È stato contestato ad una infermiera professionale addetta al centralino del 118 e al medico coordinatore preposto al servizio, il reato di indebito rifiuto di atti del loro ufficio che per ragioni di sanità dovevano essere compiuti senza ritardo, ovvero la formulazione della diagnosi secondo parametri informatici (il cosiddetto ‘Triage’), nonché l’invio dell’autoambulanza, così come previsto dalle procedure operative e parametri di comportamento per il ‘Servizio 118’ approvate dalla Regione di riferimento.
In particolare, secondo l’accusa, l’infermiera, a seguito delle chiamate telefoniche degli amici di una paziente poi deceduta, aveva omesso intenzionalmente di inserire nel sistema informatico le indicazioni dei sintomi, affinché il computer formulasse la diagnosi ed elaborasse il codice di intervento, la tipologia ed il mezzo di soccorso corrispondente. Veniva invece elaborata una autonoma diagnosi di malattia esantematica in contrasto con quanto riferito con conseguente rifiuto di inviare un’ambulanza, benché in quel momento ne fossero disponibili sette. Il medico, invece, presente presso la postazione telefonica nel corso delle telefonate, interpellato dall’infermiera che gli riferiva i gravi sintomi descritti dagli amici della giovane e la loro richiesta di invio urgente di un’autoambulanza, si riteneva avesse omesso intenzionalmente di controllare e, comunque di esigere, che la sanitaria effettuasse il Triage per la formulazione della diagnosi e l’elaborazione del codice dell’intervento.
In primo grado per l’omissione veniva assolto il medico e condannata l’infermiera, mentre in appello anche per l’infermiera si escludeva la responsabilità penale.
Sia il Procuratore generale che le parti civili hanno proposto ricorso per cassazione.
la Suprema Corte che la funzione dell’intervento del ‘118’ non deve essere limitata ai soli presidi funzionali alla sopravvivenza del paziente, ma anche quelli non meno importanti di una ‘presenza terapeutica’ o ‘lenitiva del dolore’ nella fasi terminali dell’exitus. L’obbligo di intervento, diretto ad assicurare al paziente l’assistenza sanitaria riguarda tanto la salute fisica che quella psichica e comprende anche la necessità di alleviare le atroci sofferenze di un malato terminale.
Esito del giudizio
la Corte di Cassazione ha dato alla vicenda una ricostruzione diversa sul piano giuridico e delle responsabilità rinviando al giudice civile per il profilo risarcitorio in considerazione della estinzione per prescrizione dei reati