La questione sottoposta al vaglio del Consiglio di Stato è stata determinata dalla diversa posizione assunta da un Comune e dalla ASL relativamente al soggetto tenuto al pagamento delle spese sostenute da un Istituto presso cui era stata ricoverata una donna affetta da gravi problemi di ritardo mentale, cerebropatia ed epilessia.
In primo grado al Comune erano state addossate le spese di natura strettamente assistenziale e di ricovero (vitto, alloggio, pulizia e simili); all’Azienda, invece, le spese per le attività di riabilitazione e cura nonché tutte le altre di natura sanitaria. Il Comune ha impugnato la decisione del TAR.
Consiglio di Stato – Sez. III; Sent. n. 790 del 16.02.2012
FATTO e DIRITTO
1. La sig.a X. Di X., affetta da gravi problemi di ritardo mentale, cerebropatia infantile ed epilessia, è stata ricoverata nel 1980 presso l’Istituto Santa W. ubicato in Comune di Y. (prov. di Livorno), gestito dalla Fondazione Casa Cardinale Maffi.
Alla anzidetta Fondazione ha corrisposto le spese di spedalità per il ricovero della sig.a Di X. la Azienda U.S.L. n.9 di Trapani, essendo la paziente residente all’atto del ricovero nel Comune di K. del K.; ma successivamente alla cancellazione della stessa dall’anagrafe dei residenti del Comune di K. del K., avvenuta in data 21.10.2001, la Azienda interrompeva i pagamenti.
2. Avendo la Fondazione ottenuto decreto ingiuntivo a carico di detta Azienda per un totale di euro 105.054,93 più interessi legali, ed avendo il Tribunale civile di Livorno, davanti al quale l’Azienda aveva fatto opposizione al decreto ingiuntivo, dichiarato il proprio difetto di giurisdizione, la Fondazione ha proposto ricorso in riassunzione davanti al TAR Toscana chiedendo la declaratoria del diritto a conseguire il pagamento delle rette di ricovero della sig.a Di X. (dal 21 novembre 2001 ad oggi): in via principale dalla Azienda U.S.L. n.9 di Trapani (ove le prestazioni rese in favore della paziente siano considerate di tipo socio-sanitario); in via subordinata a carico del Comune di K. del K. (se le prestazioni stesse siano ritenute di tipo socio-assistenziale).
3. Con sentenza 4 giugno 2010, n.2703 il TAR adito ha accolto il ricorso addossando al Comune di K. del K. “le spese di natura più strettamente assistenziale e di ricovero (vitto, alloggio, pulizia et similia, atteso che si tratta di prestazioni ulteriori rispetto alla assistenza sanitaria…); e addossando invece alla Azienda “le spese per le attività di riabilitazione e cura… nonché tutte le altre spese di natura sanitaria…”. Ha pertanto condannato Comune e Azienda al pagamento delle spese sostenute dalla Fondazione secondo la anzidetta ripartizione, ed a corrispondere sulle somme da pagare da parte di ciascuno, gli interessi legali o, se superiore, la rivalutazione monetaria dalla data della mora e fino alla data della liquidazione di detti crediti; nonché, fino al soddisfo, gli interessi legali sulle somme rivalutate (o assoggettate ad interessi legali, se la rivalutazione è di entità inferiore).
4. Nei confronti della anzidetta pronuncia il Comune di K. del K. ha interposto appello sostenendo che laddove nelle prestazioni erogate all’assistito sia prevalente l’assistenza sanitaria rispetto a quella socio-assistenziale, come nella fattispecie in esame, le relative spese debbono far carico interamente alla Azienda.
Si è costituita in giudizio l’Azienda la quale ha contestato la fondatezza dell’atto di appello e chiesto la conferma della sentenza di primo grado.
Si è anche costituita la Fondazione Casa Cardinale Maffi la quale ha dichiararto che per essa è indifferente quale delle due Amministrazioni (Comune o Azienda sanitaria) debba provvedere al rimborso delle spese sostenute, purchè una delle due vi provveda.
5. L’appello del Comune è fondato.
Come è noto, nel vigente ordinamento si distinguono prestazioni sanitarie da quelle strettamente socio-assistenziali: le prime di competenza delle Aziende sanitarie ed a carico del Servizio Sanitario Nazionale, le seconde di competenza dei Comuni. E’ peraltro noto che il confine tra le due categorie è spesso incerto, e non infrequente è il carattere misto della prestazione o delle prestazioni effettuate in favore del singolo soggetto nell’arco temporale, spesso lungo,della sua degenza.
E ciò avviene in modo particolare per le patologie mentali.
E’ stato più volte ribadito da questo Consiglio che in materia di assistenza ai malati di mente, ove insieme ai trattamenti farmacologici e sanitari siano erogate anche prestazioni socio-assistenziali, l’attività va considerata comunque di rilievo sanitario e pertanto di competenza del Servizio Sanitario Nazionale (cfr. in tal senso Cons. St.V, 28 gennaio 2009, n.7811; V,31 luglio 2006, n.4696; V, 29 gennaio 2004, n.306; V, 16 giugno 2003, n.3377).
Al riguardo è stato anche rilevato che le varie forme di assistenza di cui necessitano i soggetti affetti da infermità mentale (quale è il soggetto che ha dato luogo al presente contenzioso) costituiscono vere e proprie cure, la cui costante somministrazione da un lato è necessaria per contenere i disturbi della infermità in atto, dall’altro deve essere costantemente controllata da specifico personale sanitario idoneo a valutane la posologia e le modalità di applicazione. Con la conseguenza che gli oneri relativi alle rette di degenza possono far carico solo alle Aziende sanitarie (in tal senso Cons.St. V, 29 gennaio 2004, n.306 cit.).
Tale indirizzo giurisprudenziale, condiviso dal Collegio, è del resto coerente con il quadro normativo di riferimento, e segnatamente con l’atto di indirizzo e coordinamento di cui al D.P.C.M. 14 febbraio 2001 che all’art.3, 3° comma, qualifica come prestazioni socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria –erogate dalle Aziende sanitarie ed a carico del S.S.N.- “tutte le prestazioni caratterizzate da particolare rilevanza terapeutica e intensità della componente sanitaria, le quali attengono prevalentemente alle aree materno-infantile, anziani, handicap, patologie psichiatriche,…”; le quali prestazioni “possono essere erogate in regime ambulatoriale domiciliare, o nell’ambito di strutture residenziali o semiresidenziali e sono in particolare riferite alla copertura degli aspetti del bisogno socio-sanitario inerenti le funzioni psicofisiche e la limitazione delle attività del soggetto, nelle fasi estensive e di lungo assistenza”.
5. Alla stregua delle considerazioni che precedono, stante la indubbia prevalenza nella fattispecie delle attività sanitarie erogate rispetto alle prestazioni socio-assistenziali, deve dunque concludersi che le spese sostenute per la degenza della sig.a Di X., affetta da gravi problemi di ritardo mentale, cerebropatia infantile ed epilessia, ivi comprese le rette di ricovero, vadano poste a carico esclusivo della Azienda U.S.L. n.9 di Trapani.
L’appello del Comune va pertanto accolto e per l’effetto la sentenza impugnata va riformata, quanto alla debenza delle spese di degenza, nei sensi anzidetti.
Sussistono giusti motivi per compensare le spese dei due gradi di giudizio tra le parti in causa.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza),definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 dicembre 2011 con l’intervento dei magistrati:
Gianpiero Paolo Cirillo, Presidente
Lanfranco Balucani, Consigliere, Estensore
Marco Lipari, Consigliere
Angelica Dell’Utri, Consigliere
Hadrian Simonetti, Consigliere