Con frutta e verdura, pane, miele e vino, mangiamo anche chimica. Nei nostri piatti aumentano i prodotti contaminati da uno o più residui di pesticidi, passati dal 27,5% del 2009 al 32,7% nel 2010, e salgono anche i campioni irregolari che quest’anno crescono dall’1,2% del 2009 all’1,5%. Diminuiscono di conseguenza a 65,8% i prodotti ritenuti sani, cioè senza tracce di molecole chimiche (71,3% nel 2009), ma soprattutto scende anche il numero di campioni analizzati, che passano dagli 8.764 dello scorso anno agli attuali 8.560 (-204).
Insomma, quest’anno solo il 50% della frutta risulta incontaminata mentre, a 32 anni dalla sua messa al bando, ricompaiono tracce di Ddt in un campione di insalata analizzato in Friuli. A rilevarlo è l’annuale ‘Rapporto sui residui di fitofarmaci nei prodotti ortofrutticoli e derivati commercializzati in Italia’ di Legambiente, elaborato sulla base dei dati ufficiali forniti da Arpa, Asl e laboratori zooprofilattici di tutte le regioni italiane e diffuso oggi a Roma durante una conferenza stampa cui hanno preso parte il responsabile Agricoltura di Legambiente e senatore del Pd, Francesco Ferrante; il presidente del Movimento difesa del cittadino (Mdc), Antonio Longo; il presidente dell’Unione nazionale associazioni apicoltori italiani (Unaapi), Francesco Panella, e il presidente nazionale di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza. In particolare, rileva il Rapporto di Legambiente, tra le verdure il 76,4% dei campioni risulta regolare senza residui (erano l’82,9% nel 2009); 45 sono i campioni fuori legge (1,3% contro lo 0,8% dello scorso anno), mentre il 22,3% risulta contaminato da uno (15,8%) o più residui (6,5%, erano il 3,5% nel 2009). E ancora. Diminuiscono i campioni di frutta irregolari per residui oltre i limiti consentiti o per molecole non autorizzate, passando dal 2,3% dello scorso anno all’1,2%, mentre aumentano quelli regolari ma contaminati da uno (22%) o più residui (26,4%), che passano nel complesso dal 43,9 al 48,4%. Nel Rapporto di Legambiente non mancano anche dati sui prodotti derivati, tra i quali miele, pane o vino. Nel 2010 il 77,7% risulta regolare senza residui, contro l’80,5% del 2009; il 10,3% è regolare con un residuo e il 9,3% contiene più di un residuo contemporaneamente. Il 2,7% di questi prodotti, inoltre, risulta addirittura irregolare (39 campioni su 1.435): una novità rispetto agli anni precedenti, quando la percentuale era pari a zero. E lo scenario vede coinvolte tutte le regioni italiane tranne il Molise che, riferisce Daniela Sciarra, curatrice del decimo Rapporto di Legambiente, “si è dimostrata la regione meno virtuosa nel fornire dati e informazioni, contro l’Emilia Romagna in testa per collaborazione e informazioni. Anche quest’anno, insomma – aggiunge Sciarra – al Molise va la maglia nera, non ci ha mandato nessuna notizia”. Virtuose in termini di informazioni fornite si sono rivelate invece regioni quali la Campania, la Basilicata, la Toscana e il Friuli. “Anche se i produttori puntano di più alla qualità, sono ancora troppi i campioni più irregolari ed è ancora fuorilegge l’1% dei prodotti”, spiega Ferrante che, riguardo i comportamenti virtuosi o meno delle regioni, sottolinea: “I campioni sono rilevati nei mercati e la provenienza dei prodotti è varia, arrivano cioè anche da mercati stranieri. Quest’anno però non ci sono pervenute informazioni sulla provenienza degli alimenti mentre negli anni passati quelli Made in Italy risultavano più sani”, precisa. “L’obiettivo di Legambiente – aggiunge Sciarra – è quello di dare la maggiore completezza di informazioni possibili. Continueremo a chiedere alle Arpa anche la tracciabilità e la provenienza dei prodotti in analisi”. “La normativa vigente ha portato ad un maggiore controllo delle sostanze attive impiegate nella produzione dei formulati e l’armonizzazione europea dei limiti massimi di residuo consentito (Lmr) ha rappresentato un importante passo in avanti”, afferma Dezza. “Il Rapporto registra poi un lento, ma graduale miglioramento rispetto agli anni passati, a testimonianza della maggiore attenzione da parte degli operatori agricoli alla salubrità dei cibi e alle richieste dei consumatori, sempre più favorevoli ai prodotti provenienti da un’agricoltura di qualità. Nonostante ciò, però, risulta ancora troppo alta la percentuale dei prodotti contaminati da uno o più tipi di pesticidi”, puntualizza “La strada da percorrere per raggiungere un uso sostenibile dei fitofarmaci è ancora molto lunga – dice Ferrante – Rimane infatti il problema del cosiddetto multiresiduo, cioè l’effetto sinergico dovuto alla presenza contemporanea di differenti principi attivi sul medesimo prodotto, e quello della rintracciabilità di pesticidi revocati oltre il termine fissato per lo smaltimento delle scorte. Non esiste un riferimento specifico nella normativa che stabilisca per i laboratori un termine temporale oltre il quale tracce, anche al di sotto del limite consentito di pesticidi revocati, come il Ddt, siano da indicare come irregolari”, prosegue Ferrante che per questo ha presentato un Ddl per promuovere la ricerca sugli effetti sinergici del cocktail chimico e la regolamentazione della normativa sul multi residuo. Preoccupato dai risultati del rapporto si è detto Longo, “sia per l’aumento dei campioni con multiresidui, sia per le criticità risultati doppie in percentuale nella verdura rispetto allo scorso anno. I consumatori, quindi, devono sempre più stare attenti ad osservare le regole di igiene nell’uso di frutta e verdura, educando soprattutto i ragazzi. Cogliamo l’occasione inoltre per denunciare l’intenzione del Governo di azzerare l’Agenzia nazionale per la sicurezza alimentare. E’ una scelta miope, che contraddice tante assicurazioni dei ministri delle Risorse agricole e della Salute che va respinta con decisione”