Un medico di medicina generale convenzionato con il SSN per l’assistenza primaria, ha impugnato dinanzi al giudice amministrativo l’intervenuto rigetto della richiesta di poter acquisire scelte di assistiti residenti in comuni compresi nell’ambito territoriale dell’ASL di appartenenza, cioè al di fuori del territorio comunale assegnato.
FATTO
Con atto notificato il 18 dicembre 2006 e depositato il 3 gennaio 2007 il dott. X. X. ha impugnato la nota prot. n. 6057 del 20 ottobre 2006 con cui il Responsabile del Distretto Sanitario di II° livello dell’ASL n. X di Potenza ha rigettato l’istanza presentata dal predetto – medico convenzionato per la Medicina Generale nel Comune di Y. – volta ad acquisire scelte da parte di soggetti residenti nei comuni compresi nell’ambito territoriale dell’Azienda Sanitaria di appartenenza; ove di interesse, il parere reso con la nota n. prot. 40525 del 13 ottobre 2006 dall’Ufficio legale dell’ASL n. X di Potenza, nonché ogni altro atto preordinato, connesso e conseguente.
L’interessato premette che:
– con istanza del 19 novembre 2005 ha chiesto all’ASL n. X di Potenza- Azienda Sanitaria di appartenenza- di essere autorizzato ad acquisire scelte da parte di assistiti residenti al di fuori del territorio del comune di Y., ma sempre nell’ambito del territorio di competenza della propria ASL;
– che la richiesta prendeva spunto da una decisione del TAR Lazio che riconosceva al ricorrente – medico convenzionato- di ricevere scelte di assistiti residenti in tutti i comuni ricompresi nell’ambito territoriale dell’ASL di appartenenza;
– che, nonostante tale decisione, il Responsabile del Distretto Sanitario di II° livello dell’ASL n. X di Potenza, con nota del 20 ottobre 2006, rigettava la predetta istanza.
Avverso tale ultima determinazione è insorto il dott. X. che ha affidato il ricorso ai seguenti motivi.
1) violazione degli artt. 19 e 48 della legge n. 833/1978 – violazione art. 8 del DLvo n. 502/92- violazione degli artt. 19 e 26 del DPR 22 luglio 1996 n. 484 – violazione dell’art. 32 della Costituzione;
2) eccesso di potere per irragionevolezza.
Si è costituito in giudizio l’Amministrazione intimata che con memoria ha contrastato il ricorso chiedendone il rigetto.
La domanda cautelare alla Camera di Consiglio del 24 gennaio 2007 è stata abbinata al merito, su concorde richiesta delle parti.
Con memoria successivamente depositata parte ricorrente ha ulteriormente sviluppato le proprie tesi difensive, insistendo per l’accoglimento del ricorso.
Alla Pubblica Udienza del 4 luglio 2012 il ricorso, già assegnato alla dott.ssa Di Cesare, per impedimento di quest’ultima, è stato affidato al cons. Ferone e trattenuta per la decisione.
DIRITTO
Le eccezioni di inammissibilità sollevata dalla Amministrazione resistente sono prive di pregio e non meritano, quindi, di essere condivise.
Quanto a quella relativa alla questione di difetto di giurisdizione di questo giudice è sufficiente osservare che, secondo indirizzo giurisprudenziale, condiviso da questo Tribunale, rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo la controversia avente ad oggetto il diniego opposto dall’Amministrazione sanitaria ad un medico convenzionato in ordine all’accettazione tra i propri pazienti di cittadini di Comuni limitrofi, che lo hanno scelto come medico di fiducia, afferendo tale controversia a profili gestionali ed organizzativi della erogazione del servizio sanitario e non al rapporto di prestazione di attività professionale.
Sulla rilevata eccezione di inammissibilità per difetto di legittimazione ad agire del dott. X. è invece sufficiente osservare che la stessa va disattesa, posto che ogni limitazione al diritto di libera scelta del medico appartiene al cittadino, ma si riverbera direttamente anche sulla possibilità in astratto dei medici di acquisire le preferenze nel più largo ambito possibile, con la conseguente lesione immediata anche della loro posizione soggettiva, avente la consistenza di un interesse legittimo.
Ne consegue, pertanto, la legittimazione del dott. X. a far valere tale situazione di pregiudizio professionale ed economico, e così l’interesse processuale che è stato, quindi, legittimamente attivato.
Nel merito il ricorso è fondato e merita di essere accolto.
La questione sostanziale oggetto della controversia si incentra sui limiti della libera scelta del medico di base da parte dell’assistito nell’ambito di una determinata organizzazione territoriale delle AA.SS.LL. ed è indubbio che la finalità preminente perseguita dalla normativa di settore è quella della tutela della salute che, in quanto costituzionalmente protetta, non può essere soggetta a limitazioni non specificamente previste da legge e di certo, in ogni caso, non volte a pregiudicarla.
In questo contesto la scelta del medico di base da parte dell’assistito è regolata dal principio della fiducia personale e quindi della sua libertà ed autonomia attesi anche gli oggettivi, intuibili e non indifferenti risvolti di natura psicologica che fanno privilegiare la reciproca conoscenza e la trasparenza dei rapporti interpersonali.
Libertà che non può essere illimitata ed indiscriminata, ma è sottoposta a specifiche disposizioni normative che regolano l’organizzazione e l’erogazione delle prestazioni sanitarie, nonché delle risorse finanziarie connesse alle entrate e alle uscite del Servizio Sanitario Nazionale ( SSN) che coinvolgono, con diversi ruoli, l’utente e l’organismo sanitario, nella specie l’ASL, e suo bilancio e i finanziamenti a valere sui fondi nazionali e regionali.
Tant’è che gli ambiti delle AA.SS.LL. ( ex UU.SS.LL.) sono stati articolati e suddivisi territorialmente così individuando i limiti della loro competenza e operatività.
Orbene la libera scelta del medico, nel rispetto del singolo numero massimo di assistiti, deve collegarsi alla residenza ed essere compatibile con l’organizzazione sanitaria di riferimento nel territorio, con deroghe anche alle limitazioni di natura territoriale, infra o extra comunale, che in ogni caso vanno motivate, e in tal senso depongono numerose pronunce in sede di giustizia amministrativa ( da ultimo T.A.R. Lazio, sez. 1 bis n. 4924 del 30 marzo 2011).
Non si ravvisano, quindi, specifiche esigenze organizzative nel restringimento del potere di scelta in ambiti infracircoscrizionali nel caso in cui le AUSL siano pluricomunali, specie laddove il rapporto convenzionale del professionista sia con quella stessa AUSL, ricomprensiva di più Comuni; la residenza, quindi, costituisce nell’occasione solo un minimum territoriale ( cfr. anche Cons. Stato, sez. IV, n. 296 del 28 giugno 1994).
Ex adverso si evidenzia che analogo principio sovviene quando operino più USL nello stesso ambito comunale, soprattutto nelle grandi città, e l’utente ha libertà di scelta nell’ambito dello stesso Comune.
In altri termini, se la ragione della riconosciuta possibilità di esplicazione della scelta del medico nell’intero ambito di un grande Comune, comprendente più unità sanitarie, è quella di accordare il più ampio spazio possibile, consentito dall’organizzazione, alla facoltà di scelta dell’assistito, non può ammettersi il restringimento del potere di scelta in ambiti infracircoscrizionali quando le Unità Sanitarie siano pluricomunali, provocando tale illogica soluzione una irrazionale disparità fra i cittadini ( e medici ) dei grossi centri e gli abitanti ( e medici) di piccoli comuni vicini, accorpati secondo un criterio di congrua continuità ed assimilazione ambientale- in una unica USL.
Ne consegue che la corretta interpretazione delle norme che disciplinano la materia- in particolare dell’art. 19 e dell’art. 25 della legge 23 dicembre 1978 n. 833, porta a ritenere che l’ambito territoriale di operatività del personale sanitario convenzionato non può essere limitato a zone più ristrette rispetto a quella di competenza di una Unità Sanitaria locale, mentre tale ambito di operatività può essere ampliato qualora si versi nell’ipotesi di comuni rientranti nella competenza di più UU.SS.LL.
Conseguentemente risulta illegittimo il diniego opposto dall’Amministrazione sanitaria alla richiesta del ricorrente – medico convenzionato- di ricevere scelte da parte di assistiti residenti in comuni diversi, ma pur sempre rientranti nell’ambito territoriale dell’Azienda.
In conclusione il ricorso deve essere accolto mentre sussistono giusti motivi per disporre la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.
Il contributo unificato, nella misura versata, deve invece essere posto a carico dell’Amministrazione intimata.