Va riconosciuto a favore della parte ricorrente il risarcimento del danno derivante dalla perdita di chance e, segnatamente, dalla perdita nel periodo considerato (marzo 2009-maggio 2010) della concreta occasione di conseguire il bene della vita anelato.

In particolare, tale condizione, che integra un’occasione la quale non è mera aspettativa di fatto, ma entità patrimoniale a sé stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione, può essere ritenuta integrata, quantomeno in modo presuntivo e basato sul calcolo delle probabilità, alla luce del fatto che dopo poco tempo a parte ricorrente è stata effettivamente assegnata una zona carente, restando così attestato nei fatti un grado di probabilità superiore al 50% che, in concreto, il richiedente avrebbe avuto di conseguire il bene della vita quale probabilità di riuscita valutabile in termini di “chance risarcibile”, distinta dalla mera possibilità di conseguire l’utilità sperata, da ritenersi chance irrisarcibile. 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3359 del 2012, proposto da:



contro

– Regione Calabria, in persona del legale rapp.te p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Antonio Ferraro C.F. FRRNTN60B11E968O, con domicilio eletto presso l’avvocato Donatella Plutino in Roma, viale delle Milizie, 34;

– FIMMG Nazionale – Federazione Italiana Medici di Medicina Generale, in persona del legale rapp.te p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Francesco Caroleo C.F. CRLFNC56B02H501T, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, piazza della Libertà, 20;

– FIMMG Calabria – Federazione Italiana Medici di Medicina Generale Regionale della Regione Calabria, in persona del legale rapp.te p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Francesco Belcastro C.F. BLCFNC79R11D086B, con domicilio eletto presso l’avvocato Domenico Mariani in Roma, piazza Mincio, 2

per accertare

che l’istante ha diritto, nei confronti della Regione Calabria e della FIMMG, che a tanto vanno condannate:

– al risarcimento del danno patrimoniale subito a causa della condotta illegittima serbata dalle controparti, da quantificarsi complessivamente in € 260.000,00, oltre rivalutazione e interessi dalla produzione del danno, ovvero nella diversa somma, anche equitativamente determinata in corso di causa;

– al risarcimento del danno patrimoniale per perdita di chance subito a causa della condotta illegittima serbata dalle controparti, da quantificarsi complessivamente in € 130.000,00, oltre rivalutazione e interessi dalla produzione del danno, ovvero nella diversa somma, anche equitativamente determinata in corso di causa;

– al risarcimento del danno patrimoniale da ritardo nell’adempimento del giudicato amministrativo subito a causa della condotta illegittima serbata dalle controparti, da quantificarsi complessivamente in € 50.000,00, oltre rivalutazione e interessi dalla produzione del danno, ovvero nella diversa somma, anche equitativamente determinata in corso di causa;

– al risarcimento del danno non patrimoniale con pregiudizi esistenziali per violazione degli obblighi di buona fede e correttezza, subito a causa della condotta illegittima serbata dalle controparti, da quantificarsi complessivamente in € 50.000,00, oltre rivalutazione e interessi dalla produzione del danno, ovvero nella diversa somma, anche equitativamente determinata in corso di causa;

– al risarcimento del danno non patrimoniale, a cagione della palese infondatezza di tutte le liti intentate nei confronti della ricorrente, al danno da responsabilità processuale aggravata, da quantificarsi complessivamente in € 50.000,00, oltre rivalutazione e interessi dalla produzione del danno, ovvero nella diversa somma, anche equitativamente determinata in corso di causa.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Calabria, della FIMMG Nazionale e della FIMMG Calabria;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 aprile 2017 il dott. Alfredo Storto e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Parte ricorrente agisce per la condanna della Regione Calabria e della Federazione Italiana Medici di Medicina Generale (FIMMG), nelle sue articolazioni nazionale e regionale per la Calabria, al risarcimento dei danni patrimoniali, non patrimoniali e processuali, patiti in conseguenza di una vicenda collegata all’attuazione in sede decentrata dell’Accordo Collettivo Nazionale (A.C.N.) 23 marzo 2005 per la Medicina Generale, avvenuta inizialmente con Accordo Integrativo Regionale (A.I.R.) approvato e reso esecutivo dalla Regione Calabria con delibera di G.R. n. 580/2006 e pubblicato nel B.U.R.C. 16 settembre 2006.

1.1. In particolare, parte ricorrente deduce che:

– l’AIR era stato impugnato innanzi a questo Tar il quale, con la sentenza 26 settembre 2007, n. 9909, ne aveva annullato l’art. 12.2. laddove era stato innalzato il rapporto ottimale medio medico/cittadini da 1/1000 o frazione di mille superiore a 50 a 1/1200 o frazione di 1.200 superiore a 600;

– la pronuncia era stata fatta oggetto da parte della FIMMG nazionale, non costituitasi in primo grado, di appello risolto dal Consiglio di Stato con la sentenza reiettiva 20 gennaio 2009, n. 241;

– nonostante la successiva messa in mora del 5/6 e del 12 marzo 2009 con contestuale diffida a individuare e pubblicare le c.d. zone carenti di assistenza primaria secondo le istruzioni pratiche allegate all’A.C.N. sopra menzionato, la Regione aveva invece adottato la deliberazione di G.R. n. 98 del 9 marzo 2009 con la quale approvava un nuovo testo dell’art. 12.2. (con aggiunta di un successivo punto 12.2-bis), introduttivo di “parametri correttivi” e “nuove metodiche di calcolo” del rapporto ottimale ai fini della individuazione delle zone carenti che questa Sezione, con la sentenza 6 ottobre 2009, n. 9771, dichiarava nulla per violazione della pronuncia n. 9909/2007, ribadendo l’obbligo della Regione Calabria di ottemperare a quest’ultima;

– avendo il Consiglio di Stato, innanzi al quale la FIMMG Calabria aveva interposto appello avverso la sentenza n. 9771/2009, respinto la domanda di inibitoria con ordinanza n. 461 del 28 gennaio 2010, la Regione aveva provveduto ad adottare la delibera giuntale 28 gennaio 2010, n. 48, così ripristinando il corretto rapporto ottimale;

– tuttavia, visto che con successiva delibera n. 118 del 12 febbraio 2010, la medesima Regione, «recependo acriticamente l’avviso espresso dal Comitato Consultivo Regionale» (così Sez. III-quater, sent. n. 9923/2010), era tornata ad aggiungere all’A.I.R. l’art. 12.2-bis il quale introduceva un nuovo correttivo che valeva ad alterare il parametro del rapporto ottimale individuale, questa Sezione, adita degli interessati, con sentenza 6 maggio 2010, n. 9923 dichiarava nulla la predetta delibera, stimata violativa del giudicato, e nominava il Commissario ad acta per il caso di persistente inerzia della Regione Calabria;

– quest’ultima, tuttavia, con delibera di Giunta n. 368 del 10 maggio 2010 provvedeva a riformulare correttamente l’art. 12.2. dell’A.I.R. per la Medicina Generale in Calabria, con la conseguente pubblicazione sul B.U.R.C. n. 29 del 23 luglio 2010 delle zone carenti di assistenza primaria individuate dalle ASL di Cosenza, Crotone, Vibo Valentia, Reggio di Calabria e Locri, e sul B.U.R.C. del successivo 13 agosto quelle relative all’ASP di Catanzaro;

– anche la procedura di assegnazione delle zone carenti aveva però subito gravi ritardi in quanto, nonostante il termine di presentazione delle domande fosse spirato il 7 agosto 2010, l’ASP di Cosenza aveva approvato le graduatorie per trasferimento e le assegnazioni per graduatoria delle zone carenti di assistenza primaria per gli anni 2007-2009, soltanto con atto del successivo 9 dicembre, dovendosi attendere il 5 aprile e il 10 maggio 2011 perché l’ASP provvedesse all’effettiva assegnazione delle zone carenti ai medici di medicina generale collocati in graduatoria e, tra questi, anche all’odierna parte ricorrente.

1.2. Tanto premesso, quest’ultima agisce nei confronti sia della Regione Calabria sia della FIMMG – ritenuta corresponsabile nella produzione dei lamentati effetti lesivi in ragione del ruolo da questa giocato, per un verso, quale componente del Comitato Consultivo Regionale e, per altro verso, sul piano dell’intera vicenda processuale – per veder risarciti i danni patiti.

1.2.1. In particolare, parte ricorrente, ritenuti il nesso causale e l’imputabilità della condotta, chiede il ristoro: a) del danno patrimoniale, a titolo di danno emergente e di lucro cessante ai sensi dell’art. 1223 c.c., ragguagliato, anche sulla scorta di una CTP versata in atti, allo stipendio medio mensile da massimalista di € 5.000,00 (conseguibile dopo il primo anno di lavoro) da calcolarsi per il periodo compreso tra il 1° gennaio 2007 e aprile/maggio 2011, ovvero in via subordinata e con criterio presuntivo, pari a circa la metà dell’importo così calcolato o nella diversa cifra equitativamente determinata dal giudice; b) del danno da perdita di chance da liquidarsi in € 50.000,00; c) del danno da violazione e ritardo nell’adempimento del giudicato, determinato con abuso del diritto e violazione dei canoni di buona fede e correttezza, pure da liquidarsi in € 50.000,00; d) del danno non patrimoniale con pregiudizi esistenziali da liquidarsi sempre in € 50.000,00; e) per eguale importo, del danno da responsabilità processuale aggravata ex art. 96, terzo comma, c.p.c.

2. Si sono costituite in giudizio sia la FIMMG nazionale sia la FIMMG Calabria eccependo: a) ciascuna per sé, la propria carenza di legittimazione passiva in ragione della reciproca autonomia statutaria; b) il difetto di giurisdizione del g.a. per non essere imputabile loro, quali soggetti di natura privata, l’adozione degli atti gravati; c) la decadenza dall’azione risarcitoria perché promossa oltre il termine di 120 giorni decorrenti da quello in cui il fatto si è verificato ovvero dalla conoscenza del provvedimento lesivo secondo quanto prescritto dall’art. 30 c.p.a.; d) l’infondatezza della domanda risarcitoria per carenza del nesso causale, per inconfigurabilità di un affidamento dell’interessato in relazione all’attività di concertazione svolta, per l’assenza di alcun obbligo della Federazione di attivarsi per l’attuazione del giudicato, per erroneo calcolo della somma pretesa a titolo di danno da perdita di chance.

3. Anche la Regione Calabria, per parte sua ha eccepito: a) la tardività dell’azione risarcitoria e, comunque, l’intervenuta prescrizione quinquennale del preteso credito risarcitorio, tenuto conto che la delibera di G.R. n. 580 era stata adottata l’8 agosto 2006 a fronte della notifica dell’odierno ricorso intervenuta soltanto ad aprile 2012; b) la genericità del ricorso, la mancanza di prova in ordine all’asserita posizione di parte ricorrente legittimante la proposizione dell’azione risarcitoria, la mancata evocazione in giudizio dell’ASP di Cosenza che avrebbe procrastinato fino al 2011 l’assegnazione delle zone carenti già pubblicate dalla Regione; c) l’inammissibilità della domanda risarcitoria ex art. 96, comma 3, c.p.c., riservata alla cognizione del giudice della domanda costitutiva di annullamento ovvero di quello della domanda di accertamento della nullità; d) l’assenza di imputabilità della condotta lesiva, tenuto conto che l’efficacia provvisoria della sentenza n. 9909/2007 era stata sospesa dal Consiglio di Stato con ordinanza n. 586 del 5 febbraio 2008 e che, in realtà, dopo il passaggio in giudicato della pronuncia d’appello, la Regione aveva comunque ossequiato il dictum giudiziale con la delibera n. 48 del 28 gennaio 2010 che aveva determinato la pubblicazione delle zone carenti senza alcuna successivo rallentamento per effetto della sopravvenuta delibera n. 118 del 12 febbraio 2010.

4. Sia la Regione Calabria sia parte ricorrente hanno ulteriormente interloquito con proprie memorie e, all’esito dell’odierna udienza, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Va in primo luogo ritenuta la giurisdizione del giudice amministrativo con riguardo alla domanda risarcitoria articolata nei confronti della FIMMG Calabria, collegata al ruolo di componente da questa rivestito nel Comitato Consultivo Regionale, organismo al quale sono assegnate (v. art. 24 dell’Accordo Collettivo Nazionale per la Medicina Generale approvato dalla Conferenza Stato-Regioni il 23 marzo 2005) funzioni di rilievo pubblicistico, per quanto qui interessa, in punto di definizione degli accordi locali da sottoporre all’approvazione regionale.

1.1. Detta azione è altresì tempestiva tenuto conto che, secondo quanto sancito da Ad. Plen. n. 6 del 2015, il termine decadenziale di centoventi giorni previsto, per la domanda di risarcimento per lesione di interessi legittimi, dall’art. 30, comma 3, c.p.a., non è applicabile ai fatti illeciti anteriori all’entrata in vigore del codice, trovando per essi applicazione il previgente regime prescrizionale quinquennale di cui all’art. 2947 c.c. operante a parere di un pacifico indirizzo interpretativo.

1.1.1. Quanto al merito di questa specifica domanda risarcitoria, si può prescindere dall’esame di ogni altra questione preliminare, tenuto conto che essa è manifestamente infondata in quanto, innanzitutto, i provvedimenti allegati a fondamento della dedotta responsabilità non sono ascrivibili alla Federazione intimata, essendo rimesso in via esclusiva alla Regione, che non è in alcun modo vincolata sul punto, il compito di approvare le proposte formulate dal Comitato Consultivo Regionale.

Inoltre, va considerato che la predetta Federazione compone il predetto Comitato, assieme a vari altri enti associativi, quale portatrice di interessi non generali, ma ascrivibili agli specifici soggetti categoriali ad essa associati e che, in tale veste, non ha fatto altro se non rappresentare il punto di vista, necessariamente parziale, di questi, spettando in via definitiva soltanto alla Regione di ricomporre le singole posizioni espresse dai portatori di interessi particolari nel più vasto quadro disegnato dall’interesse generale.

Alla luce di tali considerazioni risulta evidente come non possa essere imputato, sotto alcun profilo, alla Federazione locale un comportamento efficiente in termini di lesività della posizione dell’odierna parte ricorrente.

Tale domanda va dunque respinta.

1.2. Non sussiste invece la giurisdizione amministrativa – che va pertanto declinata con possibilità per parte ricorrente di riassumere il giudizio innanzi al giudice ordinario con le modalità e gli effetti di cui all’art. 11 c.p.a. – con riferimento alla domanda risarcitoria spiegata, nei riguardi sia di FIMMG nazionale sia di FIMMG Calabria, entrambi soggetti di natura privatistica, per il contegno lesivo da queste asseritamente serbato, al di fuori dell’esercizio di qualunque funzione di rilievo pubblicistico, nella complessa vicenda processuale sopra rassegnata.

2. Quanto invece alla posizione della Regione Calabria, occorre segnatamente procedere alla verifica dell’imputabilità della condotta pretesamente lesiva nonché allo scrutinio dell’intervenuta asseverazione del danno lamentato.

Quanto al primo profilo, occorre considerare come l’efficacia della sentenza di prime cure n. 9909 del 10 ottobre 2007 (con la quale era stato annullato in parte qua l’A.I.R. Calabria) fosse stata inizialmente sospesa dal Consiglio di Stato con l’ordinanza n. 586 del 5 febbraio 2008 sul rilievo che «da un primo sommario esame l’appello appare assistito da prescritto fumus boni juris (…)», cosicché non era sorto alcun obbligo in capo alla Regione di ottemperare al dictum giudiziale reso temporaneamente inefficace dalla richiamata inibitoria.

Peraltro, a testimonianza della non univocità della soluzione della questione di diritto in esame, la stessa sentenza d’appello n. 241 del 20 gennaio 2009 (che pure alla fine aveva respinto il gravame sulla pronuncia n. 9909/07) riteneva di compensare interamente le spese di lite per essere rimasti integrati i necessari giustificati motivi dalla «novità delle questioni» esaminate.

A ciò si aggiunga che lo stesso Consiglio di Stato, al punto 4.1.3. di tale decisione, faceva espresso riferimento ad una «formulazione della norma (…) di disagevole lettura», con ciò chiaramente evocando la «presenza di oggettiva oscurità (…) delle norme applicabili» e, dunque, la possibilità di individuare comunque un errore scusabile da parte della p.a. (cfr., ex multis, Cons. Stato, IV, 1° agosto 2016, n. 3464).

Da tanto discende che, sicuramente fino alla pronuncia della sentenza d’appello (all’esecuzione della quale la Regione era stata diffidata con atti notificati il 5/6 e il 12 marzo 2009), non è ravvisabile in capo all’Amministrazione regionale alcuna colpa, prima, per l’adozione dell’A.I.R. sucessivamente annullato in parte qua con la sentenza 9909/07 e, poi, per la mancata esecuzione di quest’ultima pronuncia fino alla sua conferma all’esito del processo di secondo grado.

Pertanto, il c.d. elemento psicologico della colpa, indispensabile per imputare la responsabilità civile alla pubblica amministrazione, va nel caso di specie escluso proprio in ragione della novità della questione non univoca devoluta in giudizio, attestata in primo luogo dall’oscillazione giurisprudenziale registrata in fase di inibitoria (cfr. C.d.S., V, 22 febbraio 2010, n. 1038) e, comunque, dalla mancanza di significativi precedenti.


2.1. La sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie risarcitoria (elemento psicologico, nesso di causalità, danno ingiusto) può essere invece ravvisata dal marzo 2009 e, cioè, dal momento della costituzione in mora della Regione per l’ottemperanza alla sentenza confermativa di secondo grado.

Infatti, da tale momento sull’Amministrazione regionale gravava il chiaro dovere di porre in essere tutti i comportamenti necessari per dare completa esecuzione all’ordine giudiziale, il quale, per quanto attestato anche dalle successive sentenze rese in sede di ottemperanza, non presentava aspetto alcuno di equivocità applicativa.

Puntuale su tale aspetto appare la sentenza di questa Sezione n. 9973/09 secondo cui «la delibera della Giunta Reg. Calabria 9.3.2009, n. 98 va dichiarata nulla, ai sensi dell’art. 21-septies comma 2 della legge n. 241/1990 (…) per evidente violazione delle specifiche statuizioni contenute nella sentenza TAR Lazio (passata in giudicato) n. 9909/2007».

Allo stesso modo la sentenza del medesimo Giudice n. 9923/10 – intervenendo sempre in sede di ottemperanza sul repentino revirement amministrativo consumato con la delibera giuntale n. 118/10 – ha statuito che «ad avviso del collegio, la Giunta Regionale, recependo acriticamente l’avviso espresso dal Comitato Consultivo Regionale, ha in realtà profondamente alterato il parametro del rapporto ottimale individuato (…) in sede di accordo integrativo regionale, A.I.R. art. 12.2., già approvato dalla delibera n. 48/2010 (…)».

Al cospetto di questo quadro ricostruttivo, emerge dunque chiara la sussistenza in capo alla Regione, quantomeno in termini di colpa grave, dell’indispensabile elemento psicologico, così come va ravvisato il nesso eziologico tra la condotta violativa del giudicato così posto in essere e il danno ingiusto del quale si dirà tra breve.

Chiara è sul punto la già menzionata pronuncia n. 9923/10 laddove ha considerato che l’applicazione dell’ultimo correttivo confezionato in violazione del giudicato avrebbe portato, già per l’ambito territoriale di Cosenza e a differenza di quanto sarebbe accaduto con la corretta applicazione della regula iuris fissata dal giudice, a non rilevare alcuna zona carente.

Tale condotta illecita non può tuttavia essere imputata alla Regione se non fino al momento in cui questa ha adottato la delibera giuntale n. 368 del 10 maggio 2010, che ha approvato il testo dell’art. 12.2. dell’A.I.R. regionale nella stessa corretta riformulazione di cui alla delibera n. 48/10, a cui erano seguiti i decreti dirigenziali n. 319 del 17 maggio 2010 e n. 10304 del 14 luglio 2010 i quali avevano a loro volta disposto, per consentire la presentazione delle domande da parte degli interessati, la pubblicazione degli ambiti territoriali carenti di assistenza primaria individuati dalle Aziende Sanitarie rispettivamente di Cosenza, Locri e Reggio di Calabria, da un lato, e di Crotone e Vibo Valentia dall’altra, rettificando altresì quelle di Cosenza e di Reggio di Calabria.

Quanto ai tempi del procedimento di individuazione e pubblicazione delle zone carenti verificate in ottemperanza al dictum giudiziale, considera il Collegio che, già con nota dirigenziale del 7 maggio 2010, la Regione Calabria aveva invitato le ASL competenti a provvedere secondo i giusti criteri alla predetta ricognizione, in tal modo correttamente devolvendo il governo dei tempi procedimentali successivi alle predette Aziende Sanitarie, oggi non evocate in giudizio, competenti anche per la gestione delle procedure di selezione.

In conclusione, ritiene il Collegio che la condotta illecita rilevante della Regione Calabria resti inscritta in un arco di tempo compreso tra marzo 2009 e maggio 2010.

3. Proprio il fatto che l’ambito temporale della responsabilità rilevante della Regione Calabria resti circoscritto entro il predetto periodo comporta la reiezione dell’eccezione di prescrizione quinquennale articolata dalla resistente, posto che l’odierna domanda giudiziale risulta spiegata nel 2012.

4. Venendo all’individuazione delle tipologie di danno evocate dalla parte ricorrente (la quale, per quanto emerge dall’epigrafe dei provvedimenti giurisdizionali fin qui esaminati, non risulta che sia stata parte in nessuno dei relativi giudizi), va considerato come questa non abbia svolto alcun percorso asseverativo con riguardo alla circostanza della spettanza del bene della vita ove la procedura selettiva si fosse svolta e conclusa, con applicazione dei criteri distillati dal giudice amministrativo, nei tempi ordinari.

In altre parole, parte ricorrente – la quale ha sicuramente conseguito il bene della vita nel 2011 mediante l’assegnazione di una delle zone carenti pubblicate nel 2010 – non ha né dedotto in modo circostanziato né tantomeno provato che eguale risultato avrebbe senz’altro conseguito, secondo la graduatoria dell’epoca, ove la procedura di assegnazione si fosse svolta secondo le regole già nel 2006 o quantomeno si fosse conclusa nel periodo sopra circoscritto per l’emersione di un comportamento imputabile dell’amministrazione.

In difetto dell’assolvimento di tale onere probatorio, gravante sulla parte ricorrente, non può essere accolta la domanda risarcitoria con riguardo al danno patrimoniale (per danno emergente e per lucro cessante) dalla stessa preteso e ragguagliato al compendio stipendiale che avrebbe conseguito ove fosse stata nominata medico convenzionato fin dal 2006 o quantomeno dal 2009.

4.1. Per le stesse ragioni, connesse al fatto che non è dimostrato in che modo il tempo abbia giocato a sfavore dell’odierna parte ricorrente, non può essere riconosciuto il preteso danno da ritardo nell’adempimento del giudicato.

4.2. Analogamente va respinta la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale rimasta del tutto sprovvista di prova.

4.3. Non può infine essere accolta la domanda risarcitoria articolata sulla rima dell’art. 92, terzo comma, c.p.c. tenuto conto che, alla stregua del chiaro tenore letterale della norma evocata, la condanna in questione può essere assunta esclusivamente dal giudice investito della pronuncia sulle spese ai sensi dell’art. 91 c.p.c. e non anche da quello di successivi e distinti processi.

4.4. Va invece riconosciuto a favore della parte ricorrente il risarcimento del danno derivante dalla perdita di chance e, segnatamente, dalla perdita nel periodo considerato (marzo 2009-maggio 2010) della concreta occasione di conseguire il bene della vita anelato.

In particolare, tale condizione, che integra un’occasione la quale non è mera aspettativa di fatto, ma entità patrimoniale a sé stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione, può essere ritenuta integrata, quantomeno in modo presuntivo e basato sul calcolo delle probabilità, alla luce del fatto che dopo poco tempo a parte ricorrente è stata effettivamente assegnata una zona carente, restando così attestato nei fatti un grado di probabilità superiore al 50% che, in concreto, il richiedente avrebbe avuto di conseguire il bene della vita quale probabilità di riuscita valutabile in termini di “chance risarcibile”, distinta dalla mera possibilità di conseguire l’utilità sperata, da ritenersi chance irrisarcibile (ex multis, C.d.S., V, 25 febbraio 2016, n. 762).

Ciò posto, nel procedere alla valutazione equitativa del danno risarcibile, ai sensi dell’articolo 1226 c.c., si può ragionevolmente assumere la retribuzione indicata nella consulenza tecnica allegata dalla parte ricorrente in € 2.171,00 mensili (ottenuta dalla moltiplicazione della quota pari a € 3,34, spettante per ogni assistito nella Regione Calabria, per un carico verosimile di assistiti pari a 650), commisurata al periodo di 15 mesi nel quale è stata ravvisata la sussistenza della responsabilità della Regione (marzo 2009-maggio 2010) e così ottenendo il dato della complessiva retribuzione per il periodo considerato pari a € 32.565,00 (€ 2.171,00 x 15).

Di tale retribuzione può essere assunto a valore di risarcimento del danno da perdita di chance la quota del 30%, pari alla complessiva somma di € 9.769,50, che la Regione dovrà corrispondere alla parte ricorrente.

4.4.1 Trattandosi di debito di valore, alla somma liquidata a titolo di sorte capitale vanno aggiunti gli interessi legali calcolati sulle somme rivalutate su base annua secondo gli indici Istat.

5. Le spese di lite che, in ragione della novità della questione possono essere compensate con le due Federazioni evocate in giudizio, vanno invece rifoste dalla Regione soccombente.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così provvede:

– dichiara il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, sussistendo la giurisdizione del giudice ordinario, con riguardo alla domanda risarcitoria spiegata nei confronti della FIMMG Nazionale e, in parte, della FIMMG Calabria;

– respinge per il resto la domanda risarcitoria articolata nei confronti della FIMMG Calabria;

– condanna la Regione Calabria a risarcire alla parte ricorrente il danno, per le causali indicate nella motivazione, liquidato nella complessiva somma di € 9.769,50, oltre agli accessori pure specificati in parte motiva;

– condanna altresì la Regione Calabria a rifondere alla parte ricorrente le spese di lite liquidate in complessivi € 3.000,00, oltre al rimborso del contributo unificato;

– compensa le spese di giudizio con le altre parti costituite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 aprile 2017 con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Sapone, Presidente

Pierina Biancofiore, Consigliere

Alfredo Storto, Consigliere, Estensore

   

L’ESTENSORE  IL PRESIDENTE

Alfredo Storto  Giuseppe Sapone