il sindacato del giudice sulla consulenza tecnica deve ritenersi limitato, non diversamente da quanto avviene per il sindacato della Cassazione sulle sentenze di merito, ai soli vizi di violazione di legge ovvero ai vizi della motivazione, non potendo il giudice sindacare il merito delle valutazioni mediche operate dal consulente. Le cognizioni tecniche del c.t.u. hanno infatti una funzione integrativa delle conoscenze tecnico-giuridiche del giudice, senza che possa determinarsi alcuna sovrapposizione o interferenza tra le due sfere di competenza. Non può, pertanto, il giudice, operare valutazioni di carattere sanitario, e, specularmente, non può il consulente esprimere valutazioni di carattere giuridico (recte: non può il giudice fondare la propria decisione su valutazioni di carattere giuridico operate dal c.t.u.). In altre parole, il giudice, quand’anche fosse in possesso di adeguata preparazione scientifica in campo medico, non potrebbe entrare nel merito di cognizioni che non hanno carattere strettamente giuridico, determinandosi, altrimenti, una violazione dei limiti derivanti dal c.d. divieto di fare uso della scienza privata, implicitamente contenuto nel secondo comma dell’art. 115 c.p.c. Nè contrasta con tale conclusione la facoltà per il giudice di sindacare l’errore compiuto dal consulente in merito alle definizioni scientifiche, trattandosi in tal caso, con tutta evidenza, di sindacato di legittimità, e comunque di valutazione fondata su fatti notori.  


Tribunale S.Maria Capua V., sez. lav., 16/01/2018, (ud. 16/01/2018, dep.16/01/2018),  n. 93

                       

    REPUBBLICA ITALIANA                      

                       IN NOME DEL POPOLO ITALIANO                  

                  IL TRIBUNALE DI SANTA MARIA CAPUA VETERE          

                              SEZIONE LAVORO                        

nella persona della dott.ssa Milena Cortigiano, alla pubblica udienza

del 16/01/2018 ha pronunciato, mediante lettura del dispositivo e   

della contestuale motivazione, la seguente                          

                                  SENTENZA                          

nella causa iscritta al n. 2759/2015 R.G., riunita con la causa iscritta

al n. 7992/2013 R.G., avente ad oggetto: indennità di accompagnamento

                                     TRA                            

VA. Ro., rappresentata e difesa in virtù di procura in atti dall’avv.

Gennaro Caturano ed elettivamente domiciliato in Caserta, via Roma 26,

presso lo studio del suo difensore                                  

                                                                                          ricorrente

                                      E                             

I.N.P.S. – Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, in persona  

del Presidente pro-tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ida

Verrengia ed elettivamente domiciliato presso il predetto avvocato in

Caserta loc. San Benedetto alla via Arena                           

                                                                                          resistente

Fatto

Con ricorso depositato in data 01.04.2015, l’istante, in epigrafe indicata, esponeva di aver depositato ricorso per accertamento tecnico preventivo (RG n. 7992/2013) onde ottenere il riconoscimento della sussistenza del requisito sanitario per l’indennità di accompagnamento, ma il ctu nominato dal Tribunale l’aveva ritenuta non bisognevole di assistenza continua.

Contestava le risultanze della ctu e chiedeva la condanna dell’Inps al pagamento della prestazione invocata.

L’Inps si costituiva ed eccepiva l’inammissibilità, per tardivo deposito dell’atto di dissenso, del ricorso, “basato su motivazioni non integranti il requisito della specifica contestazione rispetto alle valutazioni espresse dal ctu nell’ambito della fase sommaria”; nel merito, contestava la domanda e ne chiedeva il rigetto.

All’odierna udienza veniva riunito al presente procedimento quello iscritto al n. 7992/2013 r.g. e le parti discutevano la causa innanzi alla scrivente che, all’esito, decideva mediante lettura del dispositivo e della contestuale motivazione.

Preliminarmente vanno rigettate, perchè infondate, le eccezioni sollevate dall’INPS di inammissibilità del ricorso per omesso o tardivo deposito dell’atto di dissenso e per tardività del ricorso stesso; invero tanto l’atto di dissenso, quanto il ricorso in opposizione sono stati depositati nei termini previsti dall’art. 445 bis c.p.c..

Analogamente va rigettata l’eccezione di inammissibilità del ricorso perchè, a dire dell’INPS, “basato su motivazioni non integranti il requisito della specifica contestazione rispetto alle valutazioni espresse dal ctu nell’ambito della fase sommaria”. Il ricorso appare, invero, contenere, alle pagine 3 e ss., specifiche contestazioni alla ctu.

Quanto al merito, il ricorso va accolto nei limiti di cui alla motivazione che segue.

Dalla relazione del ctu depositata in data 11.02.2015, nell’ambito del procedimento iscritto al n. 7992/2013 r.g., è risultato che la ricorrente, visitata in data 09.07.2014, sebbene affetta da alcune patologie di carattere cronico e ingravescente (scoliosi del rachide con spondiloartrosi diffusa, coxartrosi e gonartrosi bilaterale con osteoporosi, visus spento a sinistra, grave deficit visivo a destra, cardiopatia sclero-ipertensiva, diabete mellito di tipo 2 in terapia con ipoglicemizzanti orali), non necessitava di assistenza continua per la deambulazione o per il compimento degli atti quotidiani della vita.

Nel corso della procedura di ATP il difensore della ricorrente non ha formulato alcuna osservazione rispetto alla bozza di consulenza tecnica redatta dal CTU ed inviata alle parti e solo con il ricorso introduttivo del presente procedimento ha rivolto censure all’operato e alle conclusioni del ctu.

In ordine alle censure mosse alla ctu, deve anche osservarsi che il sindacato del giudice sulla consulenza tecnica deve ritenersi limitato, non diversamente da quanto avviene per il sindacato della Cassazione sulle sentenze di merito, ai soli vizi di violazione di legge ovvero ai vizi della motivazione, non potendo il giudice sindacare il merito delle valutazioni mediche operate dal consulente. Le cognizioni tecniche del c.t.u. hanno infatti una funzione integrativa delle conoscenze tecnico-giuridiche del giudice, senza che possa determinarsi alcuna sovrapposizione o interferenza tra le due sfere di competenza. Non può, pertanto, il giudice, operare valutazioni di carattere sanitario, e, specularmente, non può il consulente esprimere valutazioni di carattere giuridico (recte: non può il giudice fondare la propria decisione su valutazioni di carattere giuridico operate dal c.t.u.). In altre parole, il giudice, quand’anche fosse in possesso di adeguata preparazione scientifica in campo medico, non potrebbe entrare nel merito di cognizioni che non hanno carattere strettamente giuridico, determinandosi, altrimenti, una violazione dei limiti derivanti dal c.d. divieto di fare uso della scienza privata, implicitamente contenuto nel secondo comma dell’art. 115 c.p.c. Nè contrasta con tale conclusione la facoltà per il giudice di sindacare l’errore compiuto dal consulente in merito alle definizioni scientifiche, trattandosi in tal caso, con tutta evidenza, di sindacato di legittimità, e comunque di valutazione fondata su fatti notori. Pertanto, se si prospettano semplici difformità tra la valutazione del consulente circa l’entità e l’incidenza del dato patologico e la valutazione della parte, senza evidenziare specifici errori contenuti nella consulenza o nell’iter motivazionale seguito dal c.t.u., tali doglianze non possono inficiare la validità delle conclusioni raggiunte da quest’ultimo (cfr. ad es. Cass. Sez. L, Sentenza n. 4254 del 20/02/2009).

In ogni caso e venendo al merito delle censure mosse alla ctu, nel ricorso in opposizione la parte ha lamentato un errore di valutazione da parte del ctu e a sostegno di ciò ha prodotto anche ulteriore documentazione medica.

Ritenuto necessario assumere chiarimenti da parte del CTU, anche sulla scorta della nuova documentazione prodotta dalla difesa di parte ricorrente, all’udienza del 14.03.2017, è stato esaminato il ctu, il quale, nel prendere atto delle osservazioni ctu formulate dal difensore della ricorrente in sede di ricorso in opposizione ad ATP, ha rappresento che, nel corso della procedura ex art. 445 bis cpc, ha inviato alle parti le bozze della relazione e non gli sono pervenute osservazioni; il ctu ha, inoltre, preso visione della ulteriore documentazione medica prodotta dalla ricorrente sia all’atto del deposito del ricorso in opposizione, sia nel corso del presente giudizio, e, rilevato un documentato peggioramento delle condizioni generali e in particolar modo di quella a carico del sistema osteoarticolare, inerenti alla deambulazione, ha ritenuto necessario sottoporre a nuova visita la ricorrente.

Dalla relazione del ctu depositata telematicamente in data 07.11.2017, è emerso un aggravamento del quadro clinico della signora Va. Ro. che è risultata affetta da “grave artrosi polidistrettuale ed osteoporosi in esiti di protesizzazione totale ginocchio destro in soggetto in terapia antalgica con iniezioni di anestetici su nervi simpatici paravertebrali; vasculopatia cerebrale con segni iniziali di declinio cognitivo e incontinenza urinaria; depressione senile; cardiopatia ischemico-ipertensiva; visus spento a sinistra, grave deficit visivo a destra; diabete mellito di tipo 2 in terapia con ipoglicemizzanti orali”.

Il ctu, che ha sottoposto la ricorrente a ulteriore visita in data 09.05.2017, dopo aver evidenziato che “il complesso patalogico di cui è affetta l’istante è caratterizzato da patologie croniche a carattere ingravescente che inducono la necessità di assistenza continua per la deambulazione e il compimento degli atti quotidiani della vita, in particolar modo la patologia artrosica ed osteoporotica a localizzazione diffusa”, ha concluso ritenendo la ricorrente “invalida con necessità di assistenza continua a decorrere da almeno dei mesi antecedenti la visita medico-peritale e precisamente a decorrere da dicembre 2016”.

Entrambe le relazioni del CTU appaiono esaustive e congruamente motivate nella ricostruzione delle condizioni di salute della ricorrente, logiche nelle argomentazioni e, pertanto, condivisibili nelle conclusioni cui si perviene, attesa la esauriente e completa descrizione delle patologie riscontrate e del loro apporto invalidante.

Le risultanze della CTU medico legale appaiono pienamente condivisibili, risultando la espletata indagine correttamente eseguita ed immune da profili di censurabilità.

In assenza di specifiche contestazioni delle parti alle conclusioni rassegnate dal CTU nella relazione da ultimo depositata telematicamente, deve ritenersi, pertanto, integrato con decorrenza dal dicembre 2016 il requisito sanitario per accedere al beneficio invocato dell’indennità di accompagnamento.

Pertanto, in parziale accoglimento del ricorso, va dichiarata la sussistenza del requisito sanitario previsto per il riconoscimento dell’indennità di accompagnamento a decorrere dal dicembre 2016.

Appaiono, tuttavia, inammissibili le domande di accertamento del diritto all’indennità di accompagnamento, nonchè di condanna a carico dell’INPS al pagamento dei ratei della relativa prestazione dalla data del riconoscimento del requisito sanitario.

Ed invero, come noto, l’art. 445-bis c.p.c. prevede il necessario accertamento tecnico in riferimento alle “controversie in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità” e, dunque a tutte le controversie in cui si faccia questione di accertamento delle dette condizioni, mentre, per quanto riguarda le controversie previdenziali, ha richiamato esclusivamente le controversie in materia di pensione e di assegno disciplinate dalla legge n. 222 del 1984.

Il comma quinto del medesimo art. 445-bis dispone che “Il decreto, non impugnabile nè modificabile, è notificato agli enti competenti, che provvedono, subordinatamente alla verifica di tutti gli ulteriori requisiti previsti dalla normativa vigente, al pagamento delle relative prestazioni, entro 120 giorni”, da ciò comprendendosi che, a seconda del tipo di diritto vantato, l’interessato individuerà l’ente competente al pagamento di prestazioni ovvero, trattandosi di materia assistenziale che ha per fondamento una delle dette condizioni di disabilità, comunque l’ente competente per la prestazione richiesta.

Il comma primo della norma in esame richiama l’art. 10, comma 6, D.L. n. 203/2005, conv. in l. n. 248/2005, a norma del quale “gli atti introduttivi dei procedimenti giurisdizionali in materia di invalidità civile, cecità civile, sordomutismo, handicap e disabilità, nonchè le sentenze ed ogni provvedimento reso in detti giudizi devono essere notificati all’I.N.P.S. La notifica va effettuata presso le sedi provinciali dell’I.N.P.S.”.

Ne deriva che l’INPS è l’unico soggetto legittimato per tutti i procedimenti ex art. 445-bis e che, conseguentemente, gli altri enti eventualmente competenti al riconoscimento del diritto alle prestazioni assistenziali sono privi di legittimazione passiva.

Quanto sopra esposto trova conforto anche nel recente intervento della Corte di Cassazione (sentenze n. 8533/2015 e n. 8878/2015); la Suprema Corte, nel delineare l’ambito della cognizione demandato al procedimento per ATP, ha evidenziato il parallelismo tra il procedimento di cui all’art. 445-bis c.p.c. e la riforma realizzata con il D.L. n. 78/2009 (conv. con modificazioni in legge 102/2009), che ha accentrato nell’Inps la titolarità dell’accertamento del requisito sanitario per le provvidenze in materia di invalidità civile, cecità civile, sordomutismo, handicap e disabilità, ed ha eliminato la qualifica di litisconsorte necessario del Ministero dell’Economia e delle Finanze (modificando l’art. 10 del D.L. 203/2005 conv. in L. 248/2005). Il decreto legge n. 78/2009 ha inoltre disposto che, a decorrere dall’1.1.2010, le domande volte ad ottenere i benefici nelle materie sopra indicate sono presentate all’Inps, che a sua volta le trasmette alle ASL per lo svolgimento della visita, avvenendo poi in un momento successivo – in caso di esito positivo dell’accertamento sanitario – la verifica degli ulteriori requisiti socio economici.

Osserva la Corte di Cassazione che parallelamente l’art. 445-bis ha individuato ipotesi di ricorso alla procedura per ATP omogenee rispetto a quelle per le quali il procedimento di accertamento sanitario è attribuito ormai integralmente all’Inps, in seguito agli interventi legislativi sopra richiamati. Il richiamo all’art. 10 comma 6-bis, del D.L. 203/2005 da parte dell’art. 445-bis conferma che l’Inps è parte necessaria del procedimento in esame.

Occorre inoltre rilevare che l’accertamento sanitario omologato ai sensi del comma 5 dell’art. 445-bis viene notificato agli enti competenti che, compiute le necessarie verifiche, provvedono al pagamento della prestazione; al riguardo, la S.C. con le sentenze n. 6010, 6084 e 6085 del 2014 aveva già avuto modo di affermare che “il procedimento per atp ha il fine di accertare la sussistenza delle condizioni sanitarie legittimanti la pretesa che si intende far valere, accertamento che a norma del comma 5 in caso di mancata contestazione diviene immodificabile ed è opponibile agli enti competenti per il beneficio richiesto”.

L’accertamento sanitario compiuto all’esito del giudizio ex art. 445-bis c.p.c., qualora divenuto definitivo per effetto del decreto di omologa, è dunque vincolante anche nei confronti del soggetto competente per l’erogazione, che dovrà limitarsi all’accertamento degli eventuali ulteriori requisiti socio-economici.

Il giudizio di opposizione ex art. 445-bis, sesto comma, c.p.c. deve pertanto seguire le medesime regole fissate per il giudizio di accertamento tecnico preventivo, dovendo, quindi, il giudice limitarsi all’accertamento della sussistenza del solo requisito sanitario astrattamente idoneo al riconoscimento della prestazione richiesta senza estendere la propria cognizione anche all’accertamento del diritto del ricorrente all’ottenimento della prestazione medesima, essendo tale diritto subordinato all’accertamento di ulteriori requisiti, la cui verifica deve essere effettuata dai competenti organi in sede amministrativa.

Coerentemente, per tali ragioni, la sentenza emessa a conclusione del giudizio di opposizione non è appellabile, ma solo ricorribile in Cassazione, avendo il legislatore ritenuto sufficienti, per tali tipologie di giudizio il cui oggetto è limitato all’accertamento della sussistenza del solo requisito sanitario, due “gradi” di giudizio, ossia quello di accertamento tecnico preventivo e quello di opposizione allo stesso.

Le spese di lite, in considerazione del riconoscimento del requisito sanitario in epoca successiva a quella di presentazione del ricorso in opposizione, possono essere interamente compensate tra le parti.

Quelle di consulenza, liquidate con separato decreto, sono poste interamente a carico dell’INPS.

PQM

Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, definitivamente pronunciando sulla domanda di cui in epigrafe, in parziale accoglimento del ricorso, così provvede:

• 1) dichiara che la ricorrente si trova, a decorrere dal dicembre 2016, nelle condizioni sanitarie previste per conseguire l’indennità di accompagnamento;

• 2) dichiara inammissibili le domande di accertamento del diritto all’indennità di accompagnamento e di condanna al pagamento dei ratei;

• 3) compensa le spese di lite;

• 4) pone definitivamente a carico dell’INPS le spese di consulenza tecnica liquidate con separato decreto.

Santa Maria Capua Vetere, 16/01/2018