Il decreto legislativo 28/2010 ha generato una svolta in ambito processualcivilistico, in particolare introducendo l’obbligo per talune materie tassativamente elencate dell’esperimento della procedura di mediazione, metodo alternativo di risoluzione delle controversie. La ratio del decreto è quella di alleggerire il rilevante carico di lavoro dei Giudici ordinari indirizzando gli utenti verso procedimenti stragiudiziali di risoluzione delle controversie. La mediazione civile infatti esiste da sempre ma, essendo appunto fino a poco tempo fa una procedura facoltativa ed eventuale, la via normale per tutelare i propri interessi è rimasta, fino all’entrata in vigore del decreto, l’accesso diretto alla Giustizia.
Oggi la situazione si è ribaltata. Le domande di mediazione sono aumentate esponenzialmente (anche grazie all’inserimento, nell’elenco delle materie di mediazione obbligatoria, delle controversie in materia di risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli a motore e natanti soggetti ad assicurazione obbligatoria e delle controversie condominiali, materie soggette a mediazione obbligatoria da Marzo 2012) poiché il tentativo obbligatorio di conciliazione costituisce condizione di procedibilità nell’ambito del processo civile. Le materie interessate dall’obbligo di mediazione, oltre a quelle sopra citate, sono: diritti reali; divisione; successioni ereditarie; patti di famiglia; locazione; comodato; affitto di aziende; risarcimento del danno derivante da responsabilità medica; risarcimento del danno derivante dalla diffamazione a mezzo stampa o altro mezzo di pubblicità; contratti assicurativi bancari e finanziari.
L’organismo di mediazione che riceve domanda sottoscritta dal richiedente provvede alla nomina del mediatore professionista ed invia alla controparte interessata (o a più soggetti a seconda dei casi) invito a comparire innanzi all’ufficio del suddetto mediatore in data ed orario prestabiliti. Tra l’incontro di mediazione e la ricezione dell’invito devono intercorrere almeno 15 giorni. E’ tuttavia facoltà della controparte presentarsi o meno all’incontro. Discorso differente va fatto però per quanto riguarda il richiedente: proprio per il ruolo di promotore che egli riveste, esiste effettivamente il rischio che il sistema normativo venga facilmente bypassato, semplicemente procedendo sì a presentare domanda di mediazione, omettendo poi di presentarsi all’incontro. In questo modo il mediatore dovrà procedere alla redazione di verbale negativo, fornendo così alle parti valido titolo per proseguire la controversia innanzi al Giudice civile.
Con la sentenza del 25 Giugno 2012 il Tribunale di Siena ha condannato questo comportamento. Infatti, la mancata presentazione all’incontro di mediazione della parte istante senza giustificato motivo è atto in frode alla Legge. Tale orientamento è sostenuto dalla risoluzione del Parlamento europeo 2026/2011, la quale fa osservare come l’introduzione in Italia, Bulgaria e Romania di questo strumento obbligatorio per la risoluzione alternativa delle controversie fornisca effettivamente una procedura più rapida ed economica ai cittadini. Il Tribunale di Siena conferma che la procedura di mediazione “non può ritenersi soddisfatta da un mero formalistico deposito di domanda cui non faccia seguito alcun comportamento della parte proponente idoneo a perseguire né l’instaurazione di un effettivo ed integro contradditorio di fronte al mediatore”; di conseguenza, “il comportamento della parte attrice integra gli estremi di atto in frode alla legge, che, secondo l’interpretazione della Suprema Corte, viene identificato con il perseguimento in via di fatto di un risultato vietato dalla legge con norma imperativa“. Atto in frode alla legge è infatti quell’azione volta a perseguire obiettivi contrari alla legge aggirando divieti espliciti normativamente previsti. In questo caso è palese come il comportamento omissivo non giustificato posto in essere dall’istante sia idoneo ad integrare tale fattispecie criminosa, contrastando seppure indirettamente con la normativa vigente.