Rigettato il ricorso proposto da due medici e diretto ad ottenere il riconoscimento, a tutti gli effetti, giuridici ed economici, dell’anzianità maturata nel periodo in cui avevano svolto attività di convenzione a tempo indeterminato nella medicina dei servizi.

A sostegno della loro richiesta, esponevano di avere svolto dall’ottobre 1992 attività di medici specialisti ambulatoriali in regime di convenzione con le ASL, con inquadramento giuridico ed economico dal giugno 1991, avendo già prestato servizio come specialisti ambulatoriali presso diverse unità sanitarie locali, e che, invece, non era stato computato nell’anzianità maturata il periodo prestato, dal febbraio 1988, quali incaricati a tempo indeterminato nella medicina dei servizi.

Con il D.P.C.M. 8 marzo 2001, che contiene appunto l’atto di indirizzo e coordinamento, nonché i criteri di riconoscimento, in caso di instaurazione di rapporti di impiego, dell’anzianità di servizio prestato dai medici nei vari comparti, ivi compresa la medicina dei servizi ,si evidenzia che a questi specialisti sono stati riconosciuti:

  • al primo comma, sub a), “come salario di anzianità (retribuzione individuale d’anzianità), ai fini giuridici ed economici ed a valere dall’atto di inquadramento, quanto già eventualmente individualmente maturato allo stesso titolo nel rapporto di provenienza”:
  • allo stesso comma, sub b), “una anzianità di servizio e di esperienza professionale nell’ambito dell’attività svolta nel Servizio sanitario nazionale”, rapportata ad una serie di parametri specificamente indicati (relativi all’orario settimanale e all’anzianità di servizio).

Sono state previste, perciò, due diverse forme di riconoscimento:

  • al punto a), un riconoscimento integrale, come salario di anzianità, di quanto già maturato allo stesso titolo nel rapporto di provenienza;
  • al punto b), un riconoscimento più limitato dell’intera attività svolta nel servizio sanitario nazionale.

Soltanto il primo, il maturato economico, vale a tutti gli effetti, sia giuridici che economici, la seconda, la generica attività svolta nel servizio sanitario nazionale, vale, invece, come attività di servizio e di esperienza professionale, e perciò soltanto agli effettivi giuridici, ma non a quelli economici.

Il decreto del 2001, se avesse inteso attribuire la medesima rilevanza ad entrambe le fattispecie, non avrebbe effettuato questa distinzione.

Non è apparsa fondata, pertanto, l’argomentazione svolta, secondo cui i due punti, sub a e sub b dovrebbero essere coordinati tra loro. [Avv. Ennio Grassini – www.dirittosanitario.net]

Cassazione Civile – Sezione Lavoro, Sent. n. 13236 del 09.06.2009.

omissis

Svolgimento del processo

1. Con separati ricorsi, poi riuniti, i dottori S.G.P. e N.A. hanno convenuto in giudizio una serie di strutture pubbliche, vale a dire la ASL X. , le ex USL X. , X.  e la Regione Puglia, chiedendo il riconoscimento in loro favore, a tutti gli effetti, giuridici ed economici, e per il periodo sino al 31 dicembre 1994, dell’anzianità maturata ne periodo in cui avevano svolto attività di convenzione a tempo indeterminato nella medicina dei servizi.

A sostegno della loro richiesta, i ricorrenti esponevano di avere svolto dall’ottobre 1992 attività di medici specialisti ambulatoriali in regime di convenzione con le ASL X. , con inquadramento giuridico ed economico dal giugno 1991, avendo entrambi già prestato servizio come specialisti ambulatoriali presso diverse unità sanitarie locali, e che, invece, non era stato computato nell’anzianità maturata il periodo prestato, dal febbraio 1988, quali incaricati a tempo indeterminato nella medicina dei servizi.

Costituitosi il contraddittorio, e riuniti i ricorsi, il giudice di primo grado rigettava le domande.

Questa decisione veniva confermata dalla Corte d’Appello di Lecce, che, con sentenza n. 250/05, in data 8 – 21 febbraio 2005, rigettava l’appello dei due sanitari.

2. La sentenza riteneva, in particolare, che l’impugnazione fosse ammissibile, ma infondata nel merito, perché la norma invocata dagli interessati, in base alla quale il rapporto con il servizio sanitario nazionale doveva ritenersi unitario anche se lo specialista aveva svolto la propria attività in più posti di lavoro e/o in più unità sanitarie locali, era contenuta nel D.P.R. n. 316 del 1990, che riguardava soltanto la disciplina dei rapporti con i medici specialisti ambulatoriali.

Questa normativa non si applicava, invece, al comparto della medicina dei servizi, che non richiedeva un titolo di specializzazione, e che era disciplinata da un diverso accordo nazionale.

3. Avverso la sentenza di appello, che non risulta notificata, i due medici hanno proposto ricorso per Cassazione, con due motivi di impugnazione, notificato, in termine, il 15 febbraio 2006.

Una parte delle aziende intimate, e precisamente l’Azienda USL X.  e le USL X. , queste ultime tutte in liquidazione coatta amministrativa, resistevano con distinti controricorsi di identico contenuto. Le altre intimate, e precisamente l’Azienda USL X.  e le USL X. , queste ultime in liquidazione coatta amministrativa, non hanno presentato difese in questa fase.

Motivi della decisione

1. Nel primo motivo di impugnazione i ricorrenti denunziano la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 316 del 1990, art. 11 e della L. n. 833 del 1978, art. 47 e l’omessa motivazione su di un punto decisivo della controversia.

Criticano la sentenza per avere ritenuto che i rapporti di lavoro intrattenuti dai due sanitari a partire dal 1988 con il servizio sanitario nazionale fossero rapporti di lavoro autonomo, e sostengono che si trattava, invece, di parasubordinazione, perché la loro disciplina, uniforme su tutto il territorio nazionale, prevedeva una serie di indici, quali forme di selezione per l’accesso, massimali orari, ipotesi di incompatibilità, inserimento stabile nell’organizzazione dell’ente, l’obbligo di osservare determinate modalità di erogazione delle prestazioni. Secondo quanto previsto dal D.P.R. n. 316 del 1990, art. 11 sull’accordo per la medicina specialistica ambulatoriale, i due sanitari interessati erano transitati, senza soluzione di continuità, ed addirittura in via preferenziale, dalla medicina dei servizi a quella specialistica ambulatoriale, come si fosse trattato del medesimo rapporto di lavoro.

Il giudice, però, non aveva esaminato questo punto.

2. Nel secondo motivo di impugnazione i due sanitari lamentano la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 8, comma 2 bis, così come modificato dal successivo D.Lgs. n. 254 del 2000, nonchè del D.P.C.M. 8 marzo 2001, art. 1, nonchè l’insufficiente e contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della controversia.

Criticano la sentenza per avere ritenuto che non fosse applicabile il citato D.P.C.M. in quanto la controversia si riferiva ad una anzianità di servizio maturata negli anni dal 1988 al 1991, vale ad un periodo in cui il decreto stesso non era ancora stato emanato.

Ricordano che, quando è stato proposto il ricorso introduttivo, il D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 8 era già stato modificato dal D.Lgs. n. 254 del 2000, e prevedeva che, per i medici convenzionati ai sensi della L. n. 833 del 1978, art 48 che avessero deciso di passare ad un rapporto di dipendenza, dovesse essere valutato ai fini del trattamento giuridico ed economico, senza distinzione di sorta, l’intero servizio svolto in precedenza in forma convenzionata.

La norma, perciò, era applicabile anche al caso di specie; secondo i ricorrenti, infatti, era destinata a disciplinare, ed a sanare, anche con effetti retroattivi, tutte le situazioni che si erano verificate in precedenza.

I ricorrenti criticano, inoltre, la sentenza per avere ritenuto che il D.P.C.M. disponesse il riconoscimento dell’anzianità del servizio prestato in regime convenzionale solamente per quel che riguardava l’attività di medico specialista ambulatoriale.

Secondo i ricorrenti, invece, in base al numero 2, lettera b, del decreto stesso, ai fini del calcolo doveva essere cumulato l’intero servizio prestato, con o senza carattere di contemporaneità, nell’ambito dei diversi servizi convenzionali compatibili tra loro.

Era pacificamente consentito il passaggio da un settore all’altro di attività convenzionata, mentre quello che contava ai fini del calcolo dell’anzianità complessiva, e quindi ai fini giuridici ed economici ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2001, era solamente il tetto massimo delle ore settimanali effettuate in convenzione; questo tetto, infatti, non poteva essere superato.

I due sanitari riferiscono, infine, che la AUSL X.  aveva preso in considerazione ai fini dell’anzianità complessiva il rapporto convenzionale svolto, ma, contraddittoriamente, lo aveva escluso ai fini del maturato economico.

3. Il ricorso non è fondato.

Nel primo motivo i due sanitari lamentano che la sentenza avrebbe ritenuto che quelli da loro intrattenuti prima dell’assunzione con il servizio sanitario nazionale fossero rapporti di lavoro autonomo e sostengono che avevano invece carattere parasubordinato.

È vero che i rapporti tra il servizio sanitario nazionale ed i medici convenzionati hanno carattere parasubordinato: come spiegato dalle Sezioni Unite di questa Corte, “I rapporti tra i medici convenzionati esterni e le unità sanitarie locali, disciplinati dalla L. 23 dicembre 1978, n. 833, art. 48 e dagli accordi collettivi nazionali stipulati in attuazione di tate norma, pur se costituiti in vista dello scopo di soddisfare le finalità istituzionali del servizio sanitario nazionale, dirette a tutelare la salute pubblica, corrispondono a rapporti libero – professionali “parasubordinati” che si svolgono di norma su un piano di parità, non esercitando l’ente pubblico nei confronti del medico convenzionato alcun potere autoritativo, all’infuori di quello di sorveglianza, né potendo incidere unilateralmente, limitandole o degradandole ad interessi legittimi, sulle posizioni di diritto soggettivo nascenti, per il professionista, dal rapporto di lavoro autonomo.” (Cass. civ., S.U., 21 ottobre 2005, n. 20344; nello stesso senso, S.U., 4 agosto 1995, n. 8547, e recentemente, 8 aprile 2008, n. 9142).

La categoria della parasubordinazione costituisce, peraltro, una specificazione di quella più ampia del lavoro autonomo, ed è stata elaborata per distinguere una serie di prestazioni di natura libero professionale da quelle di lavoro subordinato, non da quelle di lavoro autonomo, nei caso dei medici convenzionati per escludere che questi ultimi siano dipendenti subordinati delle strutture sanitarie.

Non per caso, le Sezioni Unite hanno specificato che le loro attività “corrispondono a rapporti libero – professionali”.

Non è esatto, invece, che la differente qualificazione – come parasubordinato piuttosto che semplicemente come di lavoro autonomo – del precedente rapporto intrattenuto con il servizio sanitario nazionale potesse incidere sull’anzianità di servizio da riconoscere ai sanitari interessati in un successivo rapporto di pubblico impiego; questo sarebbe potuto avvenire soltanto per effetto di una disposizione specifica in tal senso.

4. Sempre nello stesso motivo i ricorrenti lamentano anche che i giudici di merito non avrebbero tenuto conto del fatto che – in forza dell’art. 11 dell’Accordo Collettivo Nazionale pubblicato con D.P.C.M. 28 settembre 1990, n. 316, – erano transitati senza alcuna soluzione di continuità dalla medicina dei servizi a quella specialistica ambulatoriale.

Per la verità, la circostanza, in se stessa, non è contestata. Ciò non toglie che anche questa censura sia infondata, perché il fatto che una normativa contrattuale prevedesse l’assunzione in via preferenziale come medici specialisti ambulatoriali dei sanitari che già avevano prestato la propria attività per conto del servizio sanitario nazionale in qualità di medici convenzionati a tempo indeterminato, e che in concreto i due ricorrenti, trovandosi nelle condizioni richieste, abbiano potuto fruire del beneficio, non comporta necessariamente l’esistenza di un loro ulteriore diritto al computo nell’anzianità, a tutti gli effetti sia giuridici che economici, del periodo di lavoro prestato in precedenza come medici convenzionati.

5. Il secondo motivo di impugnazione tocca, invece, il punto centrale della controversia, quello dell’esistenza, appunto, di un diritto dei ricorrenti al calcolo a tutti gli effetti del rapporto convenzionale svolto nel settore della medicina dei servizi; gli effetti cui si riferisce la loro pretesa, in realtà, sono soprattutto quelli economici, perché, secondo quanto affermato dagli stessi ricorrenti a pag. 9 dell’atto di impugnazione, la AUSL X.  aveva considerato il precedente rapporto convenzionale ai fini dell’anzianità complessiva, ma lo aveva escluso ai fini del maturato economico.

I due ricorrenti basano le loro richieste sul combinato disposto del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 8, comma 2 bis, così come modificato dal successivo D.Lgs. 28 luglio 2000, n. 254, art. 6, e del D.P.C.M. 8 marzo 2001, art. 1, ma queste norme, anche esaminate nel loro complesso, non consentono affatto l’interpretazione sostenuta dagli interessati.

Il comma 2 bis (introdotto dall’arto del successivo D.P.C.M. n. 254 del 2000) del D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 8 costituisce, per la verità, una semplice norma programmatica destinata a rinviare ad una normativa successiva: per quanto qui interessa prevede che con un successivo atto di indirizzo e coordinamento sarebbero stati individuati i criteri per la valutazione, in caso di instaurazione di rapporto di impiego, del servizio prestato in regime convenzionale dai medici nei differenti settori, e tra essi, anche nella medicina dei servizi.

6. E’ necessario, perciò, fare riferimento alla normativa di rinvio, contenuta nel D.P.C.M. 8 marzo 2001, art. unico. Quest’ultimo contiene appunto l’atto di indirizzo e coordinamento, e specifica i criteri di riconoscimento, in caso di instaurazione di rapporti di impiego, dell’anzianità di servizio prestato dai medici nei vari comparti, ivi compresa la medicina dei servizi.

A questi specialisti sono stati riconosciuti: al primo comma, sub a), “come salario di anzianità (retribuzione individuale d’anzianità), ai fini giuridici ed economici ed a valere dall’atto di inquadramento, quanto già eventualmente individualmente maturato allo stesso titolo nel rapporto di provenienza”:

allo stesso comma, sub b), “una anzianità di servizio e di esperienza professionale nell’ambito dell’attività svolta nel Servizio sanitario nazionale”, rapportata ad una serie di parametri specificamente indicati (relativi all’orario settimanale e all’anzianità di servizio).

Sono state previste, perciò, due differenze forme di riconoscimento:

al punto a), un riconoscimento integrale, come salario di anzianità, di quanto già maturato allo stesso titolo nel rapporto di provenienza;

al punto b), un riconoscimento più limitato dell’intera attività svolta nel servizio sanitario nazionale.

Soltanto il primo, il maturato economico, vale a tutti gli effetti, sia giuridici che economici, la seconda, la generica attività svolta nel servizio sanitario nazionale, vale, invece, come attività di servizio e di esperienza professionale, e perciò soltanto agli effettivi giuridici, ma non a quelli economici.

Se avesse inteso attribuire la medesima rilevanza ad entrambe le fattispecie, il decreto del 2001 non avrebbe effettuato questa distinzione.

Non appare fondata, pertanto, l’argomentazione svolta dai ricorrenti a pag. 7 del ricorso, secondo cui i due punti, sub a e sub b, del comma dovrebbero essere coordinati tra loro, e, in particolare, il numero 2 del punto sub b, andrebbe coordinato con il punto sub a.

7. La differenza di regolamentazione fa riferimento, per la verità, ai due diversi presupposti di fatto del maturato economico e dell’attività di svolta nel servizio sanitario nazionale.

La norma, invece, non tocca esplicitamente la differente distinzione tra l’attività svolta, sia pure in forma convenzionata, e non di rapporto di impiego, nel medesimo comparto e quella svolta, invece, in un comparto diverso (come è avvenuto per i due ricorrenti, che svolgevano l’attività di medici convenzionati nell’ambito della medicina dei servizi, ed hanno instaurato i rispettivi rapporti di impiego in qualità di specialisti ambulatoriali).

Il primo punto, sub a, limita, peraltro, il riconoscimento “a quanto già individualmente maturato allo stesso titolo nel rapporto di provenienza”.

La necessità di uno stesso titolo presuppone necessariamente la possibile esistenza di titoli diversi, che non comportano il riconoscimento del beneficio: altrimenti sarebbe priva di contenuto logico.

Dato che è pacifico che, tra i precedenti rapporti convenzionali ed i nuovi rapporti di impiego come specialisti ambulatoriali, le modalità della prestazione erano necessariamente diverse, la locuzione “allo stesso titolo” non può che fare riferimento ad un medesimo comparto, o ad una stessa specialità professionale.

Agli effetti giuridici ed economici è riconosciuto – per quanto qui interessa – quanto maturato dagli interessati nel medesimo comparto, ma non quanto maturato in un comparto diverso.

La disposizione ha inteso garantire la continuità nello svolgimento delle medesime prestazioni professionali, evitando che i medici potessero subire un peggioramento del proprio trattamento economico nel caso in cui avessero continuato a svolgere la medesima attività ma in forma di rapporto di impiego e non di rapporto convenzionale; per questo appunto ha fissato il principio dell’intangibilità del maturato economico. Nel caso di specie questo principio è inapplicabile perchè la prestazione professionale svolta non era più la medesima, ed anche perchè non risulta (nè viene affermato) che i due sanitari abbia subito un peggioramento del trattamento economico.

8. Il ricorso pertanto è infondato, e non può che essere rigettato.

Rimane assorbita l’eccezione riproposta da una delle controricorrenti, la Azienda USL X. , sulla propria carenza di legittimazione passiva, perchè l’impugnazione non tocca questo punto, su cui, di conseguenza, si è formato il giudicato, dato che la sentenza di appello, a pag. 10, ha escluso quella legittimazione.

Le spese del grado, liquidate nella misura indicata in dispositivo, seguono la soccombenza a carico dei ricorrenti in solido tra loro ed a favore delle parti intimate che si sono costituite in giudizio, solidalmente considerate tra loro, e precisamente dell’Azienda USL X. , queste ultime tutte in liquidazione coatta amministrativa.

Non sussistono spese suscettibili di liquidazione per quel che riguarda le altre parti intimate che non hanno svolto difese in questa fase.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alle spese che liquida in Euro 40,00, oltre ad Euro 5.000,00 (cinquemila/00) per onorari, oltre a spese generali, IVA e CPA, in favore delle parti intimate costituite, solidalmente considerate tra loro. Nulla per le spese quanto alle intimate che non hanno presentato difese in questa fase.

Così deciso in Roma, il 25 marzo 2009.