Confermata la censura e la condanna da parte della Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato per violazione del codice del consumo relativamente alla pratica commerciale posta in essere da una associazione medica e consistente nella apposizione su prodotti commercializzati da vari operatori la dicitura “approvato da ….”, in quanto frutto non del superamento di procedure di verifica da parte della federazione circa le caratteristiche intrinseche dei prodotti, ma di contratti a titolo oneroso volti a incrementare la vendita dei prodotti stessi, e tale da indurre i consumatori – specie in ragione della provenienza da un organismo professionalmente qualificato – ad attribuire ai prodotti cosiddetti approvati qualità ulteriori rispetto a quelli privi della suddetta “garanzia”.
Consiglio Stato sez. VI, Sent. n. 4795 del 21.07.2010
FATTO e DIRITTO
1. Viene in decisione l’appello proposto dalla F. I. M. X. (di seguito Y.) avvero la sentenza del T.a.r. Lazio, di estremi indicati in epigrafe, che ha respinto i ricorsi proposti in primo grado per l’annullamento dei seguenti atti assunti dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (di seguito AGCM): a) deliberazione assunta nell’adunanza del 3 luglio 2008, con la quale è stato deliberato che “il comportamento della Federazione Italiana Medici X. consistito nell’aver fornito delle informazioni non veritiere nel corso del procedimento amministrativo principale PS/411 integra la fattispecie di cui all’art. 27, comma 4, del Codice del Consumo”, disponendosi, conseguentemente, l’irrogazione della sanzione amministrativa pecuniaria di 40.000,00; b) deliberazione del 31 luglio 2008 resa dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con la quale è stato ritenuto che la pratica commerciale descritta al punto III, lett. b), posta in essere dalla ricorrente Federazione Italiana Medici X. e dalle società Y. P., Gruppo N., B., S. e L. costituisce una pratica commerciale scorretta ai sensi degli artt. 20, 21 e 23, lett. d) del Codice del Consumo, vietandone l’ulteriore diffusione ed irrogando nei confronti dei soggetti di cui sopra sanzione amministrativa pecuniaria.
2. La sentenza di primo grado ha respinto i ricorsi confermando la scorrettezza, per violazione degli artt. 20 e 21, lett. b) e c), e 23, lett. d) del codice del consumo, della pratica commerciale posta in essere da Y. e consistente nell’apposizione su prodotti commercializzati da vari operatori della dicitura “Approvato da Y.”, in quanto frutto non del superamento di procedure di verifica da parte di Y. sule caratteristiche intrinseche dei prodotti, ma di contratti a titolo oneroso volti a incrementare la vendita dei prodotti stessi, e tale da indurre i consumatori – specie in ragione della provenienza da un organismo professionalmente qualificato – ad attribuire ai prodotti “approvati Y.” qualità ulteriori rispetto a quelli privi della suddetta “garanzia”.
In particolare, nel respingere i ricorsi, il T.a.r. ha confermato la rilevanza della condotta posta in essere da Y. quale violazione dell’art. 27, comma 3, del codice del consumo, riconoscendo l’adeguatezza della relativa sanzione pecuniaria.
3. Avverso tale decisione ha proposto appello Y., chiedendone la riforma.
4. L’appello non merita accoglimento.
5. Va innanzitutto respinto il motivo di ricorso con cui si lamenta che i comportamenti sanzionati sarebbero stati posti in essere da soggetti terzi (GestiY. e, successivamente, Y. P., a quest’ultima subentrata). La Federazione appellante sostiene in particolare che, avendo affidato a GestiY. prima e a Y. P. poi l’utilizzo del proprio logo, è rimasta del tutto estranea ai contratti stipulati da queste ultime con le aziende cui è stato concesso l’uso del logo e non ne ha ricavato alcuna utilità economica.
Va rilevato infatti che GestiY. s.r.l. e Y. P. s.r.l., società entrambe partecipate da Y. (la prima all’85%, la seconda al 100%) hanno posto in essere l’attività di gestione del logo Y. sulla base di apposito incarico ricevuto da Y., la quale, pertanto, non può dirsi estranea ai contratti stipulati dalle predette società, avendo queste agito come mandatarie delle Federazione.
6. Risultano infondati anche i motivi con cui si contesta la qualificazione del comportamento censurato in termini di pratica commerciale scorretta.
Dall’istruttoria effettua dall’AGCM è infatti emerso in maniera incontestabile che: a) la Federazione e, per suo tramite, le società di cui si è avvalsa per il rilascio del permesso di uso del logo, non si sono dotate di criteri generali ed oggettivi da porre alla base del riconoscimento “Approvato dalla Y.”; b) il riconoscimento del logo non è stato preceduto da alcuna valutazione o analisi comparativa, né i prodotti sono stati sottoposti a test finalizzati a verificarne le peculiarità in presenza delle quali addivenire al contratto, trattandosi di una mera operazione commerciale di concessione dell’uso del logo dietro pagamento di un corrispettivo.
Tale pratica commerciale, come correttamente rilevato nel provvedimento dell’AGCM, si pone certamente in contrasto con le prescrizioni del Codice del Consumo in quanto è idonea ad ingenerare nel consumatore falsi affidamenti in ordine alle caratteristiche dei prodotti, in modo da farli percepire come dotati di requisiti ulteriori e migliorativi rispetto ai beni appartenenti alla medesima categoria. In particolare, la presenza del termine “approvato” può indurre a ritenere esistente una specifica procedura di validazione e controllo dei prodotti, subordinata al rispetto di specifiche condizioni, svolta dall’ente rappresentativo dei medici specializzati in X.a, dando così l’idea di una particolare qualità ed idoneità di tutti i prodotti per i bambini che riportano il logo Y.. Del resto, una Federazione di medici X. gode di un particolare credito da parte dei consumatori e, quindi, l’approvazione da essa rilasciata è idonea ad orientarne le scelte.
7. Infondati sono anche i motivi concernenti l’entità della sanzione, che trova piena giustificazione, oltre che nella oggettiva gravità della condotta, nel ruolo istituzionale della Y. e nel particolare credito di cui essa gode da parte dei consumatori.
8. Non possono essere accolti neanche i motivi di ricorso con cui si contesta la sanzione comminata per avere fornito informazioni non veritiere.
Risulta, infatti, dagli atti che la Y. ha omesso di fornire all’Autorità elementi conoscitivi rilevanti ai fini dell’accertamento della pratica commerciale oggetto del procedimento principale. In particolare, ha omesso di rivelare, nonostante la richiesta istruttoria dell’AGCM, la costituzione della Y. P. e la stipulazione da parte di quest’ultima di due ulteriori contratti di utilizzazione del logo Y. con le società S. e B..
Tale omissione è imputabile a Y. almeno a titolo di colpa grave, in considerazione del fatto che, come puntualmente evidenziato nel provvedimento impugnato, il legale rappresentante della Y. era parte dell’atto costitutivo di Y. P. e che questa è interamente partecipata da Y.. La Federazione, quindi, non poteva non sapere che la revoca del mandato a GestiY. non era sufficiente ad escludere l’attualità della pratica, atteso che era stata costituita altra società (Y. P. S.r.l.), interamente partecipata da Y. e finalizzata, tra altro, alla gestione dell’uso del logo “approvato dalla Federazione Italiana Medici X.”.
Anche in relazione a tale violazione, la gravità del comportamento e il ruolo anche istituzionale delle Federazione giustifica l’entità della sanzione.
9. Il ricorso in definitiva deve essere respinto, dovendosi confermare la sentenza di primo grado.
La complessità delle questioni esaminate giustifica la compensazione delle spese di giudizio.