Sussiste un danno risarcibile connesso alle conseguenze inaspettate dell’intervento chirurgico, tali proprio perchè la condotta dei sanitari non è stata preceduta da una informazione adeguata nei termini evidenziati in premessa. Il paziente, infatti, vanta la legittima pretesa di conoscere con la necessaria e ragionevole precisione le conseguenze dell’intervento medico, onde prepararsi ad affrontarle con maggiore e migliore consapevolezza, atteso che la nostra Costituzione sancisce il rispetto della persona umana in qualsiasi momento della sua vita e nell’integralità della sua essenza psicofisica, in considerazione del fascio di convinzioni morali, religiose, culturali e filosofiche che orientano le sue determinazioni volitive. 

Il paziente si è limitato a chiedere il risarcimento del danno non patrimoniale da invalidità temporanea assoluta, relativa e permanente, il danno morale e quello alla capacità lavorativa specifica, oltre al danno esistenziale ed alla vita di relazione.

Cass. civ. Sez. III, Ord., (ud. 05-10-2018) 04-12-2018, n. 31234

 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –
Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 7598/2017 proposto da:
FONDAZIONE CASA SOLLIEVO DELLA SOFFERENZA IRCCS Opera da Padre Pio da Pietrelcina di (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore Dott. C.D., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA DELL’OROLOGIO, 7, presso lo studio dell’avvocato PAOLA MORESCHINI, rappresentata e difesa dall’avvocato FRANCESCO LOZUPONE giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
M.G., MA.CO. sia in proprio che nella qualità di eredi di M.A., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA VALADIER 43, presso lo studio dell’avvocato PAOLA GENITO, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIOVANNI ROMANO giusta procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrenti –
e contro
ALLIANZ ASSICURAZIONI SPA, m.v., ma.lu., E.G., D.A., C.G., P.G., G.G.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 990/2016 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 09/11/2016;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 05/10/2018 dal Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO.
Svolgimento del processo
che:
con atto di citazione notificato il 17 aprile 2003, M.A. evocava in giudizio, davanti al Tribunale di Foggia, la casa Sollievo della Sofferenza, nonchè i sanitari, m.v., ma.lu., E.L., D.A., C.G., P.G. e G.G. per sentir dichiarare la responsabilità professionale degli stessi, nelle rispettive qualità, sia per il negligente adempimento delle obbligazioni riguardanti l’attività professionale, sia per l’omessa informazione relativa all’intervento chirurgico di asportazione totale della laringe effettuato il 1 marzo 2002, con conseguente condanna al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali;
deduceva che, a seguito del ricovero, gli era stato diagnosticato un cancro della laringe e che dopo il primo intervento, a causa di complicanze, ne erano seguiti altri tre, l’ultimo dei quali, il 1 marzo 2002 di laringectomia totale;
aggiungeva che, in occasione di tale ultimo intervento, era stato inizialmente trasferito nella sala operatoria soltanto per una revisione della ferita, mentre venne effettuata l’asportazione totale della laringe, con conseguente perdita della fonesi;
si costituiva la casa di Sollievo della Sofferenza contestando la fondatezza della pretesa ed evidenziando che si era trattato di un intervento eseguito in via di urgenza e che, riguardo al consenso informato, il paziente era stato oralmente edotto degli effetti dell’operazione. Evocava in giudizio l’assicuratore RAS il quale, costituitosi, concludeva per l’assenza di responsabilità della struttura ospedaliera;
il Tribunale di Foggia con sentenza del 5 novembre 2009 rigettava la domanda;
avverso tale decisione proponevano appello gli eredi di M.A., censurando la decisione impugnata sia con riferimento alla responsabilità professionale dei sanitari, sia riguardo alla mancanza di consenso informato. Si costituiva in giudizio Allianz Assicurazioni contestando i motivi di doglianza. Si costituiva, altresì, la casa Sollievo della Sofferenza proponendo analoghe eccezioni;
la Corte d’Appello di Bari disponeva supplemento di consulenza e, con sentenza del 9 novembre 2016, accoglieva l’appello e dichiarava la responsabilità dei convenuti, ad eccezione di m.v., per la violazione degli obblighi riguardanti la corretta formazione del consenso informato, condannando la casa di Sollievo della Sofferenza e gli altri convenuti al risarcimento dei danni, oltre alle spese di lite, ed ordinando ad Allianz Assicurazioni di tenere indenne la casa Sollievo della Sofferenza dal pagamento delle suddette somme;
avverso tale decisione propone ricorso per cassazione la fondazione “Casa Sollievo della Sofferenza” affidandosi a due motivi illustrati da memoria. Resistono con controricorso Ma.Co. e M.G., in proprio e quali eredi di M.A..
Motivi della decisione
che:
con il primo motivo la Fondazione lamenta la violazione all’art. 99 c.p.c., art. 112 c.p.c., art. 346 c.p.c. e artt. 2697 2729 c.c., in relazione all’art. 360, nn. 3, 4 e 5, perchè la Corte avrebbe posto a fondamento della decisione l’allegazione, inserita dall’attore nell’atto introduttivo di primo grado e non riproposta in appello, secondo la quale il paziente non avrebbe prestato il consenso all’intervento se fosse stato edotto correttamente dei rischi e delle conseguenze dell’operazione chirurgica;
inoltre, la Corte avrebbe violato le norme che riguardano la ripartizione dell’onere della prova in ordine al rifiuto dell’intervento. La decisione sarebbe censurabile nella parte in cui la Corte territoriale afferma che il danno per il mancato consenso informato all’intervento, dal quale è derivata l’asportazione totale della laringe, quale complicanza prevedibile dell’intervento perfettamente riuscito, deve essere equiparato all’errata esecuzione dell’intervento, in quanto il paziente non avrebbe prestato il consenso a quell’asportazione e ciò sulla base di quanto dedotto nell’atto di citazione. In violazione del principio dell’onere della prova la dimostrazione che il paziente non avrebbe prestato il consenso viene dedotta dalla semplice allegazione presente nell’atto di citazione di M.A., ma tale deduzione, indipendentemente dalla idoneità a dimostrare l’intendimento del paziente, non è stata reiterata nell’atto di appello, nel quale gli eredi di M. non avrebbero dedotto che il dante causa, se informato, avrebbe opposto un rifiuto all’intervento. Pertanto, non avendo riproposto in appello tale questione la stessa avrebbe dovuto intendersi abbandonata, sensi dell’art. 346 c.p.c.;
con il secondo motivo lamenta la violazione dell’art. 1223 c.c., riguardante i criteri di determinazione del danno risarcibile ed un vizio di omessa motivazione su punti decisivi in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. La decisione sarebbe errata nella parte in cui la Corte afferma che “gli aspetti risarcitori della mancata informazione devono essere equiparati alla errata esecuzione della prestazione chirurgica” quantificando, nella misura del 65%, il danno biologico derivante dall’intervento chirurgico, pur correttamente eseguito. Sotto tale profilo la Corte non ha neppure considerato le pregresse condizioni di salute, già compromesse e non ha motivato in ordine alla percentuale invalidante ritenuta corretta. La Corte avrebbe dovuto considerare che l’intervento di asportazione della laringe si era inserito in una situazione già compromessa, riguardo alla quale avrebbe potuto determinare solo un incremento differenziale del pregiudizio;
osserva preliminarmente il collegio che la Corte territoriale ha ritenuto acclarata l’inesistenza di idoneo consenso informato sia in relazione alla gestione delle complicanze insorte successivamente all’intervento del 23 febbraio 2002, sia con riferimento a quello del 1 marzo 2002: dalle risultanze processuali sarebbe emerso che il M. era stato costantemente reso edotto circa il proprio stato di salute, ma questo non significava anche che allo stesso fosse stata fornita una informazione adeguata sull’esecuzione della prestazione sanitaria, riguardo alle implicazioni, ai rischi e alle conseguenze dell’attività chirurgica. Non era poi dimostrato che ricorresse una situazione di urgenza, mentre era evidente che l’intervento del 1 marzo 2002 aveva avuto un esito – la asportazione totale della laringe – che costituiva un evento sicuramente prevedibile;
la Corte territoriale aggiungeva che l’informazione avrebbe dovuto riguardare le problematiche consequenziali e costituire il fondamento di una alleanza terapeutica tra medico e paziente: il bene tutelato è, difatti, quello della libertà di autodeterminazione, bene del tutto diverso rispetto a quello della salute;
riguardo agli aspetti risarcitori, questi, secondo i giudici di appello, sarebbero equiparati all’errata esecuzione della prestazione chirurgica, poichè risultava provato che il paziente, M.A., non avrebbe prestato il consenso all’esecuzione dell’intervento di asportazione totale della laringe; pertanto, la Corte territoriale applicava le tabelle del Tribunale di Milano con riferimento all’invalidità temporanea e permanente accertata (30 giorni di IP, 60 giorni di IT e danno non patrimoniale permanente del 65%) decurtandole del 50%, pervenendo all’importo di Euro 244.000 circa, successivamente adeguato;
i motivi possono essere trattati congiuntamente perchè strettamente connessi e sono fondati;
costituisce principio consolidato quello secondo cui la mancanza di consenso assumere rilievo a fini risarcitori quando siano configurabili conseguenze pregiudizievoli derivate dalla violazione del diritto fondamentale all’autodeterminazione in se considerato, a prescindere dalla lesione incolpevole della salute del paziente. Tale diritto, distinto da quello alla salute, rappresenta, secondo l’insegnamento della Corte costituzionale (sentenza n. 438 del 2008), una doverosa forma di rispetto per la libertà dell’individuo, nonchè uno strumento relazionale volto al perseguimento e alla tutela del suo interesse ad una compiuta informazione, che si sostanzia nella indicazione:
– delle prevedibili conseguenze del trattamento sanitario;
– del possibile verificarsi di un aggravamento delle condizioni di salute;
– dell’eventuale impegnatività, in termini di sofferenze, del percorso riabilitiativo post-operatorio.
Ad una corretta e compiuta informazione consegue, difatti:
– il diritto, per il paziente, di scegliere tra le diverse opzioni di trattamento medico;
– la facoltà di acquisire, se del caso, ulteriori pareri di altri sanitari;
– la facoltà di scelta di rivolgersi ad altro sanitario e ad altra struttura, che offrano maggiori e migliori garanzie (in termini percentuali) del risultato sperato, eventualmente anche in relazione alle conseguenze postoperatorie;
– il diritto di rifiutare l’intervento o la terapia – e/o di decidere consapevolmente di interromperla;
– la facoltà di predisporsi ad affrontare consapevolmente le conseguenze dell’intervento, ove queste risultino, sul piano post- operatorio e riabilitativo, particolarmente gravose e foriere di sofferenze prevedibili (per il medico) quanta inaspettate (per il paziente) a causa dell’omessa informazione”;
il diritto – nel caso in cui alla prestazione terapeutica conseguano pregiudizi che il paziente avrebbe alternativamente preferito non sopportare nell’ambito di scelte personali allo stesso demandate il – di optare per il permanere della situazione patologica in atti e non per le conseguenze dell’intervento medico;
– il diritto, se debitamente informato, a vivere il periodo successivo all’intervento con migliore e più serena predisposizione ad accettarne le eventuali conseguenze (e le eventuali sofferenze) – predisposizione la cui mancanza andrebbe realisticamente e verosimilmente imputata proprio (e solo) all’assenza di informazione.
La relativa dimostrazione potrà essere fondata anche su elementi presuntivi (Cass. 16503/2017) – la cui efficienza dimostrativa seguirà una sorta di ideale scala ascendente, a seconda della gravità delle condizioni di salute e della necessarietà dell’operazione.
Alla luce di quanto precede, sono enucleabili le seguenti ipotesi di danni risarcibili per mancanza di adeguato consenso informato (in termini, di recente, Cass. 7248/2018, predicativa di principi cui il collegio intende dare continuità):
1. intervento errato che il paziente avrebbe comunque accettato anche nel caso di omessa/insufficiente informazione: un intervento, cioè, che ha cagionato un danno alla salute a causa della condotta colposa del medico, a cui il paziente avrebbe in ogni caso scelto di sottoporsi nelle medesime condizioni, hic et nunc: in tal caso, il risarcimento sarà limitato al solo danno alla salute subito dal paziente, nella sua duplice componente, morale e relazionale;
2. intervento errato che il paziente avrebbe rifiutato: omessa/insufficiente informazione in relazione ad un intervento che ha cagionato un danno alla salute a causa della condotta colposa del medico, a cui il paziente avrebbe scelto di non sottoporsi: in tal caso, il risarcimento sarà esteso anche al danno da lesione del diritto all’autodeterminazione del paziente;
3. intervento correttamente eseguito che il paziente avrebbe accettato; omessa informazione in relazione ad un intervento che ha cagionato un danno alla salute a causa della condotta non colposa del medico, a cui il paziente avrebbe scelto di non sottoporsi: in tal caso, il risarcimento sarà liquidato con riferimento alla violazione del diritto alla autodeterminazione (sul piano puramente equitativo), mentre la lesione della salute – da considerarsi comunque in relazione causale con la condotta, poichè, in presenza di adeguata informazione, l’intervento non sarebbe stato eseguito – andrà valutata in relazione alla situazione differenziale tra quella conseguente all’intervento e quella (comunque patologica) antecedente ad esso;
4. intervento correttamente eseguito che il paziente avrebbe rifiutato se edotto; omessa informazione in relazione ad un intervento che non ha cagionato danno alla salute del paziente (e che sia stato correttamente eseguito): in tal caso, la lesione del diritto all’autodeterminazione costituirà oggetto di danno risarcibile tutte le volte che, ma solo se, il paziente abbia subito le inaspettate conseguenze dell’intervento senza la necessaria e consapevole predisposizione ad affrontarle e ad accettarle, trovandosi invece del tutto impreparato di fronte ad esse.
La fattispecie in esame riguarda l’ultima ipotesi enucleata, dovendosi ribadire che, in astratto, sussiste un danno risarcibile connesso alle conseguenze inaspettate dell’intervento chirurgico, tali proprio perchè la condotta dei sanitari non è stata preceduta da una informazione adeguata nei termini evidenziati in premessa. Il paziente, infatti, vanta la legittima pretesa di conoscere con la necessaria e ragionevole precisione le conseguenze dell’intervento medico, onde prepararsi ad affrontarle con maggiore e migliore consapevolezza, atteso che la nostra Costituzione sancisce il rispetto della persona umana in qualsiasi momento della sua vita e nell’integralità della sua essenza psicofisica, in considerazione del fascio di convinzioni morali, religiose, culturali e filosofiche che orientano le sue determinazioni volitive (Cass. n. 21748/2007; Cass. 23676/2008, in tema di trasfusioni salvavita eseguite al testimone di Geova contro la sua volontà);
ma, nella specie, una siffatta domanda di danni non è stata in alcun modo formulata nell’atto di citazione, in quanto il paziente si è limitato a chiedere il risarcimento del danno non patrimoniale da invalidità temporanea assoluta, relativa e permanente, il danno morale e quello alla capacità lavorativa specifica, oltre al danno esistenziale ed alla vita di relazione. Danni che l’attore riconduce alla dedotta (e poi esclusa in entrambi gradi di giudizio) responsabilità medica dei singoli medici, dell’equipe e della struttura Casa Sollievo della Sofferenza e alla violazione dell’obbligo di acquisire un valido consenso informato (invece, acclarata);
il giudice di merito avrebbe dovuto accertare se il corretto adempimento, da parte dei sanitari, dei doveri informativi avrebbe prodotto l’effetto della non esecuzione dell’intervento chirurgico dal quale, senza colpa di alcuno, lo stato patologico è poi derivato, ovvero avrebbe consentito al paziente la necessaria preparazione e la necessaria predisposizione ad affrontare il periodo postoperatorio nella piena e necessaria consapevolezza del suo dipanarsi nel tempo;
se il paziente avesse, comunque e consapevolmente, acconsentito all’intervento, dichiarandosi disposto a subirlo, indipendentemente dalle conseguenze, anche all’esito di una incompleta informazione nei termini indicati, non ricorrerebbe il nesso di causalità materiale tra la condotta del medico e il danno lamentato, perchè egli avrebbe consapevolmente scelto di subire quell’incolpevole lesione determinatasi all’esito di un intervento eseguito secondo le leges artis da parte dei sanitari;
ove il paziente – come nel caso di specie – sul presupposto che l’atto medico sia stato compiuto senza un consenso consapevolmente prestato, richieda il risarcimento del danno da lesione della salute, determinato dalle non imprevedibili conseguenze di un atto terapeutico, necessario e correttamente eseguito secundum legem artis, deve allegare e dimostrare che egli avrebbe rifiutato quel determinato intervento se fosse stato adeguatamente informato (Cass. civ. Sez. 3, 9-2-2010, n. 2847);
come rilevato dalla parte ricorrente (pag. 8 del ricorso) l’attore avrebbe dovuto provare, anche con presunzioni, che, se adeguatamente informato, non avrebbe autorizzato l’intervento anche nell’ipotesi di operazione salva vita;
sulla base di tali elementi le censure oggetto dei motivi di ricorso sono fondate;
non essendo necessari ulteriori accertamenti diversi dalla valutazione giuridica delle domande proposte, nei termini sopra evidenziati, la decisione impugnata va cassata e questa Corte, decidendo nel merito, rigetta le domande proposta, con atto di citazione notificato il 17 aprile 2003, da M.A. e proseguite dagli eredi, Ma.Co. e M.G.;
le spese, in considerazione delle alterne vicende processuali, vanno compensate integralmente.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso;
cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito, rigetta le domande proposte da M.A. e proseguite dagli eredi, Ma.Co. e M.G. e dichiara integralmente compensate le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza della Corte Suprema di Cassazione, il 5 ottobre 2018.
Depositato in Cancelleria il 4 dicembre 2018