Negli ultimi anni, migliaia di italiani sono incappati nella multa da targhe alterne, contravvenzione che la polizia municipale applica a chi circola in città con una targa pari – per fare un esempio – nel giorno in cui è consentito muoversi per le vie del centro solo alle auto con targa dispari.
Il provvedimento adottato da molte pubbliche amministrazioni è finalizzato a diminuire il numero di autovetture circolanti e di conseguenza ad abbassare il livello di inquinamento atmosferico, tuttavia la misura ha sempre scatenato polemiche tra gli automobilisti. Recentemente, la Corte di Cassazione ha fatto un’importante precisazione al riguardo esaminando il ricorso di una signora di Città di Castello che ha preso una multa per violazione delle targhe alterne a Roma.
I giudici della Suprema Corte, infatti, hanno sentenziato (n.15769) che non si possono elevare sanzioni agli automobilisti che vivono in altre zone e non rispettano le targhe alterne se il Comune non dimostra di aver delimitato l’area soggetta a divieto con appositi cartelli e con un’informazione adeguata.
Nella fattispecie, inoltre, i mass media locali avevano dato notizia del calendario delle targhe alterne, ragion per cui il giudice di pace aveva dato torto alla signora. Ma l’indomita automobilista non si è persa d’animo e alla fine l’ha spuntata: la Cassazione le ha dato ragione perché il comune avrebbe infatti dovuto mettere dei veri e propri cartelli stradali, non essendo sufficienti quelli luminosi presenti in città o avrebbe dovuto dimostrare che l’informazione aveva raggiunto anche gli automobilisti fuori sede.