Una specializzanda, frequentatrice del corso di formazione specifica in medicina generale, è stata chiamata in giudizio dalla Procura Regionale per il risarcimento in favore della regione Abruzzo del danno patrimoniale pari all’importo lordo della borsa di studio percepita, in quanto ha violato il regime di incompatibilità tassativamente previsto, avendo instaurato durante la frequenza del corso un rapporto di lavoro continuativo con una clinica convenzionata.

Corte dei Conti – Sez. Giur. Abruzzo; Sent. n. 375 del 17.10.2012

FATTO

1. La dott.ssa X., nella sua qualità di medico titolare di borsa di studio in quanto frequentatrice, tra il 2003 e il 2006, del corso di formazione specifica in medicina generale, è stata chiamata in giudizio dalla Procura Regionale per il risarcimento in favore della regione Abruzzo di un danno patrimoniale di euro 29.000,80 (pari all’importo lordo della borsa di studio percepita), oltre interessi e rivalutazione. Ritiene infatti il Pubblico Ministero che la convenuta abbia violato il regime di incompatibilità tassativamente previsto per i beneficiari della borsa di studio in parola, avendo instaurato durante la frequenza del corso un rapporto di lavoro continuativo con una clinica convenzionata (come rilevato dalla Guardia di Finanza in occasione di specifici controlli), e che pertanto debba restituire la borsa di studio indebitamente ricevuta.

La Procura richiama anzi tutto le seguenti fonti normative: decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368; legge 28 dicembre 2001, n. 448; decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 277; legge 26 maggio 2004, n. 138; decreti del Ministero della salute in data 11 settembre 2003 e 7 marzo 2006. Richiama altresì le circolari n. 03/DIRP/IV/26221/9963 del 16/12/2003 e n. 18024/P del 31/05/2004 diramate dal Ministero della Salute – Dipartimento della qualità – Direzione delle Risorse Umane e delle Professioni Sanitarie.

Nell’atto di citazione si espone, poi, che la convenuta ha percepito a titolo di borsa di studio i seguenti importi: € 10.636,00 nel 2004, € 11.603,00 nel 2005 ed € 6.768,00 nel 2006. Negli anni in esame, l’interessata ha però percepito anche i seguenti redditi da una clinica convenzionata, a fronte di rapporti continuativi: € 4.696,00 nel 2004, € 15.428,00 nel 2005 ed € 15.269,00 nel 2006. Per questi fatti la convenuta sarebbe anche “risultata sottoposta a un procedimento penale nel quale era presente anche una condotta dolosa e causativa di danno all’erario”.

Acquisite e vagliate le deduzioni difensive dell’interessata, la Procura regionale ha ritenuto di dover agire in giudizio sussistendo, a suo avviso, tutti gli elementi per l’imputazione della responsabilità amministrativa: il rapporto di servizio con la Regione, il nesso causale tra condotta ed evento dannoso (consistente quest’ultimo nel pregiudizio finanziario insito nel versamento alla borsista di somme non spettanti), l’elemento psicologico della “colpa grave, anche sotto il profilo dell’intenzionalità del danno”, per non avere la convenuta collaborato lealmente con l’amministrazione sanitaria regionale, omettendo di comunicare le situazioni di incompatibilità che le precludevano il conseguimento della borsa di studio, in presenza di una normativa chiara che non poteva essere ignorata da parte di un medico specializzando. Né si pone, ad avviso del Pubblico Ministero, un problema di prescrizione, non potendo che decorrere il termine iniziale dalla scoperta dell’illegittima percezione della borsa di studio (cioè dopo i controlli svolti dalla Guardia di Finanza): la convenuta, si sostiene in citazione, nulla avrebbe fatto per comunicare all’amministrazione se la sua posizione di percettore di retribuzioni da parte di una clinica privata era compatibile con lo svolgimento della specializzazione medica, così venendo meno al rapporto di leale collaborazione cui era tenuta appunto in quanto borsista.

La Procura conclude quindi per la condanna della convenuta all’intero importo in contestazione, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria, salvo diversa liquidazione risultante in corso di causa.

2. La convenuta si è ritualmente costituita in giudizio con il patrocinio dell’Avv. X. X., depositando la memoria di costituzione del 16 luglio 2012.

In particolare, la convenuta ha dedotto che:

–        anzi tutto, non ha mai ricevuto atti o comunicazioni relative a procedimenti penali e non è a conoscenza di quanto dedotto nell’atto di citazione circa la pendenza di un procedimento penale a suo carico; la circostanza viene pertanto espressamente contestata e dovrà essere oggetto di approfondimento istruttorio;

–        il decorso del termine prescrizionale di cinque anni per le somme che si ritengono indebitamente percepite negli anni 2004 – 2005 – 2006 è irrimediabilmente ostativo alla proposizione di un giudizio di responsabilità per danno erariale; ai sensi dell’art. 1 della legge 20 del 1994 il diritto al risarcimento del danno si prescrive in 5 anni decorrenti dalla data in cui si è verificato il fatto dannoso ovvero, in caso di occultamento doloso del danno, dalla data della sua scoperta; nel caso di specie la prescrizione dell’azione di ristoro del danno erariale decorre dal giorno in cui si è verificato il fatto asseritamene lesivo e si sono manifestate le sue conseguente (percezione di reddito da diversi sostituti d’imposta anni 2004 – 2005 – 2006); pertanto a decorrere dal verificarsi della presunta situazione di incompatibilità, implicante, secondo la prospettazione contenuta nell’atto di citazione, il recupero delle somme corrisposte, va computata la decorrenza del termine (giugno 2006);

–        nessuna ipotesi di doloso occultamento può, del resto, imputarsi alla convenuta, in riferimento ai fatti dedotti in giudizio, in quanto nessuna condotta ingannatrice o fraudolenta è stata posta in essere, così com’è testimoniato dalla documentazione acquisita dall’ Ufficio requirente, e richiamata nell’atto di citazione; dall’epoca della percezione dei redditi dai diversi sostituti di imposta l’Amministrazione era in grado di conoscere l’asserito danno con i suoi tipici ed usuali mezzi certativi, non rilevando, al riguardo, qualsivoglia ipotesi di difficoltà di .accertamento da parte dell’amministrazione stessa (altro sarebbe stato ove mai l’indagine penale avesse evidenziato che la prestazione lavorativa veniva pagata in nero, quindi con occultamento verso la p.a. della doppia percezione di reddito); viceversa, alla Amministrazione era noto, o poteva essere noto, secondo il criterio dell’imputet sibi che la specializzanda, fruitrice di borsa di studio, era in parallelo percettrice di reddito da prestazioni occasionali effettuate in favore di struttura convenzionata con la sanità regionale, debitamente denunciati e riportati in modo inequivoco nel modello di dichiarazione reddituale;

–        venendo al merito, la convenuta ha svolto attività di prestazione libero – professionale, non continuativa ma solo occasionale, al di fuori degli orari di frequentazione del corso (nei weekend, giorni festivi, orari notturni etc.), come irrefutabilmente dimostrato dal contenuto dei contratti depositati in atti, ove è chiaramente indicata la natura occasionale e libero professionale della prestazione, resa per “Guardia Medica”;

–        ciò posto, come espressamente chiarito nello stesso atto introduttivo del giudizio, va considerato che al medico in formazione specialistica è consentita l’iscrizione negli elenchi della guardia medica notturna, festiva e turistica nonché la sostituzione, a tempo determinato, dei medici di medicina generale convenzionati con il servizio Sanità Nazionale;

–        essendo l’attività prestata dalla convenuta assimilabile certamente all’attività di sostituzione sopra descritta, ciò vale ad escludere l’ipotesi di responsabilità dedotta e, comunque, il profilo della intenzionalità della condotta, nei termini dedotti nell’atto di citazione, atteso che l’esponente ha agito nella convinzione della piena legittimità della condotta, conseguente ad una interpretazione, peraltro diffusa tra numerosi suoi colleghi, delle norme che regolano l’accesso e la frequentazione del corso di formazione specialistica; all’epoca dei fatti molti colleghi della odierna convenuta (tre dei quali indicati in memoria) svolgevano anzi prestazioni libero professionali, alcuni addirittura presso il Pronto soccorso dell’ospedale civile di Pescara, altri presso altre strutture convenzionate con la sanitàregionale;

–        non può essere, pertanto, ritenuta versare in colpa grave la concludente la quale oltre ad uniformarsi ad una prassi diffusa, assai invalsa nella cerchia di giovani professionisti verso i quali la stessa guardia di finanza ha svolto indagini, senza pervenire ad analoghe conclusioni sull’illecito erariale, per il fatto di essersi attenuta scrupolosamente ad una clausola contrattuale che qualificava la sua prestazione, tempo per tempo espletata, come servizio di guardia medica, ossia come una di quelle attività che la normativa ha escluso dal novero di quelle che generano incompatibilità alla percezione di borse di studio;

–        solo per completezza, si eccepisce che il preteso danno erariale appare indicato in maniera del tutto incongrua atteso che la somma di € 29.000,00 è corrispondente alla somma lorda e non a quella, netta, effettivamente percepita.

La convenuta ha concluso, pertanto, affinché sia dichiarata la prescrizione del diritto e dell’azione e, per l’effetto, rigettata la domanda e perché, comunque, sia respinta la richiesta di condanna, con vittoria di spese e competenze di lite.

3. All’udienza pubblica del 19 settembre 2012, sentito il Giudice relatore, sono intervenuti l’Avv. X. per la convenuta e il Sostituto Procuratore Generale Perin per la Procura Regionale, come da verbale. Entrambe le parti hanno ripercorso gli argomenti già svolti in atti, confermando le rispettive conclusioni.

Così esaurita la discussione orale, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

L’eccezione di prescrizione (art. 1, comma 2, della legge 14 gennaio 1994, n. 20) è fondata e va accolta.

Invero, il fatto dannoso in contestazione (cioè l’indebito pagamento della borsa di studio in favore di un medico specializzando che versava in situazione di incompatibilità ai sensi dell’art. 40 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368) si è verificato tra il 2004 e il giugno 2006. Il primo atto interruttivo della prescrizione si colloca, per contro, alla fine del 2011, cioè a distanza di oltre un quinquennio dalla chiusura del corso di specializzazione e dall’ultimo pagamento della correlata borsa di studio.

Né può ravvisarsi, nella fattispecie, un occultamento doloso del danno, non essendo sufficienti le considerazioni svolte dalla Procura ad integrare una prova, ancorché presuntiva, dell’occultamento e tanto meno del dolo dell’interessata: non constano dichiarazioni false o maliziosamente reticenti rese dell’interessata, né condotte omissive o commissive tali da far ragionevolmente ipotizzare la sussistenza di un intento, in capo all’interessata medesima, di “occultare” all’amministrazione le attività incompatibili (regolarmente fatturate e inserite in dichiarazione dei redditi) o comunque di indurre l’amministrazione stessa in errore sull’esistenza o sulla natura delle attività esercitate al di fuori del corso.

Perché si configuri il doloso occultamento del danno – si è osservato in giurisprudenza – occorre un comportamento che, pur potendo comprendere l’attività antigiuridica pregiudizievole, deve tuttavia includere atti specificamente volti a prevenire il disvelamento di un danno ancora in fieri oppure a nascondere un danno ormai prodotto (Sez. Terza, sent. 474 del 14 dicembre 2006). Occorre cioè un “quid pluris” che si aggiunge al dolo inteso come elemento strutturale dell’illecito (Sez. Lombardia, sent. 728 del 12 dicembre 2005), una specifica ed ulteriore attività di occultamento (Id., sent. 566 del 12 maggio 2003; Sez. Terza, sent. 109 del 17 marzo 2003).  L’ipotesi non ricorre, quindi, quando il ritardo nella scoperta del pregiudizio sia da attribuire a disfunzioni dell’apparato amministrativo che non abbia adottato le misure di controllo interno idonee a far emergere gli effetti pregiudizievoli dell’attività illecita (Sez. Veneto, sent. 992 del 7 luglio 2005); in altri termini, la concreta non conoscenza dell’illecito, o la non conoscibilità dello stesso, non sono di per sé sufficienti per differire il dies a quo della prescrizione, occorrendo, a tal fine, che la non conoscenza sia causata da un comportamento dell’autore dell’illecito specificamente diretto a realizzare tale occultamento (Sez. Molise, sent. 185 del 28 ottobre 2003). Neppure la mera presentazione di un documento falso, ove appaia ascrivibile a colpa piuttosto che a dolo, concreta un vero e proprio occultamento doloso del danno contabile (Sez. Prima, sent. 279 del 14 luglio 2004; Id., sent. 125 del 14.04.2003).

Dalla richiamata giurisprudenza questa Sezione non ritiene di potersi discostare: nella fattispecie concreta la convenuta, ancorché la si possa ritenere colpevole di aver svolto durante la specializzazione attività professionali incompatibili, in violazione di un esplicito divieto di legge, non risulta aver compiuto alcuna attività specifica di “occultamento”; ai fini della conseguente responsabilità amministrativa, quindi, avrebbe dovuto essere quantomeno costituita in mora entro il quinquennio prescrizionale.

Allo stato degli atti, non risulta che l’amministrazione regionale abbia svolto alcuna verifica o controllo sugli specializzandi, né durante il corso, né successivamente, né che si sia cautelata richiedendo ai beneficiari delle borse di studio di rendere una dichiarazione di responsabilità circa l’eventuale svolgimento di attività lavorative extra-specializzazione,  con specificazione delle stesse (dichiarazione che, verosimilmente, avrebbe fatto emergere l’attività incompatibile, se veritiera, oppure avrebbe integrato un doloso occultamento del danno, se non veritiera).

In definitiva, l’inerzia dell’amministrazione nel procedere a ogni forma di cautela o di controllo (salva, da ultimo, l’operazione della Guardia di Finanza) non può ricadere, a distanza di oltre cinque anni, sugli specializzandi i quali, pur versando in situazione di incompatibilità, non abbiano posto in essere nessuna azione od omissione deliberatamente finalizzata a celare l’incompatibilità stessa.

L’azione di responsabilità amministrativa va quindi dichiarata prescritta, beninteso senza pregiudizio per l’eventuale assunzione di autonome iniziative da parte della Regione.

La declaratoria di prescrizione non costituisce “proscioglimento nel merito”; non v’è luogo, pertanto, al rimborso delle spese defensionali in favore della convenuta (v. SS.RR., sent. 3/QM del 27 giugno 2008).

PER QUESTI MOTIVI

La Corte dei Conti, Sezione giurisdizionale per la regione Abruzzo, con pronuncia definitiva

DICHIARA

il proscioglimento della signora X. X. per prescrizione.

Nulla per le spese.

Così deciso in L’Aquila il 19 settembre 2012.

Il Giudice estensore

f.to Gerardo de Marco

Il Presidente

f.to  Martino Colella

Depositata in Segreteria il 17/10/2012

Il Direttore della Segreteria f.to  Dott.ssa Antonella Lanzi