Hanno natura prevalentemente sanitaria le prestazioni di adeguata nutrizione e idratazione, monitoraggio dei parametri vitali e degli indicatori ematici, terapie finalizzate a mantenere un complesso emodinamico ed ad assicurare la funzionalità respiratoria di PEG e del catetere vescicale, prevenzione e le medicazioni delle piaghe da decubito, interventi di mobilitazione passiva, cambiamenti di postura ed igiene. In particolare, si tratta di prestazioni caratterizzate da invasività terapeutica a fronte di una condizione di disabilità ed etero dipendenza del paziente che soltanto in minima parte (cura dell’igiene e cambiamento di postura) assumono mera valenza assistenziale.


Cons. Stato Sez. III, Sent., (ud. 15-05-2018) 14-06-2018, n. 3690

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5588 del 2011, proposto da:

Azienda S.L., in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dall’avvocato Vincenzo Avolio, con domicilio eletto presso lo studio Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria n. 2;

contro

R.M. non costituito in giudizio;

M.A.M. e L.M., rappresentati e difesi dagli avvocati Ilaria Romagnoli e Andrea Trebeschi, con domicilio eletto presso lo studio Ilaria Romagnoli in Roma, via Livio Andronico, 24;

nei confronti

Comune di Milano, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dagli avvocati Raffaele Izzo, Salvatore Pezzulo, Maria Rita Surano e Salvatore Ammendola, con domicilio eletto presso lo studio Raffaele Izzo in Roma, Lungotevere Marzio, 3;

Regione Lombardia, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dall’avvocato Marinella Orlandi, con domicilio eletto presso lo studio Emanuela Quici in Roma, via Nicolò Porpora, 16;

S.G. S.r.l. non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA – MILANO: SEZIONE III n. 01584/2010, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di M.A. e L.M., del Comune di Milano e della Regione Lombardia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza di smaltimento del giorno 15 maggio 2018 il Cons. Luigi Birritteri e uditi per le parti gli avvocati Paola Conticiani su delega di Vincenzo Avolio, Ilaria Romagnoli, Andrea Trebeschi e Emanuela Quici su delega di Marinella Orlandi;

Svolgimento del processo

Con sentenza n. 1584 del 20 maggio 2010 il Tar per la Lombardia ha accolto il ricorso di R. e M.M. avverso la nota del 18.2.2009 del Direttore Centrale e del direttore del settore del Comune di Milano, con la quale si è posto a loro carico (nella qualità di familiari obbligati ex art. 433 c.c.) quota parte della retta per il ricovero della Sig.ra M.L. (deceduta) presso la RSA San Giorgio di Milano.

Il primo giudice ha ritenuto, con ampia e dettagliata motivazione, che le prestazioni erogate in concreto alla paziente -accertate tramite CTU – rientrassero fra quelle socio sanitarie ad elevata integrazione sanitaria “di cui deve farsi integralmente carico il SSN ed, in particolare, la USL di Milano che è parte resistente”, trattandosi di paziente affetto da patologia degenerativa e ricoverato nella RSA quando già si trovava già in stato di coma.

Avverso tale decisione propone appello L’Asl di Milano e lamenta l’erroneità della decisione di considerare la nutrizione, l’idratazione e l’attività di prevenzione delle piaghe di decubito come prestazioni “ad elevata integrazione sanitaria”.

La parte appellante deduce altresì l’illogicità e la contraddittorietà della decisione impugnata che risulta essersi discostata immotivatamente dal nominato consulente tecnico secondo cui le prestazioni erogate alla paziente rientrano tra quelle per le quali è prevista la partecipazione alla spesa da parte degli utenti.

Con intervento adesivo all’appello principale si è costituita la Regione Lombardia.

Resistono in giudizio con memoria M.A. e L.M., nonché, con distinta memoria, il Comune di Milano, invocando il rigetto dell’appello.

All’odierna udienza, dopo la discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

L’appello è infondato e deve essere respinto.

Invero, come correttamente rilevato dal primo giudice, le prestazioni specificamente erogate in favore della lungodegente M.L. si caratterizzano per la particolare rilevanza terapeutica e per l’intensità della componente sanitaria, in quanto destinate a soggetto portatore di “patologie terminali, inabilità e disabilità conseguenti a patologie cronico – degenerative” ai sensi di quanto disposto dall’art. 3 septies del D.Lgs. n. 502 del 1992, come integrato dal D.Lgs. n. 229 del 2009 del del D.P.C.M. 14 febbraio 2001, attuativo della norma suddetta.

Detto decreto significativamente afferma che “tali prestazioni sono quelle, in particolare, attribuite alla fase post-acuta caratterizzate dall’inscindibilità del concorso di più apporti professionali sanitari e sociali nell’ambito del processo personalizzato di assistenza, dalla indivisibilità dell’impatto congiunto degli interventi sanitari e sociali sui risultati dell’assistenza e dalla preminenza dei fattori produttivi sanitari impegnati nell’assistenza. Dette prestazioni a elevata integrazione sanitaria sono erogate dalle aziende sanitarie e sono a carico del fondo sanitario. Esse possono essere erogate in regime ambulatoriale domiciliare o nell’ ambito di strutture residenziali e semiresidenziali e sono in particolare riferite alla copertura degli aspetti del bisogno socio-sanitario inerenti le funzioni psicofisiche e la limitazione delle attività del soggetto, nelle fasi estensive e di lungo assistenza”.

Nella fattispecie correttamente il primo giudice ha accertato – a mezzo CTU – che gli interventi praticati alla paziente hanno natura prevalentemente sanitaria (adeguata nutrizione e idratazione, monitoraggio dei parametri vitali e degli indicatori ematici, terapie finalizzate a mantenere un complesso emodinamico ed ad assicurare la funzionalità respiratoria di PEG e del catetere vescicale, prevenzione e le medicazioni delle piaghe da decubito, interventi di mobilitazione passiva, cambiamenti di postura ed igiene).

Si tratta di prestazioni caratterizzate da invasività terapeutica a fronte di una condizione di disabilità ed etero dipendenza del paziente che soltanto in minima parte (cura dell’igiene e cambiamento di postura) assumono mera valenza assistenziale.

Tale contesto evidenzia il concorso inscindibile di più apporti professionali sanitari e sociali nell’ambito di un processo personalizzato di assistenza, con un’avvertita preminenza dei fattori sanitari impegnati negli apporti di cura, ove si consideri che la mancanza di un continuo e assiduo monitoraggio sanitario metterebbe in gioco le condizioni di vita e di sopravvivenza del paziente.

Contrariamente all’assunto dell’appellante, queste considerazioni valgono anche con riferimento alla nutrizione e idratazione artificiale che integra una procedura medica complessa (nella specie effettuata tramite PEG, con intervento invasivo sul malato) da calibrarsi secondo la massa corporea del paziente, le patologie in atto, con continuità di verifica della situazione nutrizionale e metabolica, tanto più nelle ipotesi in cui il paziente versi in stato di coma (si veda in tal senso Cons. St., Sez. III, n. 4460 del 17 luglio 2014).

In tale contesto l’intervento assistenziale (prestazioni di igiene personale; cambio di postura e altro), si presenta, quindi, recessivo rispetto degli aspetti sanitari che la condizione dell’assistita rende necessari con carattere di stabilità e continuità (cfr in tal senso Cons. St. sez. III, n. 339 del 26 gennaio 2015).

Si impongono, invero, stabili e concorrenti presidi medici a salvaguardia delle condizioni vitali del paziente e non meri interventi di sostegno diretti a lenire il disagio e la condizione di bisogno.

Ricorre, in conclusione, nella fattispecie sottoposta all’esame del collegio la prevalenza delle prestazioni sanitarie rispetto a quelle assistenziali che con essa concorrono e ciò determina, in linea con il concorde orientamento della giurisprudenza della sezione, l’esclusivo impegno economico del servizio sanitario senza oneri a carico del paziente o dei suoi aventi causa (cfr. Cons. St., sez V, n. 2456 del 13 maggio 2014; sez. III, n. 957 del 18 febbraio 2013; n. 790 del 16 febbraio 2012; n. 3997 del 9 luglio 2012).

Infondato risulta infine il motivo inerente la dedotta contraddittorietà rispetto a quanto accertato dal CTU, secondo il quale le prestazioni erogate alla paziente rientrerebbero tra quelle per le quali è prevista la contestata contribuzione dell’assistito.

E’ pacifico infatti che, accertata l’esatta tipologia delle prestazioni erogate alla paziente a mezzo di consulenza tecnica, la qualificazione di dette prestazioni, sotto il profilo giuridico, tra quelle interamente a carico del servizio sanitario, è compito esclusivo del giudicante, in alcun modo influenzabile dal diverso parere dello stesso consulente.

Da qui l’infondatezza dell’appello.

La peculiarità delle questioni trattate rende equo compensare interamente tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 maggio 2018 con l’intervento dei magistrati:

Marco Lipari, Presidente

Gabriele Carlotti, Consigliere

Alessandro Verrico, Consigliere

Giovanni Pescatore, Consigliere

Luigi Birritteri, Consigliere, Estensore