Il diritto euro-unitario (Direttiva 1993/16/CE del 5 aprile 1993, art. 35) impone di riconoscere una remunerazione adeguata agli specializzandi sia in caso di formazione a tempo pieno, sia in caso di formazione a tempo ridotto. Ne consegue che le norme che prevedono cause di incompatibilità soggiacciono ad un regime di stretta interpretazione, in quanto rappresentano un’eccezione rispetto ai principi del diritto al lavoro e della libertà di iniziativa economica, costituenti valori fondanti sia del diritto nazionale che di quello euro-unitario (sentenza della Corte di Giustizia del 28 gennaio 2018, Pantuso e a., C-616/16 e C-616/17)
Pubblicato il 31/01/2023
N. 01101/2023REG.PROV.COLL.
N. 06452/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6452 del 2022, proposto dal Ministero della Salute, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
contro
il signor …., rappresentato e difeso dall’avvocato Giuseppe Aulino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
la Regione Emilia Romagna, rappresentato e difeso dagli avvocati Maria Rosaria Russo Valentini e Roberto Bonatti, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Maria Rosaria Russo Valentini in Roma, piazza Grazioli, n. 5;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna, Sede di Bologna (Sezione Seconda), n. 438/2022, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del signor Gabriele Tarterini e della Regione Emilia Romagna;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 gennaio 2023 il Cons. Giovanni Pescatore e viste le istanze di passaggio in decisione depositate dagli avvocati Maria Rosaria Russo Valentini, Roberto Bonatti e Giuseppe Aulino;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’appellato, in possesso del titolo di laurea in medicina e chirurgia e abilitato all’esercizio della professione di medico chirurgo, è stato ammesso, in sovrannumero e senza borsa di studio, al primo anno del corso di formazione in Medicina Generale bandito dalla Regione Emilia – Romagna per il triennio 2020/2023.
1.1. L’ammissione è avvenuta in applicazione del c.d. Decreto Calabria, d.l. n. 35 del 30 aprile 2019, convertito dalla legge n. 60 del 25 giugno 2019, il quale ha introdotto un’ulteriore – sebbene limitata nel tempo, e cioè sino al 31 dicembre 2021 – modalità di accesso al corso di formazione specifica in medicina generale che si affianca alla forma ordinaria di accesso mediante concorso, come disciplinata dal d.lgs. 17 agosto 1999, n. 368 e dal decreto ministeriale 7 marzo 2006 (“Principi fondamentali per la disciplina unitaria in materia di formazione specifica in medicina generale”).
1.2. Quello introdotto dal d.l 35 del 2019 costituisce un canale di accesso al corso di formazione di carattere “straordinario” ed “emergenziale”, con graduatoria riservata e senza borsa di studio, concepito al fine di sanare la cronica carenza di medici di medicina generale variamente impegnati sul territorio. Esso si rivolge a quei professionisti che hanno maturato anni di esperienza convenzionale, ma che, pur avendo conseguito l’idoneità nel precedente concorso, non si sono mai collocati in posizione utile per poter accedere al corso, nemmeno per scorrimento della graduatoria. Proprio la sussistenza di queste circostanze e dei requisiti soggettivi richiesti dalla disposizione rende possibile l’accesso diretto alle attività formative senza previo svolgimento di concorso.
1.3. Il d.l. 35 del 2019 ha dunque creato una categoria di corsisti soprannumerari e senza borsa parallela rispetto all’altra categoria di soprannumerari senza borsa regolata dall’art. 3 della legge 29 dicembre 2000, n. 401, recante “Norme sull’organizzazione del personale sanitario”. Quest’ultima disposizione ha infatti ammesso ai corsi di formazione specifica in medicina generale i “laureati in medicina e chirurgia iscritti al corso universitario di laurea prima del 31 dicembre 1991 ed abilitati all’esercizio professionale”, specificando, in deroga al regime generale delle incompatibilità, che gli stessi “non hanno diritto alla borsa di studio e possono svolgere attività libero-professionale compatibile con gli obblighi formativi”.
1.4. Con la nota del 4 settembre 2020 (impugnata in primo grado), la Regione, tramite la Segreteria Scuola di formazione specifica in medicina generale, ha invitato i vincitori del concorso inseriti nella graduatoria riservata ex d.l. n. 35 del 30 aprile 2019 a “dismettere tutti gli incarichi, ancorché provvisori, convenzionali o libero professionali”.
1.5. La posizione espressa dall’amministrazione nella menzionata nota del 4 settembre 2020 si sostanzia nella tesi secondo cui anche ai corsisti ammessi ai sensi del d.l. n. 35 del 2019 – senza borsa e in soprannumero – si estendono le incompatibilità previste dall’art. 11 del d.m. 7 marzo 2006, ivi compresa quella che fa divieto di svolgere, in parallelo all’attività formativa a tempo pieno, incarichi occasionali di libera professione (così recita l’art. 11: “Il corso è strutturato a tempo pieno. La formazione a tempo pieno implica la partecipazione alla totalità delle attività mediche del servizio nel quale si effettua la formazione, comprese le guardie, in modo che il medico in formazione dedichi a tale formazione pratica e teorica tutta la sua attività professionale per l’intera durata della normale settimana lavorativa e per tutta la durata dell’anno. Conseguentemente, è inibito al medico di formazione l’esercizio di attività liberoprofessionali ed ogni rapporto convenzionale, precario o di consulenza con il Servizio sanitario nazionale o enti e istituzioni pubbliche”).
1.6. Vero è che il regime delle incompatibilità è stato attenuato dal successivo d.m. 28 settembre 2020, nel senso di prevedere – limitatamente ai medici iscritti al corso di formazione specifica in medicina generale per il triennio 2019- 2022 – la cumulabilità con il corso di formazione dei soli “incarichi convenzionali in essere al momento dell’iscrizione”.
1.7. Il ricorrente, tuttavia, incorrerebbe nel regime di incompatibilità eccepito dalla Regione, in quanto alla data di iscrizione svolgeva incarichi (non convenzionali ma) occasionali di libera professione.
1.8. Il TAR per l’Emilia Romagna, Sede di Bologna, con la sentenza qui appellata n. 438 del 2022, ha disatteso l’interpretazione proposta dall’amministrazione resistente, affermando in motivazione di voler aderire alla giurisprudenza amministrativa maggioritaria che tende a riconoscere la compatibilità tra le due attività, qualora la libera professione in concreto non comporti l’impossibilità di ottemperare agli obblighi formativi richiesti dalla frequenza del Corso (così nel richiamo alla sentenza del TAR Veneto, Sez. I, 1.10.2021, n.1163).
1.9. Ad avviso del TAR, inoltre, è illogico e irragionevole non estendere la possibilità di esercitare attività libero professionale a tutti i corsisti che sono ammessi al Corso di Formazione senza borsa di studio, pena altrimenti una violazione del diritto allo studio nonché una discriminazione nei confronti dei soggetti che non possiedono risorse proprie in grado di consentire loro la frequenza del corso (“.. posto che la situazione dei corsisti del Decreto Calabria è in tutto assimilabile a quella dei corsisti di cui all’art. 3 della l. n. 401 del 2000, specie in riferimento alla mancata previsione, per entrambe le categorie di specializzandi, della borsa di studio, risulta del tutto ingiustificato [non] estendere ai primi l’attenuazione del regime di incompatibilità prevista per gli specializzandi di cui alla l. n. 401 del 2000”.
2. Avverso la sentenza di primo grado è stato proposto appello dal Ministero della Salute.
3. Questi deduce che l’inserimento nel corso di formazione specifica in medicina generale dei beneficiari del cd. Decreto Calabria, così come degli altri medici ammessi a seguito di superamento dei test di sbarramento, resta soggetto alle medesime regole e preclusioni previste in via generale dall’art. 11 del d.m. 7 marzo 2006.
3.1. Detto regime deve considerarsi applicabile in tutte le ipotesi di ammissioni al corso e derogabile nelle sole ipotesi eccezionali previste al comma 2 dell’art. 11 ovvero in altre specifiche fonti normative (art. 9 del d.l. n. 135/2018, d.m. 28 settembre 2020 e d.m. 14 luglio 2021).
3.2. Le richiamate fattispecie derogatorie sono tutte volte a fronteggiare il fabbisogno delle esigenze proprie della medicina generale, ad eccezione di quella prevista dall’art. 3 della legge n. 401 del 29 dicembre 2000 (che risponderebbe a logiche compensative), come peraltro ribadito con circolare del Ministero della Salute n. 22176 del 12 maggio 2020.
3.3. Per un verso, dunque, il sistema normativo di riferimento conferma la generale valenza delle incompatibilità previste dal d.m. 7 marzo 2006, fatte salve le menzionate ipotesi derogatorie; per altro verso, la possibilità di conseguire incarichi alla stregua delle suindicate previsioni eccettuative comporta che ai corsisti è garantita, sebbene nei limiti definiti dalle fattispecie derogatorie, la possibilità di accedere ad incarichi cumulabili con l’attività formativa e di procurarsi quindi adeguati mezzi di sostentamento, pur in assenza della borsa di studio e pur dovendo rinunciare a svolgere attività di visita libero-professionale.
4. A seguito della costituzione in giudizio dell’appellato e della Regione Emilia Romagna e della reiezione dell’istanza cautelare (ordinanza n. 4670/2022), la causa è stata posta in decisione all’udienza pubblica del 12 gennaio 2023.
5. L’appello è infondato.
5.1. Esso tocca tematiche di recente affrontate dalla Sezione nella pronuncia n. 8026 del 2022.
Nel richiamato precedente si pone innanzitutto in luce come sia la stessa logica “straordinaria” ed “emergenziale” dell’art. 12, comma 3 del cd. Decreto Calabria ad avallare la lettura proposta dal primo giudice.
5.2. La circostanza che i medici ammessi in sovrannumero non usufruiscano della borsa non può che trovare ragionevole bilanciamento nella possibilità loro concessa di “ottenere, da altre fonti e attività professionale privata non ritenute in concreto incompatibili, il proprio sostentamento” (sent. n. 8026 del 2022, § 18). Diversamente, come osserva il giudice di primo grado, “qualora la mancata assegnazione della borsa di studio fosse accompagnata anche dal divieto di svolgere altre attività lavorative-professionali, l’accesso in base al Decreto Calabria finirebbe per essere irragionevolmente circoscritto ai soli soggetti che già dispongono di altre risorse proprie e che possono studiare senza conseguire alcuna remunerazione”.
5.3. Un parallelo in tal senso è offerto proprio dall’art. 3 della legge 29 dicembre 2000, n. 401, recante “Norme sull’organizzazione del personale sanitario” – il quale ha ammesso ai corsi di formazione specifica in medicina generale i “laureati in medicina e chirurgia iscritti al corso universitario di laurea prima del 31 dicembre 1991 ed abilitati all’esercizio professionale sono ammessi a domanda in soprannumero di cui al decreto legislativo 8 agosto 1991, n. 256”, specificando, in deroga al regime generale delle incompatibilità, che “i medici ammessi in soprannumero non hanno diritto alla borsa di studio e possono svolgere attività libero-professionale compatibile con gli obblighi formativi”.
Dunque, anche nel caso da ultimo citato l’assenza di borsa di studio va di pari passo con l’autorizzazione allo svolgimento dell’attività libero-professionale.
5.4. Il rilievo della parte appellante secondo cui i corsisti potrebbero garantirsi una fonte di sostentamento accedendo ai soli incarichi consentiti dalle specifiche ipotesi derogatorie (come quella degli incarichi convenzionali di cui al d.m. 28 settembre 2020), non convince e prova troppo. Se la logica sottesa a queste ipotesi derogatorie è che l’attività lavorativa è in linea di principio compatibile con il corso di formazione, nel nome di un ragionevole bilanciamento tra interessi di pari rilievo, non si comprende (né la parte appellante spiega) perché analogo contemperamento non debba valere nel caso dell’attività libero professionale, la quale rimarrebbe l’unica ad essere arbitrariamente discriminata.
5.5. D’altra parte, anche il d.m. 28 settembre 2020 (pur dando per presupposta l’applicazione delle cause di incompatibilità di cui all’art. 11 del d.m. del 2006 agli specializzandi ammessi in base al Decreto Calabria) non fa che confermare la necessità di consentire agli specializzandi di conseguire una remunerazione attraverso la prosecuzione delle attività lavorative precedentemente avviate.
Sulla base di tale logica di fondo, appare irragionevole discriminare chi (come il resistente) non disponga di convenzioni in essere al momento dell’iscrizione al corso e, pertanto, non sarebbe in grado di conseguire una remunerazione adeguata durante il corso, se non continuando a svolgere la precedente attività libero professionale in concreto compatibile.
5.6. La soluzione enunciata appare coerente anche con il quadro normativo di riferimento.
Invero, tanto il D.M. 7 marzo 2006 quanto il D.M. 14 luglio 2021 (pur inapplicabile al caso di specie, poiché posteriore a tutti gli atti impugnati) rappresentano atti “sott’ordinati gerarchicamente al c.d. Decreto Calabria (DL n. 35/2019)” (sent. n. 8026 del 2022, § 12.1).
5.7. Non solo, ma la lettura qui accolta risulta anche la più coerente anche con il diritto euro-unitario (Direttiva 1993/16/CE del 5 aprile 1993, art. 35), il quale impone di riconoscere una remunerazione adeguata agli specializzandi sia in caso di formazione a tempo pieno, sia in caso di formazione a tempo ridotto. Ne consegue che le norme che prevedono cause di incompatibilità soggiacciono ad un regime di stretta interpretazione, in quanto rappresentano un’eccezione rispetto ai principi del diritto al lavoro e della libertà di iniziativa economica, costituenti valori fondanti sia del diritto nazionale che di quello euro-unitario (sentenza della Corte di Giustizia del 28 gennaio 2018, Pantuso e a., C-616/16 e C-616/17).
5.8. Pertanto, la specifica normativa di cui al d.l. n. 35/2019, una volta inquadrata nel contesto dei principi costituzionali e comunitari, non può intendersi come ostacolante la possibilità per il ricorrente di assolvere i propri obblighi formativi e al contempo di conseguire una remunerazione adeguata attraverso ulteriori attività lavorative private, purché in concreto compatibili con il concomitante impegno formativo.
6. Alla stregua delle considerazioni che precedono, l’appello deve quindi essere respinto nei termini sopra indicati, conseguendone il diritto dell’interessato di concludere il proprio percorso formativo e di specializzazione proseguendo nelle proprie attività lavorative, previa verifica della loro concreta compatibilità con la frequenza del corso.
7. Le spese del secondo grado seguono la soccombenza, nella misura liquidata in dispositivo, nei rapporti con il Ministero della Salute. Possono invece essere compensate nei confronti della Regione Emilia Romagna, stante la posizione di neutralità da questa espressa, nelle proprie difese, rispetto all’esito del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello n. 6452 del 2022 , come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna il Ministero della Salute a corrispondere all’appellato le spese del presente grado di giudizio, che liquida in misura pari ad € 3.000,00 (tremila) oltre ad IVA, CPA ed accessori di legge se dovuti.
Compensa le spese di lite nei confronti della Regione Emilia Romagna.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 gennaio 2023 con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Pierfrancesco Ungari, Consigliere
Stefania Santoleri, Consigliere
Giovanni Pescatore, Consigliere, Estensore
Ezio Fedullo, Consigliere
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Giovanni Pescatore Luigi Maruotti