiore ad anni due. E, in tal modo, di aver provocato il decesso dellamalata, che sopraggiungeva a causa di una insufficienza respiratoria acuta e dicrisi convulsive ripetute.

Svolgimento del processo

1. Il Tribunale di Cassino, con sentenza in data10.02.2010 dichiarava P.M. responsabile del delitto di omicidio colposo,condannando l’imputata alla pena ritenuta equa ed al risarcimento dei danni infavore della costituita parte civile, da liquidarsi in separato giudizio. Allaprevenuta si contesta, in qualità di medico pediatra in servizio presso ilReparto di Neonatologia dell’Ospedale di (X. ), di aver cagionato, per colpa,la morte della paziente B.N., ricoverata con diagnosi di gastroenteritefebbrile, dalle ore (X. ) del giorno successivo, coincidente con la domenica diPasqua. Segnatamente, l’addebito riguarda il fatto di non aver sottoposto labambina ad idonea sorveglianza, di non aver effettuato esami diagnosticifinalizzati a valutare l’entità della disidratazione in atto; di non avertempestivamente diagnosticato lo squilibrio metabolico della paziente e di nonavere praticato una adeguata terapia reidratante, in luogo della coperturaantibiotica e della somministrazione di farmaci inibenti la motilitàintestinale, questi ultimi fortemente sconsigliati nei pazienti di etàinferiore ad anni due. E, in tal modo, di aver provato il decesso della malata,che sopraggiungeva a causa di una insufficienza respiratoria acuta e di crisiconvulsive ripetute. Si osserva che la posizione dell’originario coimputato,T.R.S., vice primario del predetto reparto ospedaliero, è stata definita inudienza preliminare, con sentenza resa ai sensi dell’art. 425 cod. proc. pen.2. La Corte di Appello di Roma, con sentenza in data 12.03.2014, in parzialeriforma della richiamata sentenza, concedeva all’imputata i benefici di legge econfermava nel resto.

Il Collegio disponeva il rinnovo dell’istruttoriadibattimentale, mediante perizia medico legale collegiale, volta ad accertarese l’effettuazione degli esami ematochimici avrebbe consentito all’imputata diadottare le terapie idonee a evitare il definitivo peggioramento dellecondizioni della paziente e se si fosse verificata una alterazione del livellodegli zuccheri nel campione prelevato alle ore (X. )

La Corte di Appello, dopo aver ripercorso i termini difatto relativi al ricovero di B.N., presso l’Ospedale di (X. ) dal tardopomeriggio del (X. ) del giorno seguente, quando era stata attivata laprocedura di trasferimento presso l’Ospedale Bambin Gesù, osservava che lacausa del decesso, secondo quanto riferito dai periti, era riferibile ad unarresto cardiaco, causato da un’ernia del tronco celebrale, verificatasi comeconseguenza di una iponatriemia grave; e che la morte era cioè dovuta ad unostato di disidratazione, andato peggiorando con il passare delle ore. IlCollegio sottolineava che la prova della disidratazione era fornita dai valoridel sodio e del glucosio risultanti dall’analisi del campione di sangueprelevato alle ore (X. ); e che i periti avevano chiarito che la perditaeccessiva di liquidi, associata alla febbre, alla diarrea e al vomito, avevanomesso la bambina in una condizione di estremo rischio.

La Corte di merito evidenziava poi il grave grado dicolpa riferibile all’imputata che aveva agito in maniera negligente edimperita. E che l’individuazione di ulteriori soggetti responsabili del decessodella paziente, oltre alla P., non costituiva oggetto del presente giudizio.

3. Avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma haproposto ricorso per cassazione P.M.L., a mezzo del difensore.

Con unico articolato motivo, la ricorrente denuncia ilvizio motivazionale.

L’esponente osserva che l’accertamento peritaleeffettuato in grado di appello aveva messo in luce una causa del decesso diversada quella descritta nel capo di imputazione. E sottolinea che i giudici nonindicano il momento cronologico decisivo, di irreversibilità dell’obbligo diagire, al quale ancorare il giudizio esplicativo. La ricorrente assume chedetto momento sembra da identificarsi con le ore (X. ), quando il padre dellapiccola chiamò allarmato l’infermiera di turno, stante la scarsa reattivitàdella figlia. Ed osserva che i segnali di allarme inerenti la carenza di sodiosi manifestano solo alle ore (X. ), dopo la fine del turno lavorativo della P..

La ricorrente si sofferma, quindi, sui profili diimperizia indicati in sentenza, relativi alla verifica della idratazione edalla effettuazione degli esami ematici.

Sotto il primo profilo, la parte osserva che l’idratazioneè stata corretta. Rileva che l’idratazione orale, per tutti i tipi digastroenterite acuta, risulta indicata nelle linee guida alle quali ha fattoriferimento il collegio peritale.

Con riferimento alle analisi ematiche, la deducenteconsidera che tali esami erano stati disposti dal dott. T. senza la formula diurgenza; e che gli esami vennero richiesti con urgenza dalla dottoressa P..Osserva che secondo le linee guida gli accertamenti sierologici e dilaboratorio sono riservati alle condizioni cliniche più gravi; che la Corte diAppello omette di motivare sul punto; e che non è consentito confonderegiudizio esplicativo e giudizio predittivo.

La ricorrente rileva che la causa del decesso deve essereriferita, in realtà, allo scompenso metabolico della paziente, conseguente allamassiccia dose di glucosio; e che la Corte di Appello ha svolto errateconsiderazioni lapidarie.

L’esponente sottolinea che anche i periti hanno osservatoche l’evento morte, verificatosi alle ore (X. ), non è del tutto imputabile incapo alla dottoressa P., che lasciò il turno alle ore (X. ). E sottolinea che igiudici di merito, erroneamente, hanno di converso ritenuto sussistente ilnesso causale tra la condotta posta in essere dall’imputata e la morte della paziente.

La parte ricorrente ha depositato memoria ove ribadiscela carenza motivazionale, rispetto alla individuazione del momento diinsorgenza dei segnali di criticità del quadro clinico. Rileva, inoltre, che ilcollegio peritale ha ritenuto interrotta la catena causale con l’eventoletifero.

La parte civile ha depositato memoria difensiva, con laquale ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile.

Motivi della decisione

1. Il ricorso in esame muove alle considerazioni cheseguono.

2. Occorre primieramente rilevare che il termineprescrizionale massimo relativo all’ipotesi di reato in addebito, pari ad annisette e mesi sei, risulta decorso in data (X. ), tenuto pure conto delleintervenute sospensioni.

Come noto, in presenza di una causa di estinzione delreato, non sono rilevabili in sede di legittimità vizi di motivazione dellasentenza impugnata in quanto il giudice del rinvio avrebbe comunque l’obbligodi procedere immediatamente alla declaratoria della causa estintiva.

Occorre, peraltro, considerare che le Sezioni Unite dellaCorte Suprema di Cassazione hanno chiarito che il disposto di cui all’art. 129cod. proc. pen., laddove impone di dichiarare la causa estintiva quando nonrisulti evidente che il fatto non sussiste, che l’imputato non lo ha commesso,ecc, deve coordinarsi con la presenza della parte civile e di una condanna inprimo grado che impone ai sensi dell’art. 578 cod. proc. pen. di pronunciarsisulla azione civile; e che in tali ipotesi, la valutazione della regiudicandanon deve avvenire secondo i canoni di economia processuale che impongono ladeclaratoria della causa di proscioglimento quando la prova della innocenza nonrisulti ictu oculi. La pronuncia ex art. 578 cod. proc. pen. impone, cioè, purin presenza della causa estintiva, un esame approfondito di tutto il compendioprobatorio, ai fini della responsabilità civile (Cass. Sez. U, sentenza n.35490 del 28.5.2009, dep. 15.09.2009, Rv. 244273).

3. Tanto ritenuto, è dato procedere all’esame dellequestioni affidate al ricorso

3.1 Giova richiamare i principi che, secondo dirittovivente, governano l’apprezzamento giudiziale della prova scientifica da partedel giudice di merito e che presiedono al controllo che, su tale valutazione,può essere svolto in sede di legittimità.

Nel delineare l’ambito dello scrutinio di legittimità,secondo i limiti della cognizione dettati dall’art. 609 cod. proc. pen., si èchiarito che alla Corte regolatrice è rimessa la verifica sulla ragionevolezzadelle conclusioni alle quali è giunto il giudice di merito, che ha il governodegli apporti scientifici forniti dagli specialisti. La Suprema Corte haevidenziato, sul piano metodologico, che qualsiasi lettura della rilevanza deisaperi di scienze diverse da quella giuridica, utilizzabili nel processopenale, non può avere l’esito di accreditare l’esistenza, nella regolazioneprocessuale vigente, di un sistema di prova legale, che limiti la liberaformazione del convincimento del giudice; che il ricorso a competenzespecialistiche con l’obiettivo di integrare i saperi del giudice, rispetto afatti che impongono metodologie di individuazione, qualificazione ericognizione eccedenti i saperi dell’uomo comune, si sviluppa mediante unaprocedimentalizzazione di atti (conferimento dell’incarico a periti econsulenti, formulazione dei relativi quesiti, escussione degli esperti indibattimento) ad impulso del giudicante e a formazione progressiva; e che lavalutazione di legittimità, sulla soluzione degli interrogativi causali impostidalla concretezza del caso giudicato, riguarda la correttezza e conformità alleregole della logica dimostrativa dell’opinione espressa dal giudice di merito,quale approdo della sintesi critica del giudizio (Cass. Sez. 4, sentenza n. 80del 17.01.2012, dep. 25.05.2012, n.m.)

3.2 Chiarito che il sapere scientifico costituisce unindispensabile strumento, posto al servizio del giudice di merito, deverilevarsi che, non di rado, la soluzione del caso posto all’attenzione delgiudicante, nei processi ove assume rilievo l’impiego della prova scientifica,viene a dipendere dall’affidabilità delle informazioni che, attraversol’indagine di periti e consulenti, penetrano nel processo. Si tratta diquestione di centrale rilevanza nell’indagine fattuale, giacchè costituisceparte integrante del giudizio critico che il giudice di merito è chiamato adesprimere sulle valutazioni di ordine extragiuridico emerse nel processo. Ilgiudice deve, pertanto, dar conto del controllo esercitato sull’affidabilitàdelle basi scientifiche del proprio ragionamento, soppesando l’imparzialità el’autorevolezza scientifica dell’esperto che trasferisce nel processoconoscenze tecniche e saperi esperienziali.

E, come sopra chiarito, il controllo che la Corte Supremaè chiamata ad esercitare, attiene alla razionalità delle valutazioni che a taleriguardo il giudice di merito ha espresso nella sentenza impugnata. Del resto, la Corte regolatrice ha anche recentementeribadito il principio in base al quale il giudice di legittimità non è giudice delsapere scientifico e non detiene proprie conoscenze privilegiate.

La Suprema Corte è cioè chiamata a valutare lacorrettezza metodologica dell’approccio del giudice di merito al saperetecnico- scientifico, che riguarda la preliminare, indispensabile verificacritica in ordine all’affidabilità delle informazioni che utilizza ai finidella spiegazione del fatto (cfr. Cass. Sez. 4, Sentenza n. 43786 del17/09/2010, dep. 13/12/2010, Rv. 248944; Cass. Sez. 4, sentenza n. 42128 del30.09.2008, dep. 12.11.2008, n.m.). E si è pure chiarito che il giudice dimerito può fare legittimamente propria, allorchè gli sia richiesto dalla naturadella questione, l’una piuttosto che l’altra tesi scientifica, purchè diacongrua ragione della scelta e dimostri di essersi soffermato sulla tesi osulle tesi che ha creduto di non dover seguire. Entro questi limiti, è del paricerto, in sintonia con il consolidato indirizzo interpretativo di questaSuprema Corte, che non rappresenta vizio della motivazione, di per sè, l’omessoesame critico di ogni più minuto passaggio della perizia (o della consulenza),poichè la valutazione delle emergenze processuali è affidata al poterediscrezionale del giudice di merito, il quale, per adempiere compiutamenteall’onere della motivazione, non deve prendere in esame espressamente tutte leargomentazioni critiche dedotte o deducibili, ma è sufficiente che enunci conadeguatezza e logicità gli argomenti che si sono resi determinanti per laformazione del suo convincimento (vedi, da ultimo, Cass. Sez. 4, sentenza n.492 del 14.11.2013, dep. 10.01.2014, n.m.

3.3 Tanto chiarito, deve osservarsi che, con riguardoall’apprezzamento della prova scientifica, afferente specificamenteall’accertamento del rapporto di causalità, la giurisprudenza di legittimità haosservato che deve considerarsi utopistico un modello di indagine causale,fondato solo su strumenti di tipo deterministico e nomologico-deduttivo,affidato esclusivamente alla forza esplicativa di leggi universali. Ciò inquanto, nell’ambito dei ragionamenti esplicativi, si formulano giudizi sullabase di generalizzazioni causali, congiunte con l’analisi di contingenzefattuali. In tale prospettiva, si è chiarito che il coefficiente probabilisticodella generalizzazione scientifica non è solitamente molto importante; e che èinvece importante che la generalizzazione esprima effettivamente unadimostrata, certa relazione causale tra una categoria di condizioni ed unacategoria di eventi (cfr. Cass. Sez. U, sentenza n. 30328, in data 11.9.2002, Rv.222138). Nella verifica dell’imputazione causale dell’evento, cioè, occorredare corso ad un giudizio predittivo, sia pure riferito al passato: il giudicesi interroga su ciò che sarebbe accaduto se l’agente avesse posto in essere lacondotta che gli veniva richiesta. Con particolare riferimento alla casualitàomissiva – che pure viene in rilievo nel caso di specie – si osserva poi che lagiurisprudenza di legittimità ha enunciato il carattere condizionalistico dellacausalità omissiva, indicando il seguente itinerario probatorio: il giudizio dicertezza del ruolo salvifico della condotta omessa presenta i connotati delparadigma indiziario e si fonda anche sull’analisi della caratterizzazione delfatto storico, da effettuarsi ex post sulla base di tutte le emergenzedisponibili, e culmina nel giudizio di elevata “probabilità logica”(Cass. Sez. U, sentenza n. 30328, in data 11.9.2002, cit.); e che le incertezzealimentate dalle generalizzazioni probabilistiche possono essere in qualchecaso superate nel crogiuolo del giudizio focalizzato sulle particolarità delcaso concreto quando l’apprezzamento conclusivo può essere espresso in terminidi elevata probabilità logica (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 43786 del 17/09/2010,dep. 13/12/2010, Cozzini, Rv.

248943). Ai fini dell’imputazione causale dell’evento,pertanto, il giudice di merito deve sviluppare un ragionamento esplicativo chesi confronti adeguatamente con le particolarità della fattispecie concreta,chiarendo che cosa sarebbe accaduto se fosse stato posto in essere ilcomportamento richiesto all’imputato dall’ordinamento. Si tratta diinsegnamento da ultimo ribadito dalle Sezioni Unite che si sono soffermatesulle questioni riguardanti l’accertamento giudiziale della causalità omissivaed i limiti che incontra il sindacato di legittimità, nel censire lavalutazione argomentativa espressa in sede di merito (cfr. Cass. Sez. U,sentenza n. 38343 del 24.04.2014, dep. 18.09.2014).

4. Ebbene, applicando i richiamati principi di diritto alcaso in esame, deve considerarsi che le valutazioni effettuate dalla Corte diAppello, sulla questione relativa alla prova della riferibilità causale deldecesso della paziente alla condotta attiva ed omissiva che si ascrive alladottoressa P., risultano immuni dalle dedotte aporie di ordine logico e paionodel tutto congruenti, rispetto all’acquisito compendio probatorio.

Ed invero, la Corte di Appello ha disposto il rinnovodella istruttoria dibattimentale, nominando un collegio di periti, con ilcompito di verificare la causa terminale della morte del paziente. In esitoall’espletamento del richiamato incombente, la Corte territoriale hasottolineato che, nei casi di gastroenterite di cui si tratta, la terapia dielezione consiste in interventi di contrasto della disidratazione e che, pertale ragione, il dott. T., ancor prima di disporre il ricovero della pazientenel reparto di pediatria, aveva ordinato la terapia infusionale. Il Collegio haosservato che alle ore (X. ) l’ago cannula era fuoriuscito dalla vena, erastato rimosso dal braccio; e che l’imputata aveva disposto la reidratazione pervia orale, dopo aver acquisito informazioni dalle infermiere presenti inreparto. Al riguardo, la Corte di merito ha evidenziato che l’uso dellesoluzioni elettrolitiche deve essere sottoposto a controllo da parte del medicoe che lo stato di idratazione del paziente deve essere controllato ogni quattroore.

Ciò posto, il Collegio ha sottolineato che la dottoressaP. non si era recata, nel corso dell’intera nottata, nemmeno una volta avisitare la paziente; e che l’infermiera I., sentita come teste, aveva riferitoche la madre della bambina si era recata in medicheria, per segnalare unepisodio di vomito. In sentenza vengono richiamate ulteriori deposizionitestimoniali rese dalle infermiere presenti in reparto, rispetto alleprescrizioni disposte dalla odierna imputata.

E bene, la Corte di Appello ha ritenuto palese lasussistenza di un nesso causale, tra la condotta della prevenuta e la mortedella paziente, che avrebbe potuto essere evitata, laddove la dottoressa sifosse recata a visitare la bambina, al momento della fuoriuscita dal bracciodell’ago cannula e avesse adottato condotte funzionali alla reidratazione edisposto – con anticipo – l’effettuazioni di analisi prescritte solo alle ore (X.).

I giudici del gravame, diversamente da quanto affermatodalla ricorrente, hanno individuato, nella circostanza relativa allafuoriuscita dalla vena dell’ago cannula, di cui la prevenuta era stata resaedotta delle infermiere, il preciso momento in cui il comportamento della P. siera discostato dalle regole dell’arte, posto che l’uso delle soluzionielettrolitiche deve essere sottoposto a controllo medico. Al riguardo, ilCollegio ha pure sviluppato uno specifico ragionamento controfattuale,osservando che la mancata visita diretta della bambina e la mancata richiesta,in anticipo, degli esami ematici prescritti, sia pure con urgenza, solo alleore (X. ), erano fattori condizionanti l’evento morte, giacchè avrebberoconsentito di porre in essere una corretta idratazione della paziente.

E’ poi appena il caso di osservare che la valutazioneespressa dalla Corte territoriale, in ordine al fatto che l’individuazione diulteriori soggetti responsabili per la morte di B.N. non escluderebbe laresponsabilità dell’odierna imputata, risulta conforme ai principiripetutamente espressi dalla giurisprudenza de legittimità, in riferimento allapluralità di garanti. Invero, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito chein caso di successione di posizioni di garanzia, il principio dell’equivalenzadelle cause, in riferimento alle condotte dei diversi garanti, opera nel casoin cui già il primo garante abbia violato una norma precauzionale (cfr.

Cass Sez. 4, Sentenza n. 27959 del 05/06/2008, dep.09/07/2008, Rv.240519).

5. In conclusione, non emergendo le condizioni per unapronuncia assolutoria di merito, ex art. 129 cod. proc. pen., comma 2 si imponel’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata agli effetti penali,essendo il reato estinto per prescrizione; di converso, per le ragioni sopraampiamente svolte, il ricorso deve essere rigettato agli effetti civili, concondanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali oltre alrimborso delle spese sostenute dalla parte costituita civile per questogiudizio, liquidate come a dispositivo.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata senza rinvio agli effettipenali perchè il reato è estinto per prescrizione.

Rigetta il ricorso agli effetti civili e condanna laricorrente P.M. a rimborsare alla parte civile le spese sostenute per questogiudizio che liquida in complessivi Euro 2.500,00 oltre accessori come perlegge.

Così deciso in Roma, il 5 novembre 2015.

Depositato in Cancelleria il 23 novembre 2015