Considerato che il contribuente svolge la sua attività in una sede corrispondente ai requisiti indicati dall’ASL committente; considerato, altresì, che non dispone di alcun bene capitale diverso da quelli necessari ad autorganizzare il proprio lavoro; preso nota che i compensi a terzi sostenuti nell’anno 2005 si riferiscono a somme versate al medico che lo ha sostituito per “grave impedimento”; si deve convenire che il contribuente esercita la propria attività professionale in assenza del requisito dell’organizzazione e che, quindi, per questo motivo non e assoggettabile al tributo preteso dall’Agenzia delle entrate.
Commiss. Trib. Reg. Piemonte Torino Sez. XXVIII, Sent., 27-12-2010, n. 99
Svolgimento del processo
Con distinti ricorsi n. 248/08 del 5/03/2008 e n. 1069/08 del 19/12/2008 rispettivamente notificati a controparte in data 4/03/2008 e 4/12/2008, il dott. Fr.DE.MA., medico pediatra di base, rappresentato e difeso dal commercialista dott. Lo.DU., presso il cui studio di Alessandria, c.so (…) eleggeva domicilio ai fini dei procedimenti in oggetto, ricorreva alla Commissione tributaria provinciale di Alessandria avverso le cartelle di pagamento n. (…) notificata il 31/01/2008 e n. (…) notificata l’3/10/2008, per omesso versamento del tributo IRAP per gli anni d’imposta 2004 e 2005.
Il ricorrente sosteneva di esercitare la professione di medico di base del tutto priva di strumenti, senza impiego di personale dipendente e condividendo con altri medici i locali di uno studio per ricevere i pazienti.
Pertanto, visto l’art. 2 del D. Lgs n. 446/1997. la sentenza della Corte Costituzionale n. 156/2001, numerose sentenze della Corte di Cassazione e delle corti di merito, non riteneva di essere soggetto all’imposta contestata in quanto l’attività svolta non presentava i caratteri dell’autonoma organizzazione richiesti dalla legge per ravvisare il presupposto dell’imposta in oggetto.
Per i motivi sopra esposti chiedeva l’accoglimento dei ricorsi riuniti e ricordava che la sez. 1 della medesima C.T.P. aveva accolto gli analoghi ricorsi per gli anni d’imposta 2001,2002 e 2003.
In data 5/02/2009 presentava istanza di riunione dei due distinti procedimenti a norma dell’art. 29, comma 1, del D. Lgs. n. 546/1992, in quanto si configura l’ipotesi di connessione sia oggettiva che soggettiva.
In data 13/02/2009 il difensore del ricorrente depositava memoria illustrativa con la quale ricordava che:
1. il medico convenzionato con l’ASL svolge un lavoro di tipo parasubordinato in quanto è vincolato allo svolgimento dell’attività con la caratteristica dell’esclusività;
2. l’attività è rigidamente organizzata dal l’ASL, la quale regola gli orari relativi all’attività ambulatoriale, alle visite domiciliari e alle visite programmate per la gestione dei malati cronici. A tale proposito richiamava la sentenza della Corte di Cassazione n. 25220 del 15/10/2008 che esclude, per i motivi sopra esposti, l’esistenza di un’organizzazione autonoma in capo ai medici convenzionati;
3. la creazione di studi medici associati è anch’essa dettata dalle indicazioni dell’ASL, la quale dapprima ha raccomandato l’istituzione di tali aggregazioni e successivamente ne ha previsto l’obbligatorietà a partire dall’anno 2009;
4. le aggregazioni di cui al punto 3) non hanno alcun impatto sul volume del reddito del medico convenzionato ed inoltre lo studio medico associato è già assoggettato all’IRAP quale soggetto autonomamente organizzato.
L’Agenzia delle entrate – Ufficio di Alessandria si costituiva in giudizio con memorie depositate rispettivamente il 2/05/2008 e il 23/01/2009.
Eccepiva, in via pregiudiziale, l’inammissibilità del ricorso per violazione dell’art. 19, D. Lgs. n. 546/1992, poiché le cartelle di pagamento non erano state impugnate per vizi propri e discendevano direttamente da quanto esposto dal contribuente stesso nelle proprie dichiarazioni dei redditi. Richiamava e allegava, ai riguardo, la sentenza n. 41/19/07 della C.T.R. di Venezia del 13/12/2007.
Nel merito rilevava che la sentenza n. 156/2001 della Corte Costituzionale non contiene alcuna esplicita esclusione dall’IRAP per specifiche categorie di contribuenti ed ha rimarcato la necessità di una verifica ‘caso per caso” della sussistenza del requisito dell’autonoma organizzazione che giustifica la pretesa impositiva.
Rilevava, inoltre, che il requisito dell’autonomia organizzativa contraddistingue le attività esercitate da tutti i soggetti passivi indicati nell’art. 3 del decreto istitutivo dell’IRAP e, quindi, anche le persone fisiche esercenti arti e professioni di cui all’art. 49, comma 1, del TUIR.
Con riferimento alla situazione del ricorrente, l’Ufficio sosteneva che esso svolge l’attività di medico libero professionista disponendo di un locale di 40 mq. e dichiarando:
– nell’anno 2003, beni strumentali del valore complessivo di Euro 12.911, canoni di locazione finanziaria e non finanziaria relativi a beni mobili, compensi a favore di terzi per Euro 6.516;
– nell’anno 2005, beni strumentali del valore complessivo di Euro 5.619 e spese per consumi, affitto locali, ecc. per Euro 16.020.
Concludeva con le seguenti richieste:
– in via preliminare, dichiarare inammissibile il ricorso n. 1615/08 in quanto l’atto in contestazione non è stato impugnato per vizi propri,
– nel merito, respingere i ricorsi riuniti confermando la validità dell’operato dell’Ufficio;
– condannare controparte alla rifusione delle spese di giudizio.
La Commissione tributaria provinciale di Alessandria con sentenza n. 46/5/09 pronunciata il 7/04/2009 accoglieva i ricorsi riuniti per connessione e dichiarava compensate le spese di lite ritenendo che il contribuente aveva dimostrato di esercitare la propria attività in assenza di qualsivoglia organizzazione. Affermava poi che “… deve considerarsi elemento essenziale nell’individuazione dell’esistenza o meno di un’attività autonomamente organizzata, la necessità della presenza del professionista per l’esercizio dell’attività stessa”, con l’effetto che, essendo il ricorrente un medico di base, la sua presenza era indispensabile e doveva essergli riconosciuto l’esonero dall’applicazione del tributo.
L’Agenzia delle entrate – ufficio di Alessandria notificava appello al contribuente a mezzo del servizio postale in date 20/05/2010 e lo depositava presso la segreteria di questa C.T.R. in data 28/05/2010.
L’Ufficio lamentava, in via preliminare, violazione dell’art. 112 c.p.c, avendo la C.T.P. omesso di pronunciarsi sull’inammissibilità dei ricorsi per difetto d’impugnazione per vizi propri delle cartelle di pagamento in oggetto, formalmente eccepita dall’Ufficio negli atti di costituzione in giudizio. Sosteneva, quindi, che le cartelle scaturiscono dal controllo formale ex art. 36 bis del DPR. n. 600/1973 sulle dichiarazioni Mod. Unico/2005 e Mod. Unico/2006, da cui era emerso il mancato versamento degli importi dallo stesso contribuente dichiarati.
Con il secondo motivo d’appello l’Agenzia delle entrate eccepiva che la sentenza impugnata risulta comunque viziata perché non si è pronunciata sull’irregolarità compiuta dal contribuente, e sull’eccezione conseguentemente formulata dall’Ufficio, relativamente all’omissione dei versamenti dovuti in base alle dichiarazioni dallo stesso presentate. A tale riguardo rilevava che i ricorsi in primo grado avevano insistito esclusivamente sulla mancanza del requisito dell’autonomia organizzazione, nulla osservando su eventuali errori compiuti nella compilazione della dichiarazione.
Con il terzo motivo lamentava, infine, nel merito, la mancata considerazione da parte dei giudici di prime cure dei dati emergenti dalle dichiarazioni dei redditi presentate dal contribuente negli anni di riferimento e dettagliatamente esposti nelle memorie presentate in prime cure. Richiamava al riguardo numerose sentenze della Corte di Cassazione (n. 3676 ed altre del 16/02/2007, n. 5019 ed altre del 5/03/2007, n. 8166 del 2/04/2007) che affermano la sussistenza di un’autonoma organizzazione qualora il professionista disponga di uno studio attrezzato o si avvalga della collaborazione di terzi.
Concludeva con le seguenti domande:
– in via preliminare, dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi stante l’omessa impugnazione delle cartelle per vizi propri;
– in via subordinata, nel merito, accogliere l’appello con conseguente conferma della legittimità delle cartelle di pagamento impugnate.
– in ogni caso, condannare controparte alla refusione delle spese di lite per entrambi i gradi di giudizio.
Il dott. DE.MA. controdeduceva in data 3/08/2010 per chiedere la conferma della sentenza impugnata, con condanna di parte appellante al pagamento delle spese di causa.
Ricordava, inoltre, che le somme indicate dall’Ufficio come “compensi a terzi nell’anno 2004, sono compensi pagati al medico che lo ha sostituto nei due mesi in cui, per grave impedimento, non aveva potuto svolgere direttamente la normale attività professionale.
Richiamava, infine, numerose sentenze della Cassazione e in particolare la n. 3674 del 16/02/2007 che aveva escluso l’applicazione dell’imposta ad un medico pediatra convenzionato con l’ASL, operante senza l’ausilio di un dipendente e mediante l’impiego di beni strumentali limitati.
All’odierna udienza di discussione, udito il relatore che espone i fatti e le questioni della controversia, visti gli atti, la Commissione espone i seguenti
Motivi della decisione
I primi giudici, giusto quanto eccepito dall’appellante con il primo motivo di doglianza, hanno omesso di pronunciarsi sull’istanza di inammissibilità dei ricorsi per difetto d’impugnazione delle cartelle esattoriali di cui è causa.
L’eccezione, tuttavia, è palesemente infondata e deve essere rigettata.
L’Agenzia delle Entrate, ha ritenuto che una cartella possa essere impugnata solo per vizi propri, ex art. 19, comma 3, D. Lgs. n. 546/1992, del tutto omettendo di applicare l’ultima parte dello stesso art. 19, comma 3, secondo il quale “La mancata notificazione di atti autonomamente impugnabili, adottati precedentemente all’atto notificato, ne consente l’impugnazione unitamente a quest’ultimo”.
Poiché nel caso di specie la Agenzia delle Entrate, sulla base della dichiarazione dei redditi, emise direttamente il ruolo, sul quale fu poi formata la cartella impugnata; poiché prima di essa nessun atto autonomamente impugnabile fu emesso da parte appellata; poiché detto atto omesso concerne l’assoggettamento ad IRAP del reddito dichiarato dalla contribuente; consegue che la cartella è impugnabile anche per il merito del rapporto tributario, unitamente all’atto presupposto ma mai formato.
Donde la patente ammissibilità dei ricorsi notificati da parte appellata a parte appellante in data 4/03/2008 e 4/12/2008.
Il secondo motivo di ricorso, inerente la mancata pronuncia dei primi giudici relativamente all’omissione dei versamenti dovuti in base alle dichiarazioni dei redditi presentate dallo stesso contribuente, analogamente al primo, è palesemente infondato e deve essere rigettato.
I giudici dì primo grado hanno chiaramente condiviso, corredando la convinzione con appropriate valutazioni in fatto e in diritto, la pretesa del contribuente di essere totalmente esonerato dall’applicazione del tributo. Affermare che il contribuente nulla deve al Fisco e che, conseguentemente, esso non ha commesso alcuna irregolarità, costituisce una risposta implicita e indiretta alla domanda operata dall’Agenzia delle entrate. Anche se implicitamente, la conclusione dei primi giudici sul punto centrale della controversia è assorbente rispetto all’ulteriore domanda, necessariamente subordinata alla precedente.
Ciò è sufficiente, quindi, anche ad avviso di questo collegio, a rigettare la pretesa dell’Ufficio e a ritenere legittima la sentenza di primo grado.
Con il terzo e ultimo motivo l’appellante censura la sentenza di primo grado perché non valorizza i dati di fatto emergenti dalla dichiarazione dei redditi ed attestanti l’esistenza di quell’autonoma organizzazione di cui all’art. 2, comma 1, del D.Lgs. n. 446/1997, che giustificano l’assoggettamento dei lavoratori autonomi all’imposta regionale sulle attività produttive.
In via preliminare la Commissione rileva che, sul punto, non è condivisibile l’assunto sostenuto dall’Agenzia delle entrate in base al quale è ragionevole presumere che il concetto di attività organizzata è già insito in quello di esercizio di professione abituate.
Tale assunto può essere ritenuto vero in un’accezione puramente letterale e formale, non già se se ne assume il significato tecnico-economico, al quale, vista l’equiparazione formulata nel testo normativo tra attività d’impresa e attività di lavoro autonomo, sembra riferirsi il legislatore.
Se per l’impresa, infatti, è pacifico ritenere che l’attività dell’imprenditore sia organizzata in quanto si avvale di capitale (tecnico e finanziario), dì lavoro altrui e di ogni altro rapporto giuridico ordinato al raggiungimenti dello scopo produttivo a cui quell’attività è finalizzata, altrettanto deve necessariamente ritenersi anche per le attività di lavoro autonomo.
Un’attività di lavoro autonomo che, al contrario, non si avvale degli elementi sopra richiamati Canoni di locazione non finanziaria 7.708,001 – 8.138,00
Spese 12.067,00 – 19.300,00
Compensi a terzi 6.516,001 – ====
Considerato, quindi, che il contribuente svolge la sua attività in una sede corrispondente ai requisiti indicati dall’ASL committente; considerato, altresì, che non dispone di alcun bene capitale diverso da quelli necessari ad autorganizzare il proprio lavoro; preso nota che i compensi a terzi sostenuti nell’anno 2005 si riferiscono a somme versate al medico che lo ha sostituito per “grave impedimento”; si deve convenire che il contribuente esercita la propria attività professionale in assenza del requisito dell’organizzazione e che, quindi, per questo motivo non e assoggettabile al tributo preteso dall’Agenzia delle entrate.
Le spese, ai sensi dell’art. 15 del D. Lgs. n. 546/1992, seguono la soccombenza e sono definite forfettariamente in Euro 400,00 a titolo di onorario, oltre gli accessori di legge. Non spettano i diritti e il compenso forfettario del 12,50% a titolo di spese, atteso che l’attività difensiva del funzionario si è svolta nell’ambito del rapporto di immedesimazione organica con l’ente appellante e che il funzionario non ha sostenuto spese di sorta, le medesime gravanti sulla Agenzia delle Entrate.
P.Q.M.
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del PIEMONTE
Sezione XXVIII
visti gli artt. 61 e 35 D.Lgs. 31/12/1992, n. 546;
respinge l’appello.
condanna
l’appellante al pagamento delle spese del presente grado di giudizio che liquida in complessivi Euro 400,00 a titolo di onorario, oltre accessori di legge.