Una struttura sanitaria è stata chiamata a rispondere dei danni subiti a seguito della erronea diagnosi di una grave patologia tumorale effettuata all’esito di una TC toracica con referto di “linfomatosi mediastinica nel mediastino antero-superiore”.

Conosciuta la diagnosi, che prontamente era stata comunicata alla moglie del paziente, entrambi i coniugi cadevano in una stato ansioso depressivo comportante anche insonnia e altri disturbi che venivano trattati farmacologicamente dal medico di famiglia. Lo stesso medico di base suggeriva una ulteriore visita pneumologica in altra struttura che, eseguita in breve tempo, rivelava l’assenza di patologie tumorali. L’errore diagnostico successivamente è stato confermato dalla prima struttura con specifica giustificazione.

Tribunale di Arezzo, Sent. del 28.02.2012

 

CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

 

Premesso che:

– i coniugi V. G. e L. S. convenivano in giudizio l’Istituto X. X. con sede in T., il dott. E. S. e il dott. C. R. (entrambi operanti presso il suddetto Istituto) per sentirli condannare, in solido, al risarcimento dei danni subìti a seguito della erronea diagnosi di una grave patologia tumorale effettuata all’esito di una TC toracica eseguita dal G. presso l’Istituto X. in data 29.3.07;

– deducevano, in particolare che:

– refertando la TC eseguita il 29.3.07 dal G., il dott. S. e il dott. R. avevano diagnosticato una “linfomatosi mediastinica nel mediastino antero-superiore”;

– conosciuta tale diagnosi il giorno stesso in cui era stato eseguito l’esame, il G. ne aveva informato la moglie; entrambi “cadevano in uno stato ansioso depressivo, comportante anche insonnia e stati d’ansia”;

– il giorno 1.4.07, il G. si era rivolto al proprio medico di famiglia, dott. M., che aveva suggerito una visita pneumologica presso la USL 8 di Arezzo; contestualmente, il dott. M. aveva prescritto all’attore una terapia farmacologica per curare lo stato ansioso depressivo;

– in data 4.4.07, il G. si era sottoposto a visita pneumologica da parte del dott. Ivano A., il quale aveva accertato “l’assenza di alcuna patologia tumorale” ed aveva suggerito di richiedere all’Istituto X. una conferma del referto del 29.3.07;

– con comunicazione pervenuta all’attore in data 14.4.07, il dott. S. aveva ammesso che in sede di redazione del referto era stata erroneamente diagnosticata, “per un refuso medico”, una “linfomatosi”, anziché una “lipomatosi”;

– lo stato ansioso-depressivo del G. era proseguito nei mesi successivi, come pure le sofferenze e le apprensioni della moglie, che aveva subìto “lo stravolgimento delle proprie abitudini di vita e delle relazioni interpersonali per la convinzione …che il proprio coniuge fosse affetto da una grave patologia tumorale”;

– chiedevano pertanto la condanna solidale dei convenuti al risarcimento del danno col pagamento della somma di euro 35.000,00 (di cui euro 10.000,00 a titolo di danno biologico, euro 5.000,00 a titolo di danno morale ed euro 20.000,00 a titolo di danno esistenziale) in favore del G. e della somma di euro 15.000,00 (di cui euro 5.000,00 per danno morale ed euro 10.000,00 per danno esistenziale) in favore della S.;

– costituendosi in giudizio, i convenuti Y. Y. s.r.l. (incorporante, per fusione, l’Istituto X.), S. e R. contestavano la domanda, rilevando, fra l’altro, che il referto era stato consegnato al G. il 2.4.07 e che già il 4.4.07 l’attore era stato rassicurato (dall’A.) circa l’inesistenza della malattia tumorale; evidenziavano inoltre che il referto, seppur contenente il refuso, dava atto, nel complesso, di una situazione di normalità contrastante con l’indicata linfomatosi;

– compiuta l’istruttoria con produzione documentale, espletamento di ctu medico-legale, interrogatorio formale dell’attore ed esame di testi, la causa passava in decisione all’udienza del 24.6.2010, sulle conclusioni delle parti trascritte in epigrafe;

considerato che, all’esito della c.t.u., il consulente dell’ufficio ha concluso che “non sussiste danno psichico quale specie del genus ‘danno biologico’ ovvero non è stata rilevata ed obiettivata alcuna forma di nocumento permanente dell’integrità psico-fisica suscettibile di accertamento medico-legale”, evidenziando come “nell’un caso e nell’altro” (ossia tanto nell’ipotesi che il G. abbia ritirato il referto il 29.3.07 che nell’ipotesi che il referto sia stato ritirato il 2.4.07) la “reazione d’allarme … deve ritenersi non costituire noxa patogena idonea ad alterare lo stato di salute dell’individuo, afferendo la natura della stessa alla specie del patema d’animo”;

ritenuto che:

– quale che sia stato il momento in cui il G. venne a conoscenza dell’erroneo referto (il 29.3.07, secondo la tesi degli attori, confortata indirettamente dalle dichiarazioni del medico curante e dalla circostanza che questi prescrisse al G. ‘tranquillanti’ in data 1.4.07, oppure il 2.4.07, come dichiarato dalle teste indotta dai convenuti), è certo che già il 4.4.07 l’attore venne ampiamente rassicurato dal dott. A. circa l’assenza di qualunque patologia tumorale (e la rassicurazione dovette essere totale se è vero che il G. non si sottopose ad altri accertamenti, ma si limitò a segnalare al dott. S., soltanto il successivo 12.4.07, l’errore di refertazione);

– atteso che l’errata diagnosi venne sconfessata nell’arco di 2 o, al massimo, 6 giorni, appare decisamente inverosimile che un allarme protrattosi per un periodo così breve abbia potuto produrre il corteo ansioso e lo sconvolgimento esistenziale lamentato dagli attori, essendo invece plausibile che tutto sia rimasto circoscritto ad un comprensibile ‘grande spavento’;

– appaiono dunque pienamente condivisibili le conclusioni del ctu in punto di inidoneità della noxa patogena, conclusioni che hanno trovato oggettivo riscontro nella constatata assenza (alla data della ctu) di menomazioni dell’integrità psichica del G. suscettibili di inquadramento medico-legale;

– la circostanza che il G. possa avere assunto (blandi) tranquillanti e possa aver presentato per un certo periodo lo stato ansioso-depressivo reattivo certificato (in data 11.6.07 e 12.6.07) dal medico curante non appare idonea, di per sé, a stabilire un nesso di causa fra la diagnosi di malattia neoplastica e la depressione, giacché -ove effettivamente sussistente- tale stato non risulta comunque plausibilmente riconducibile all’errata refertazione;

– riconosciuto pertanto all’attore esclusivamente il risarcimento della sofferenza soggettiva protrattasi per alcuni giorni e tenuto conto della particolare intensità dell’allarme suscitato dalla diagnosi di una patologia tumorale, risulta adeguata misura di ristoro l’importo di euro 3.000,00 (stimato secondo un criterio equitativo e in moneta attuale);

– nulla può essere riconosciuto alla S. in quanto:

– essendo estranea al rapporto contrattuale (fra il G. e l’Istituto X.) nell’ambito del quale l’errata refertazione ha costituito inesatto adempimento, l’attrice non è legittimata a far valere le conseguenze negative di tale inadempimento;

– neppure è ipotizzabile un ‘danno riflesso’ subìto dalla moglie per quanto refertato al marito, atteso che la categoria del danno riflesso (o di rimbalzo) è stata riconosciuta esclusivamente in relazione alla morte o a gravissime menomazioni dei congiunti, ossia a eventi che incidono sul diritto costituzionale all’integrità delle relazioni parentali;

ritenuto, in punto di spese processuali, che:

– l’evidente sproporzione fra importo richiesto e importo liquidato al G. giustifica la parziale compensazione delle spese di lite, che seguono, per il residuo la soccombenza e che vengono liquidate in relazione al valore della causa risultante dall’importo riconosciuto;

– non si ritiene, peraltro, di riconoscere all’attore il rimborso delle spese anticipate al C.T.U. in quanto la consulenza è stata volta ad accertare una situazione di invalidità che è risultata del tutto insussistente;

– pur a fronte della soccombenza della S., ricorrono giusti motivi per l’integrale compensazione delle spese atteso che l’errore di refertazione è risultato provato e che il patema, seppure non risarcibile, è verosimilmente sussistito;

PQM

definitivamente pronunciando nella controversia promossa da G. V. e S. L. nei confronti dell’Istituto X. X. (incorporato nella Y. Y. s.r.l.) e di S. E. e R. C., così provvede:

– in parziale accoglimento della domanda del G., condanna i convenuti, in solido, a pagare all’attore, a titolo di risarcimento danni, la somma di euro 3.000,00, oltre interessi legali dalla sentenza al saldo;

– compensate per metà le spese fra l’attore e i convenuti, condanna i predetti convenuti, in solido, a rifondere all’attore la restante metà delle spese, liquidata in euro 2.400,00, oltre IVA e C.P.A. (con distrazione in favore del procuratore antistatario);

– rigetta la domanda proposta dall’attrice e compensa integralmente le spese di lite fra la stessa e i convenuti.

Arezzo, 28.2.2012

Il Giudice dott. D. Sestini