Il certificato redatto da un medico convenzionato con l’INPS per il controllo della malattia del lavoratore è atto pubblico che fa fede fino a querela di falso della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che l’ha formato, nonché dei fatti che il pubblico ufficiale medesimo attesta aver compiuto o esser avvenuti in sua presenza
La ricorrente ha sostenuto di essere stata presente nel domicilio da lei indicato per la visita il giorno del controllo operato dal medico dell’INPS e ha prodotto fotografie dalle quali risulterebbe la presenza del proprio nominativo sul citofono.
La circostanza appare, tuttavia, in insanabile contrasto con le risultanze dell’atto pubblico di cui sopra (in relazione al quale non è stata proposta querela di falso né è stata sollevata contestazione); dalle fotografie inoltre non è possibile evincere la data né l’indirizzo.
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Tribunale Roma, 20/12/2017, n. 10450
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI ROMA
II SEZIONE LAVORO
in persona del giudice del lavoro Maria Teresa Consiglio ha pronunciato la
seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al numero 7509 del ruolo generale dell’anno 2015 promossa
DA
IO. MILANO, rappresentata e difesa dall’Avv. Emiliano Della Bella
come da procura in atti
RICORRENTE
CONTRO
INPS, con sede in Roma, in persona del legale rappresentante pro-tempore,
rappresentato e difeso dall’Avv. Claudia Ruperto come da procura in atti
RESISTENTE
FATTO E DIRITTO
La parte ricorrente, premesso di essere dipendente della società Max Mara Maxima s.r.l., ha esposto: che con raccomandata ricevuta in data 11.9.2014 l’Inps ha invitato il datore di lavoro a non erogare ovvero a recuperare l’indennità di malattia relativamente ai giorni dal 3 al 5 settembre 2014, in quanto il medico incaricato al controllo ha constatato che il domicilio non era reperibile all’indirizzo riportato sulla certificazione di malattia;
che dalla data del 1.4.2014 la propria residenza è in Roma, via (omissis);
che a tale indirizzo sono state intestate tutte le successive documentazioni mediche compreso l’ultimo certificato di malattia telematico del 3.9.2014;
che a tale indirizzo è stata spedita anche la comunicazione impugnata. Tanto esposto, ha convenuto in giudizio l’Inps davanti al Tribunale di Roma in funzione di giudice del lavoro chiedendo la revoca del provvedimento adottato dall’Inps e conseguentemente di ordinare all’Inps la restituzione delle somme non corrisposte, prelevate dal datore di lavoro e restituite all’Inps, maggiorate della restituzione dell’ulteriore importo di € 45,00 relativo al costo della visita specialistica e della certificazione rilasciata dalla Azienda sanitaria provinciale (omissis) afferente i primi giorni di malattia di cui all’intero periodo in contestazione.
L’Inps si è costituito tardivamente contestando il ricorso e chiedendone il rigetto, producendo verbale redatto dal medico di controllo attestante l’assenza del nominativo della ricorrente dal citofono e l’impossibilità di rintracciare la ricorrente nonostante le indagini compiute mediante interpello di alcuni condomini.
Con lettera datata 9.9.2014 (doc. 1), l’Inps ha comunicato alla sig.ra Io. Milano che ‘in data 5.9.2014 il medico incaricato del controllo ha constatato che il suo domicilio non era reperibile all’indirizzo da lei riportato sulla certificazione di malattia.
L’indicazione dell’esatto recapito durante l’evento morboso costituisce un requisito essenziale della certificazione di malattia.
Di conseguenza, l’Istituto non potrà riconoscerle l’indennità di malattia finchè non potranno essere eseguite le visite mediche di controllo a motivo dell’inesatta indicazione del suo recapito’.
La medesima lettera è stata inviata al datore di lavoro per conoscenza, con invito a provvedere al recupero dell’importo eventualmente erogato e posto a conguaglio e alla restituzione della somma all’Inps.
L’Inps ha prodotto il verbale redatto dal medico di controllo nel quale il medico attesta l’assenza del nominativo della ricorrente sul citofono e che la stessa risulta sconosciuta ai condomini interpellati; la parte ricorrente nulla ha osservato al riguardo, non contestando la produzione dell’Inps.
Le indicazioni fornite dalla lavoratrice in merito all’indirizzo di reperibilità non hanno consentito al medico fiscale, nel corso della visita di controllo effettuata in data 5.9.2014 alle ore 17,50 di individuare l’abitazione al domicilio indicato dalla ricorrente, pur avendo egli chiesto informazioni ai condomini.
Il medico fiscale ha espressamente indicato di aver, invano, interpellato i condomini; l’esito della visita fiscale era pertanto: ‘risulta sconosciuto all’indirizzo sopra indicato’.
In proposito va ricordato che il certificato redatto da un medico convenzionato con l’INPS per il controllo della malattia del lavoratore è atto pubblico che fa fede fino a querela di falso della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che l’ha formato, nonché dei fatti che il pubblico ufficiale medesimo attesta aver compiuto o esser avvenuti in sua presenza (v. Cass., 22 maggio 1999, n. 5000; Cass., 11 maggio 2000, n. 6045; Cass., 20 luglio 2007, n. 15372).
La ricorrente ha sostenuto di essere stata presente nel domicilio da lei indicato per la visita il giorno del controllo operato dal medico dell’INPS e ha prodotto fotografie dalle quali risulterebbe la presenza del proprio nominativo sul citofono.
La circostanza appare, tuttavia, in insanabile contrasto con le risultanze dell’atto pubblico di cui sopra (in relazione al quale non è stata proposta querela di falso né è stata sollevata contestazione); dalle fotografie inoltre non è possibile evincere la data né l’indirizzo.
Va ricordato che la Corte di Cassazione, il cui insegnamento questo giudicante condivide, si è più volte espressa ritenendo che l’ingiustificata assenza del lavoratore alla visita di controllo non coincida necessariamente con l’assenza del medesimo dalla propria abitazione, potendo essere integrata da qualsiasi condotta dello stesso lavoratore, pur presente in casa, che sia valsa ad impedire l’esecuzione del controllo sanitario per incuria, negligenza o altro motivo non apprezzabile sul piano giuridico e sociale. Inoltre, la prova dell’osservanza del dovere di diligenza incombe al lavoratore (v. Cass., 18 novembre 1991, n. 12534; Cass., 23 marzo 1994, n. 2816; Cass., 14 maggio 1997, n. 4216; Cass., 19 febbraio 2016, n. 3294).
Il ricorso deve pertanto essere rigettato.
Le spese seguono la soccombenza, come per legge, e sono liquidate in dispositivo, tenuto conto dei criteri e parametri di cui al DM 55/2014, con riguardo a valori minimi dello scaglione di riferimento.
P.Q.M.
disattesa ogni diversa istanza, eccezione o deduzione, rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in € 273,00 di cui € 36,00 per spese generali, oltre IVA e CPA come per legge. Roma, 20/12/2017
IL GIUDICE Maria Teresa Consiglio