Ormai da parecchi anni è disponibile per tutti la posta elettronica certificata, la quale ha caratteristiche identiche a quelle di una raccomandata A/R. Tuttavia, in moltissime situazioni, le comunicazioni avvengono con la posta elettronica semplice. Quale valore possono avere tali messaggi dal punto di vista giuridico?
La legge n. 59/1997 ha per prima regolamentato la validità dei documenti formati e/o trasmessi con strumenti informatici. Il Codice dell’Amministrazione Digitale (c.d. CAD) di cui al D. Lgs. 82/2005 e successive modificazioni permette di inquadrare giuridicamente una e-mail specificando che essa può essere ricondotta nella categoria dei cosiddetti “documenti informatici” e può essere definita quale «rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti».
E’ possibile paragonare una e-mail a un documento sottoscritto o non ha alcun valore?
Vi sono, in proposito, due orientamenti. Vi è chi considera l’e-mail un semplice documento informatico privo di firma, considerando l’assenza di garanzie che consentano di attribuire allo stesso una paternità certa. Secondo tale posizione, il valore probatorio dell’e-mail sarebbe da rintracciarsi nell’art. 2712 c.c. secondo il quale le riproduzioni informatiche «fanno piena prova dei fatti e delle cose rappresentate» solo se colui contro il quale sono prodotte non le contesta tempestivamente disconoscendone la conformità ai fatti o alle cose medesime.
Una differente visione ha chi considera l’e-mail a tutti gli effetti un documento informatico sottoscritto con firma elettronica semplice. Questa impostazione si giustifica alla luce del fatto che lo userid e la password utilizzati per accedere alla casella di posta elettronica sono considerati mezzi di identificazione informatica e come tali rientranti nella definizione di firma elettronica data dal legislatore.
Tuttavia, si potrebbe obiettare che, sebbene l’accesso alla casella di posta elettronica richieda l’autenticazione dell’utente, ossia l’inserimento di uno userid e relativa password, potrebbe accadere che tali informazioni siano state memorizzate in precedenza in modo tale da consentirne l’accesso immediato. In questo caso la paternità del documento inviato non corrisponderebbe al formale mittente del messaggio. Vi è inoltre la possibilità che il messaggio di posta elettronica ricevuto venga alterato, pregiudicandone l’integrità, o che un’e-mail mai sia creata in modo tale da risultare tra i messaggi di posta ricevuti (o inviati).
In conclusione: il giudice può considerare una e-mail come una prova, ma sussistono diversi fattori da prendere in considerazione.