Il reato di commercio o somministrazione di medicinali guasti di cui all’art. 443 cod. pen. sussiste anche nel caso in cui ad essere detenuti per la messa in commercio o somministrati siano farmaci omeopatici, in quanto riconducibili al concetto di medicinale, stante l’ampia definizione fornita dall’art. 1, comma 1, lett. a). d.lgs. n. 219 del 2006.
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. I PENALE – SENTENZA 5 agosto 2019, n.35627 –
SENTENZA
sul ricorso proposto da Angelini Daniele Maria, nato a Camerino il 24/05/1956 avverso la sentenza del 09/03/2017 della Corte di appello di Ancona visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere Francesco Centofanti; udito il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Mariella de Masellis, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso; udito, per la parte civile Luciana Acquaroli, l’avvocato Roberto Acquaroli, che si è opposto all’accoglimento del ricorso e ha insistito per la liquidazione delle spese in favore della parte civile medesima; udito, per l’imputato, l’avvocato Mario Cavallaro, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso o, comunque, l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per intervenuta prescrizione;
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Ancona confermava la decisione del locale Tribunale, con cui Daniele Maria Angelini, titolare della farmacia omonima sita in Civitanova Marche, era stato giudicato colpevole del delitto di cui all’art. 443 cod. pen. – per avere venduto alla cliente Luciana Acquaroli due confezioni scadute di un medicinale antitunnorale (il Nomafen), oltre a un farmaco omeopatico scaduto (l’Aide germanio), e per avere detenuto per il commercio altri 194 farmaci scaduti, metà dei quali (circa) omeopatici – ed era stato condannato alla pena stimata di giustizia nonché al risarcimento del danno in favore della vittima costituita parte civile. Sin dal primo grado erano stati, viceversa, assolti i farmacisti, coimputati di Angelini, che lavoravano alle sue dipendenze. 2. Secondo quanto concordemente ritenuto dai giudici del merito, la commercializzazione non conforme di Nomafen era avvenuta in giornate distinte, successive e prossime, rispettivamente, al 16 novembre e al 3 dicembre 2009, che erano le date delle relative prescrizioni mediche. A novembre risaliva, altresì, l’acquisto dell’Aide germanio. La compratrice si era accorta trattarsi di prodotti scaduti in occasione dell’ultimo acquisto, era tornata in farmacia per contestare l’accaduto e aveva di seguito sporto denuncia. Il 19 gennaio 2010 era stata eseguita una perquisizione, ed erano stati rinvenuti sugli scaffali, pronti per la vendita, gli ulteriori farmaci di cui sopra, lì collocati assieme ad altri non scaduti; i farmaci avviati allo smaltimento si trovavano, invece, in un separato vano e all’interno di scatoloni. 2.1. Quanto alle confezioni cedute ad Acquaroli, la Corte territoriale riteneva attendibile la deposizione resa al riguardo dalla persona offesa, riscontrata dalle prescrizioni mediche di Nomafen, acquisite dalla farmacia e trasmesse per il rimborso all’Azienda sanitaria regionale. Inoltre, la farmacia aveva venduto, nel periodo compreso tra il luglio 2008 e il dicembre 2009, quattro confezioni di detto medicinale, ma solo due di esse risultavano di recente acquisto. 2.2. In ordine alla condotta complessiva, la Corte suddetta riteneva che l’occorso non fosse riconducibile a marginale colposa disattenzione, ma a modalità organizzative carenti, indici di voluta trascuratezza di fondamentali doveri professionali -gravanti sul titolare dell’esercizio- e di sottostante accettazione del rischio di connpromissione del bene della salute pubblica, presidiato da tutela penalistica. La lettera datata 3 dicembre 2009, prodotta dalla difesa, con cui erano dettate disposizioni ai farmacisti dipendenti per lo smaltimento dei farmaci scaduti, anziché scagionare l’imputato, riscontrava ulteriormente, per la Corte di appello, l’esistenza del dolo. Essa confermava infatti l’inidoneità del precedente assetto organizzativo, la consapevolezza che ne aveva il titolare della farmacia e la volontà di mera facciata di porvi rimedio, posto che la missiva non era stata diffusa secondo modalità idonee ad assicurarne la conoscenza, né in alcun modo era stato preteso e verificato il rispetto degli adempimenti in essa stabiliti. 3. Avverso l’indicata sentenza Angelini, con il ministero del difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione, articolato su cinque motivi e due motivi aggiunti. 3.1. Con il primo motivo il ricorrente deduce la nullità dell’imputazione per genericità del suo contenuto, e la conseguente violazione dell’art. 552 cod. proc. pen. La contestata condotta di detenzione di farmaci scaduti sarebbe individuabile solo per relationem al verbale di sequestro. Rispetto a tale condotta, e a quella antecedente di cessione, non sarebbero indicati gli specifici addebiti, omissivi o commissivi, ascritti ad Angelini; non sarebbero delineati i suoi compiti quali titolare della farmacia, né in che forma egli avrebbe concorso con i coimputati, poi assolti; non sarebbero precisati i tempi di consumazione delle asserite violazioni. Tali circostanze avrebbero pregiudicato le sue possibilità di difesa. 3.2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione dei criteri di apprezzamento della prova indiziaria, di cui all’art. 192 cod. proc. pen., e il vizio di motivazione. La sentenza impugnata avrebbe fatto mal governo del materiale istruttorio. Da un lato, non vi sarebbe prova adeguata che l’acquisto delle confezioni scadute fosse avvenuto presso la farmacia Angelini, avendo la cliente, nel medesimo arco temporale, comperato il Nomafen anche presso farmacie ulteriori, e non avendo ella riconsegnato alla prima farmacia le confezioni non conformi. Né la spedizione delle prescrizioni mediche all’Azienda sanitaria, né le movimentazioni del medicinale in entrata e in uscita dalla farmacia Angelini, sarebbero circostanze idonee a dimostrare la corrispondenza tra le confezioni suddette e i prodotti in quest’ultima commercializzati, aventi peraltro scadenze pluriennali. D’altra parte, la lettera, contenente le precise istruzioni ai dipendenti sulle modalità di smaltimento dei farmaci scaduti, sarebbe stata certamente adottata in data non sospetta, e meramente congetturale sarebbe l’ipotesi di un’impropria diffusione del suo testo ai dipendenti, ai quali -purtuttavia assolti- potrebbe semmai addebitarsi la negligente inosservanza delle istruzioni medesime. In realtà, in farmacia sarebbe stato vigente un preciso assetto organizzativo, in forza del quale il farmaco prossimo alla scadenza avrebbe dovuto essere cerchiato con un elastico, in modo da consentirne la pronta individuazione, e l’avvio allo smaltimento, una volta superata la data ultima di conservazione. La farmacia Angelini sarebbe di grandi dimensioni e le poche decine di confezioni non conformi, ivi rinvenute, rappresenterebbero una minima parte dell’approvvigionamento totale; dalla modestia di tale dato numerico si desumerebbe, peraltro, l’insussistenza dell’elemento doloso, e la riconducibilità dell’occorso, al più, ad accidentale disattenzione colposa. 3.3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce la violazione dei criteri di imputazione soggettiva della condotta, di cui agli arti. 42 e 43 cod. pen., e il vizio di motivazione. Anche a ritenere, come in principalità negato, la materialità del reato, difetterebbe in capo ad Angelini il dolo richiesto, quantunque generico. La sentenza impugnata, travisando il contenuto della testimonianza dell’autore della perquisizione di polizia giudiziaria, avrebbe incomprensibilmente negato l’idoneità delle cautele predisposte da Angelini per evitare la commercializzazione di farmaci scaduti, e avrebbe comunque trascurato la circostanza che di inosservanza di regole cautelari al più si sarebbe trattato, e conseguentemente potrebbe semmai configurarsi la fattispecie colposa di cui all’art. 452 cpv. cod. pen. 3.4. Con il quarto motivo il ricorrente deduce la violazione dell’art. 433 cod. pen., in relazione alle disposizioni di cui al titolo II, capo II, d.lgs. n. 219 del 2006, come modificato dal d.lgs. n. 274 del 2007. L’Aide Germanio, venduto ad Acquaroli, e la maggior parte dei farmaci rinvenuti negli scaffali, sarebbero prodotti omeopatici, privi di efficacia terapeutica. Rispetto ad essi non sarebbero configurabili le fattispecie ex artt. 443 e 452 cod. pen. 3.5. Con il quinto motivo il ricorrente prospetta l’incostituzionalità dell’art. 443 cod. pen., pacificamente interpretato dalla giurisprudenza nel senso dell’esclusione della punibilità della condotta di detenzione per la somministrazione, stante l’irragionevole differenziazione di tale ipotesi da quella – rilevante nel processo – di detenzione per il commercio. 3.6. Con il primo motivo aggiunto il ricorrente segnala l’intervenuta entrata in vigore dell’art. 12, comma 4, legge 11 gennaio 2018, n. 3, che avrebbe introdotto una fattispecie di illecito amministrativo (la detenzione di medicinali scaduti, guasti o imperfetti, se per la modesta quantità, le modalità di conservazione o l’ammontare delle riserve se ne possa escludere la destinazione al commercio), che segnerebbe la cessazione della rilevanza penale delle condotte ad Angelini contestate. Con il secondo motivo aggiunto il ricorrente deduce la violazione dell’art. 443 cod. pen., in quanto la detenzione per la somministrazione di farmaco scaduto non integrerebbe reato, prevedendo la legge solo la detenzione a fini di commercio, che non sarebbe ipotizzabile neppure a livello di tentativo. 4. La parte civile Acquaroli ha depositato tempestiva memoria nel giudizio di legittimità, a confutazione della proposta impugnazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Nelle more del presente giudizio di cassazione il reato di cui in imputazione si è prescritto, a norma degli artt. 157, primo comma, e 160, ultimo comma, cod. pen., essendo decorso dal fatto un tempo complessivamente superiore al limite massimo dei sette anni e mezzo. Poiché, come si dirà subito oltre, il ricorso supera nel suo insieme il vaglio d’ammissibilità, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, agli effetti penali, per sopravvenuta estinzione del reato causata dalla prescrizione. 2. Ai sensi dell’art. 578 cod. proc. pen., il ricorso deve essere comunque esaminato in relazione alle disposizioni della sentenza impugnata che concernono gli interessi civili. 3. A tale limitato fine viene anzitutto in considerazione il primo originario motivo, che deve giudicarsi infondato. La giurisprudenza di legittimità ha ripetutamente affermato — Sez. 5, n. 51248 del 05/11/2014, Cutrera, Rv. 261741-01; v. altresì Sez. 5, n. 10033 del 19/01/2017, Ioghà, Rv. 269455-01; Sez. 2, n. 2741 del 11/12/2015, dep. 2016, Ferrante, Rv. 265825-01; Sez. 2, n. 36438 del 21/07/2015, Bilotta, Rv. 264772- 01; Sez. 3, n. 35964 del 04/11/2014, dep. 2015, B., Rv. 264877-01; Sez. 5, n. 6335 del 18/10/2013, dep. 2014, Morante, Rv. 258948-01 — che non sussiste nullità dell’imputazione allorché il fatto sia stato contestato nei suoi elementi strutturali e sostanziali, in modo da consentire un completo contraddittorio e il pieno esercizio del diritto di difesa; la contestazione, inoltre, non va riferita soltanto al capo di imputazione in senso stretto, ma anche a tutti quegli atti che, inseriti nel fascicolo processuale, pongono l’imputato in condizione di conoscere in modo ampio l’addebito. Tali requisiti sono stati rispettati dalla contestazione odierna, in relazione alla quale Angelini ha potuto appieno difendersi. In ogni caso, la pretesa nullità rivestirebbe carattere relativo, ai sensi dell’art. 181, comma 3, cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 50098 del 24/10/2013, C., Rv. 257910-01; Sez. 5, n. 20739 del 25/03/2010, Di Bella, Rv. 247590-01; Sez. 5, n. 712 del 20/11/2009, dep. 2010, L., Rv. 245734-01), sicché essa, ove mai esistita, sarebbe ormai sanata in quanto non eccepita entro il termine previsto dall’art. 491 cod. proc. pen. 4. Infondati appaiono i motivi secondo e terzo del ricorso originario, inerenti rispettivamente i profili oggettivo e soggettivo della condotta. 4.1. La sentenza impugnata, infatti, ineccepibilmente motiva anzitutto in ordine alla materialità del reato, integrata dall’avvenuta cessione, o dalla detenzione prodromica, dei medicinali non conformi ad opera della farmacia Angelini. Per i medicinali scaduti che furono acquistati da Acquaroli, costituisce adeguata prova a carico già la deposizione della medesima persona offesa, opportunamente verificata nella sua credibilità e attendibilità (Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, Bell’Arte, Rv. 253214-01) e comunque rafforzata dalle prescrizioni mediche di riscontro. Per i medicinali scaduti rinvenuti sugli scaffali, la constatazione, che non offre il fianco a serie contestazioni, proviene direttamente dal personale di polizia giudiziaria operante. Tale profilo dell’imputazione non inerisce, peraltro, l’aspetto civilistico della causa, oggetto di residua cognizione in questa sede. Rispetto alla condotta dell’imputato sussiste, in relazione, una causalità almeno di tipo omissivo, stante la posizione di garanzia da lui rivestita come titolare dell’esercizio commerciale. 4.2. Quanto all’elemento psicologico del reato, esso è costituito dal dolo generico, integrato già dalla consapevole detenzione per il commercio di medicinali scaduti o imperfetti; la sua individuazione deve avvenire attraverso indici esterni significativi di tale consapevolezza (Sez. 1, n. 30113 del 06/02/2003, Fasiol, Rv. 225457-01). La sentenza impugnata al riguardo motiva in modo non illogico, sottolineando come la grande quantità di farmaci scaduti fosse espressiva di una disorganizzazione non meramente colposa, ma riconducibile ad un atteggiamento d’indifferenza, che rendeva prevedibile e probabile la commercializzazione di farmaci scaduti, sconfinando, sotto il profilo dell’accettazione del rischio, nel dolo eventuale. 5. Manifestamente infondati appaiono, infine, i motivi quarto e quinto del ricorso originario, e i motivi aggiunti. 5.1. Non è minimamente dubitabile, rispetto al quarto motivo, la riconducibilità del farmaco omeopatico al concetto di medicinale, stante l’ampia definizione allo scopo fornita dall’art. 1, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 219 del 2006, che vi include «ogni sostanza o associazione di sostanze presentata come avente proprietà curative o profilattiche delle malattie umane» (punto 1 della disposizione), nonché «ogni sostanza o associazione di sostanze che può essere utilizzata sull’uomo o somministrata all’uomo allo scopo di ripristinare, correggere o modificare funzioni fisiologiche, esercitando un’azione farmacologica, immunologica o metabolica, ovvero di stabilire una diagnosi medica» (punto 2). E’ dunque palesemente errato restringere il concetto di medicinale ai soli preparati che svolgono una funzione terapeutica validata, e del resto il decreto legislativo citato – che attua la direttiva europea n. 2001/83/CE, e successive modificazioni, relativa ad un codice comunitario concernente i medicinali per uso umano – ricomprende nel suo ambito i prodotti omeopatici, sottoponendoli a procedure di registrazione, in taluni casi semplificata, ed etichettatura, al rispetto di standard di sicurezza e, di regola, a farmaco-vigilanza. Anche il farmaco omeopatico scaduto costituisce dunque un medicinale «imperfetto», nel senso richiesto dall’art. 443 cod. pen. 5.2. Manifestamente infondata risulta la questione di legittimità costituzionale, prospettata con il quinto motivo. Il diritto penale è strutturalmente frammentario. Esso protegge selettivamente determinati beni e determinate modalità di aggressione dei beni medesimi. Dalla mancata estensione della punibilità a fattispecie affini od omogenee a quella oggetto d’incriminazione non può mai derivare, di per sé, l’illegittimità di quest’ultima. 5.3. Quanto al primo motivo aggiunto, la nuova fattispecie di illecito amministrativo si applica alla detenzione di medicinali scaduti, ove si possa ritenere in concreto – in base ad indicatori, quali tra l’altro la modesta quantità di prodotto e le modalità di stoccaggio – la loro mancata destinazione al commercio. Ma è proprio siffatta destinazione che la sentenza impugnata motivatamente ravvisa, quanto ai farmaci sequestrati all’interno della farmacia e sui suoi scaffali, mentre i farmaci ulteriori, di cui in imputazione, sono stati oggetto di commercializzazione effettiva. 5.4. Il secondo motivo aggiunto è del tutto inconferente, perché sono state contestate e ritenute – come non sorprende, trattandosi di farmacia – la commercializzazione di medicinali, e la loro detenzione per il commercio, e non già la detenzione per la somministrazione. 6. Per le considerazioni che precedono, le statuizioni civili della sentenza impugnata debbono essere confermate. Soccombente sul punto, l’imputato deve essere condannato alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla costituita parte civile, che, tenuto conto dell’impegno defensionale profuso, si liquidano come da dispositivo„
P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione, ferme restando le statuizioni civili. Condanna Angelini Danielt,Maria alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile, che liquida in complessivi euro 3.500,00 oltre spese generali nella misura del 15%, C.P.A. e I.V.A. Così deciso il 15/05/2019 Il Consigliere estensore Francesco Centofanti
Il Presidente Adriano Iasillo