Ricorre la responsabilità professionale del ginecologo laddove sia accertato, attraverso consulenza tecnica d’ufficio, che al momento della visita sostenuta dalla paziente il tumore del quale la stessa era affetta fosse in stadio avanzato ed imponesse un intervento tempestivo già a quella data, intervento che avrebbe plausibilmente potuto garantire alla paziente una vita più lunga e in condizioni migliori.
Cass. civ., Sez. VI – 3, Ord., (data ud. 09/03/2022) 25/05/2022, n. 16874
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –
Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –
Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –
ha pronunciato la seguente: ORDINANZA
sul ricorso 7657-2020 proposto da: D.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LISBONA 20, presso lo studio dell’avvocato ANNA MARIA NANGANO, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
C.P. e C.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA SIRIA 24, presso lo studio dell’avvocato LAURA PALOMBO, che li rappresenta e difende;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 7667/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata l’11/12/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 09/03/2022 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO.
Svolgimento del processo
1. D.M.M. convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Roma, la dottoressa D.R. e l’Ospedale (OMISSIS) chiedendo che, previo accertamento della responsabilità professionale della ginecologa per ritardo diagnostico, i convenuti fossero condannati al risarcimento dei danni da lei sofferti.
A sostegno della domanda espose che, recatasi dalla dottoressa D. in data 2 gennaio 2006 per una visita, la stessa aveva omesso di prescriverle ulteriori accertamenti, nonostante dalle recenti ecografie portate in visione risultasse già la sospetta esistenza di una patologia tumorale.
Si costituirono in giudizio entrambi i convenuti, chiedendo il rigetto della domanda.
Nel corso del giudizio venne a mancare la parte attrice e si costituirono in sua vece gli eredi C.S. e P., insistendo per l’accoglimento della domanda.
Il giudizio fu interrotto nei confronti dell’Ospedale, posto in procedura concorsuale di amministrazione straordinaria e proseguì nei soli confronti della dottoressa D..
Il Tribunale accolse la domanda e condannò la professionista al risarcimento dei danni liquidati nella somma di Euro 65.874, oltre rivalutazione e interessi e con il carico delle spese di lite.
2. La pronuncia è stata impugnata dalla convenuta soccombente e la Corte d’appello di Roma, con sentenza dell’11 dicembre 2019, ha rigettato l’appello, condannando l’appellante alla rifusione delle ulteriori spese del grado.
3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Roma propone ricorso la dottoressa D.R. con atto affidato ad un solo motivo.
Resistono C.S. e P. con un unico controricorso.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375, 376 e 380-bis c.p.c., e la ricorrente ha depositato memoria.
Motivi della decisione
1. Con l’unico motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5), violazione e falsa applicazione dell’art. 196 c.p.c. e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, relativamente alla mancata rinnovazione della consulenza tecnica d’ufficio.
Sostiene la ricorrente che la Corte d’appello, appiattendosi in modo acritico sulle posizioni del c.t.u., non avrebbe illustrato le ragioni per le quali aveva rifiutato di procedere al rinnovo della consulenza, così come richiesto. Il rinnovo era da ritenere doveroso, anche perchè i dati risultanti dalle ecografie prodotte dalla paziente non dimostravano, contrariamente a quanto sostenuto in sentenza, che la patologia tumorale fosse già molto avanzata in occasione della visita del 2 gennaio 2006. Il ricorso contesta la sentenza anche nella parte in cui ha considerato errato l’intervento effettuato dalla ricorrente, nel maggio 2006, in laparoscopia anzichè in laparotomia.
1.1. Il motivo di ricorso è inammissibile.
Osserva la Corte che la sentenza impugnata non si è limitata a recepire le conclusioni del c.t.u., ma ha pure dato conto del perchè le diverse conclusioni della parte appellante non erano meritevoli di accoglimento, ritenendo quindi non necessario il rinnovo della consulenza tecnica. A tale conclusione la Corte di merito è pervenuta richiamando anche un ampio passaggio della c.t.u., la quale ha posto in luce le ragioni per le quali, essendo il tumore allo stadio IIIC nel maggio 2006, ciò lasciava presupporre che lo stesso dovesse essere almeno allo stadio II nel momento della visita, cioè il gennaio 2006. Per cui un tempestivo intervento diagnostico della ginecologa avrebbe potuto garantire alla paziente una vita più lunga e in condizioni migliori.
Ne consegue che il ricorso si risolve, attraverso l’apparente formulazione di una censura di violazione di legge, in una censura di vizio di motivazione, che finisce col sollecitare la Corte ad un diverso e non consentito esame del merito. Non sussiste, d’altronde, la prospettata omissione nei sensi ammessi dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), poichè la questione professionale medica posta all’esame in sede di merito è stata ampiamente esaminata dalla Corte d’appello.
2. Il ricorso, pertanto, è dichiarato inammissibile.
A tale esito segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55.
Sussistono, inoltre, le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 5.800, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Conclusione
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, il 9 marzo 2022.
Depositato in Cancelleria il 25 maggio 2022
Fonte: Dirittosanitario.Net