Per quanto concerne la responsabilità della struttura sanitaria nei confronti del paziente è irrilevante che si tratti di una casa di cura privata o di un ospedale pubblico in quanto sostanzialmente equivalenti sono a livello normativo gli obblighi dei due tipi di strutture verso il fruitore dei servizi, ed anche nella giurisprudenza si riscontra una equiparazione completa della struttura privata a quella pubblica quanto al regime della responsabilità civile anche in considerazione del fatto che si tratta di violazioni che incidono sul bene della salute, tutelato quale diritto fondamentale dalla Costituzione, senza possibilità di limitazioni di responsabilità o differenze risarcitorie a seconda della diversa natura, pubblica o privata, della struttura sanitaria. [Avv. Ennio Grassini – www.dirittosanitario.net]

Tribunale di Milano – Sezione V, Sent. del 05.03.2009

omissis

Svolgimento del processo

Con atto di citazione ritualmente notificato, il signor L. Z. conveniva in giudizio il dott. M. G. e la N.  […]s.r.l. per sentirli condannare, in solido, al risarcimento di tutti i danni (ivi compreso danno biologico, esistenziale, morale e patrimoniale), a fronte delle cure odontoiatriche prestate dal dott. G. in data 17.05.2003 presso la struttura sanitaria N.  […]s.r.l.

Instauratosi il contraddittorio, si costituivano con separate comparse i convenuti, i quali concludevano per il rigetto delle domande.

Il G.I. ammetteva parzialmente le prove dedotte dalle parti.

Il G.I. disponeva consulenza tecnica d’ufficio sulle lesioni patite dall’attore.

Quindi nell’udienza del 03.12.2008, le parti precisavano le conclusioni come da verbale.

Il G.I. rinviava la causa al 05.03.2009 per la discussione orale, ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c.; nella stessa udienza dava lettura del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione.

Motivi della decisione

Ritiene questo giudice che debba dichiararsi responsabilità di entrambi i convenuti M. G. e N.  […]s.r.l. nella produzione del danno subito dall’attore.

In data 17.05.2003 il signor Z. si recava presso lo studio medico N.  […]s.r.l. lamentando fastidi diffusi a carico dell’emiarcata inferiore sinistra; veniva visitato dal dott. G. che individuava la causa dei dolori nell’elemento dentario n. 37, proponendone l’avulsione.

Allega l’attore che la diagnosi veniva delineata senza alcuna indagine radiografica.

Durante l’esecuzione dell’ avulsione interveniva la frattura del suddetto elemento dentario da estrarre.

Al termine dell’effetto dell’anestesia, il signor Z. riscontrava sofferenze a carico della zona trattata, acuitesi con la rimozione dei punti di sutura.

Recatosi presso l’Istituto Stomatologico Italiano, perdurando i dolori, all’attore venivano riscontrati postumi o esiti avulsivi in corrispondenza dell’elemento n. 37, con la presenza di frammenti ossei in corrispondenza del bordo alveolare, che venivano rimossi.

Successive visite odontoiatriche rilevavano un danno alle branche trigeminali.

Data la persistenza dei dolori acuti nel luglio 2007, nelle more del giudizio, l’attore effettuava intervento di decompressione nervosa del nervo alveolare mandibolare sinistro.

Dagli atti e documenti di causa, dall’espletata istruttoria ed, in particolare, dalla relazione del C.T.U., risulta provato:

  • che vi sia stata imperizia, imprudenza e negligenza nel comportamento sanitario del dott. M. G.;
  • che l’intervento di avulsione del 17.05.2003 era di facile esecuzione;
  • che necessitava una preliminare indagine radiografica che avrebbe evidenziato una anomalia anatomica a carico delle radici, orientando diversamente l’approccio dell’intervento di avulsione;
  • che la colpa professionale è ascrivibile esclusivamente all’operato del convenuto dott. G., atteso che gli interventi successivamente eseguiti hanno solamente attenuato il danno subito in conseguenza della colpevole condotta del dott. G.;
  • che si configura un danno biologico del 4% per perdita dell’elemento dentale e per le sequele consistenti in parestesia all’emifaccia sinistra dell’attore;
  • che è stata riconosciuta una invalidità temporanea:

    – al 100% per 2 giorni (giorni del ricovero per l’intervento di decompressione del 2007);

    – al 75% per 6 mesi;

    – al 50% per 2 mesi;

    – al 25% per 3 mesi;

    – al 10% per un mese;
  • che l’attore, all’udienza del 05.03.2009, rinunciava alla domanda di risarcimento del danno patrimoniale da invalidità lavorativa specifica;
  • che le spese mediche sostenute dall’attore e documentate sono pari a Euro 8.293,61. Il Tribunale riconosce, infatti, come dovuto integralmente anche l’esborso effettuato nel luglio 2007 per la decompressione nervosa del nervo alveolare mandibolare sinistro. Invero, trattasi di spese sanitarie in rapporto causale con la condotta produttiva dell’illecito ed appare incontestabile che il danneggiato abbia diritto, al fine di recuperare la propria integrità fisica, di usufruire di medici e strutture di sua fiducia, tanto più dopo aver subito tutte le conseguenze pregiudizievoli a seguito dell’intervento di cui è causa (v. Cass. n. 16073/02);
  • che le spese future dell’attore sono state stimate dal C.T.U. in Euro 2.500,00;

Questo giudice condivide le argomentazioni e le conclusioni cui è pervenuto il C.T.U., con metodo corretto ed immune da vizi logici o di altra natura.

Pertanto, devesi dichiarare la responsabilità del dott. M. G. e della N.  […]s.r.l. nella produzione del danno subito dall’attore.

Infatti, le Sezioni Unite, con sentenza 11 gennaio 2008, n. 577, hanno ribadito che “per quanto concerne la responsabilità della struttura sanitaria nei confronti del paziente è irrilevante che si tratti di una casa di cura privata o di un ospedale pubblico in quanto sostanzialmente equivalenti sono a livello normativo gli obblighi dei due tipi di strutture verso il fruitore dei servizi, ed anche nella giurisprudenza si riscontra una equiparazione completa della struttura privata a quella pubblica quanto al regime della responsabilità civile anche in considerazione del fatto che si tratta di violazioni che incidono sul bene della salute, tutelato quale diritto fondamentale dalla Costituzione, senza possibilità di limitazioni di responsabilità o differenze risarcitorie a seconda della diversa natura, pubblica o privata, della struttura sanitaria. Questa Corte ha costantemente inquadrato la responsabilità della struttura sanitaria nella responsabilità contrattuale, sul rilievo che l’accettazione del paziente in ospedale, ai fini del ricovero o di una visita ambulatoriale, comporta la conclusione di un contratto”.

Nello specifico, il rapporto che si instaura tra il paziente e la casa di cura (o l’ente ospedaliero) “ha fonte in un atipico contratto a prestazioni corrispettive con effetti protettivi nei confronti del terzo, da cui, a fronte dell’obbligazione al pagamento del corrispettivo… insorgono a carico della casa di cura (o dell’ente), accanto a quelli di tipo “lato sensu” alberghieri, obblighi di messa a disposizione del personale medico ausiliario, del personale paramedico e dell’apprestamento di tutte le attrezzature necessarie, anche in vista di eventuali complicazioni od emergenze” (Cass. Civ.,14 luglio 2004, n. 13066).

Ne deriva, allora, che la responsabilità della casa di cura nei confronti del paziente ha natura contrattuale ai sensi dell’art. 1218 c.c. e può conseguire sia all’inadempimento delle obbligazioni direttamente a suo carico che, ex art. 1228 c.c., all’inadempimento della prestazione medico-professionale svolta direttamente dal sanitario “quale suo ausiliario necessario, pur in assenza di un rapporto di lavoro subordinato comunque sussistendo un collegamento tra la prestazione da costui effettuata e la sua organizzazione aziendale” (Cass. Civ., n. 13066/2004).

Nella specie, essendo incontroverso che il dott. G. sia dipendente della N.  Odontomi s.r.l., alla luce degli esposti principi di diritto consegue la responsabilità di entrambi i convenuti.

Circa il quantum, ritiene questo giudice, alla luce delle risultanze peritali, che l’attore abbia subito il danno patrimoniale pari ad Euro 2.500,00 e ad Euro 8.293,61. Sulla domanda di rivalutazione monetaria giova evidenziare che deve essere rivalutata ad oggi solamente quest’ultima somma, atteso che la residua somma di Euro 2.500,00 ha per oggetto una spesa futura. Pertanto, rivalutata ad oggi la somma Euro 8.293,61, la stessa è pari a (arrotondati) Euro 9.290,00.

Ritiene altresì il Tribunale che l’attore abbia certamente subito il danno biologico e cioè quello derivante da illecito lesivo dell’integrità psico-fisica della persona, che, quale evento interno al fatto lesivo della salute, deve necessariamente esistere in presenza delle accertate lesioni, e che prescinde dal danno correlato alla capacità di produzione del reddito. Ai fini del risarcimento, il danno biologico deve essere considerato “in relazione all’integralità dei suoi riflessi pregiudizievoli rispetto a tutte le attività, le situazioni e i rapporti in cui la persona esplica se stessa nella vita propria vita; non soltanto, quindi, con riferimento alla sfera produttiva, ma anche con riferimento alla sfera spirituale, culturale, affettiva, sociale, sportiva, e a ogni altro ambito e modo in cui il soggetto svolge la sua personalità e cioè a tutte le attività realizzatrici della persona umana” (così la Corte Costituzionale n. 356/1991; v. altresì Corte Costituzionale n. 184/1986).

Inoltre, recentemente la Cassazione a Sez. unite (sentenza n. 26972/2008) ha tra l’altro ritenuto che, nell’ambito del danno non patrimoniale, il riferimento a determinati tipi di pregiudizi, in vario modo denominati (danno morale, danno biologico, danno da perdita del rapporto parentale), risponde ad esigenze descrittive, ma non implica il riconoscimento di distinte categorie di danno. E” compito del giudice accertare l’effettiva consistenza del pregiudizio allegato, a prescindere dal nome attribuitogli, individuando quali ripercussioni negative sul valore-uomo si siano verificate e provvedendo alla loro integrale riparazione. Il giudice anziché procedere alla separata liquidazione del danno morale in termini di una percentuale del danno biologico (procedimento che determina una duplicazione di danno), deve procedere ad un’adeguata personalizzazione della liquidazione del danno biologico, valutando nella loro effettiva consistenza le sofferenze fisiche e psichiche patite dal soggetto leso, onde pervenire al ristoro del danno nella sua interezza.

Ebbene, tenuto conto delle accertate invalidità, dell’età al momento dell’accadimento (anni 55), del sesso e delle condizioni di vita dell’attore, delle risultanze probatorie, dell’espletata CTU, del disagio degli ulteriori interventi, dei criteri tabellari finora normalmente adottati da questo Tribunale per la liquidazione del danno biologico permanente, temporaneo e morale, delle particolari sofferenze fisiche e psichiche che si accompagnano agli interventi odontoiatrici in esame che coinvolgono il nervo alveolare mandibolare e il trigemino, stimasi equo liquidare, per il complessivo risarcimento del danno non patrimoniale da lesione al diritto alla salute, le somme già rivalutate di Euro 5.000,00, conseguente all’invalidità permanente, e di Euro 20.000,00, conseguente alla lunghissima e particolarmente dolorosa e debilitante inabilità temporanea.

Circa gli importi così liquidati, il Tribunale rileva che l’attore ha comunque chiesto il risarcimento di tutti i danni non patrimoniali subiti, anche “nella diversa misura ritenuta di giustizia, oltre al danno esistenziale da liquidarsi equitativamente, nonché a interessi e a rivalutazione monetaria”. Spetta, dunque, al Tribunale attribuire l’esatto nomen juris alle voci di danno indicate dall’attore ed è possibile, quindi, attribuire a ciascuna di dette voci importi diversi da quelli richiesti.

Circa la richiesta di risarcimento del danno esistenziale giova inoltre richiamare quanto ritenuto dalla citata sentenza n. 26972/2008: “Il danno non patrimoniale è categoria generale non suscettiva di suddivisione in sottocategorie variamente etichettate. In particolare, non può farsi riferimento ad una generica sottocategoria denominata “danno esistenziale”, perché attraverso questa si finisce per portare anche il danno non patrimoniale nell’atipicità”. In definitiva “di danno esistenziale come autonoma categoria di danno non è più dato discorrere”. In ogni caso, laddove il giudice abbia liquidato il danno biologico e le sofferenze conseguenti non residua spazio per il risarcimento di ulteriori pregiudizi esistenziali, perché tutti già ricompresi in quelli già liquidati, risultando altrimenti certa la duplicazione risarcitoria del medesimo danno.

Pertanto, i danni subiti dall’attore vanno liquidati in complessivi Euro 36.790,00 (somma rivalutata ad oggi).

Sul predetto importo liquidato devono essere riconosciuti gli interessi compensativi del danno derivante dal mancato tempestivo godimento dell’equivalente pecuniario del bene perduto.

Gli interessi compensativi – secondo l’ormai consolidato indirizzo delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (v. sentenza n. 1712/1995) – decorrono dalla produzione dell’evento di danno sino al tempo della liquidazione; per questo periodo, gli interessi compensativi si possono calcolare applicando un tasso annuo medio ponderato sul danno rivalutato.

Tale tasso di interesse è ottenuto “ponderando” l’interesse legale sulla somma sopra liquidata, che – “devalutata” alla data del fatto illecito, in base agli indici I.S.T.A.T. costo vita – si incrementa mese per mese, mediante gli stessi indici di rivalutazione, sino alla data della presente sentenza.

Da oggi, giorno della liquidazione, all’effettivo saldo decorrono gli interessi legali sulla somma rivalutata.

Pertanto, alla luce degli esposti criteri, i convenuti dott. M. G. e N.  […]s.r.l., in solido, devono essere condannati al pagamento, in favore dell’attore, della complessiva somma di Euro 36.790,00, liquidata in moneta attuale, oltre:

  • interessi compensativi, al tasso annuo medio ponderato del 3%, sulla somma di Euro 36.790,00 dal 17.05.2003 (data dell’intervento di avulsione) ad oggi;
  • interessi, al tasso legale, sulla somma di Euro 36.790,00, dalla data della presente sentenza al saldo effettivo.

Le spese della Consulenza Tecnica d’Ufficio vanno poste a carico dei convenuti in solido.

Consegue alla soccombenza la condanna del convenuto dott. M. G. e della N.  […]s.r.l., in solido, a rifondere all’attore le spese processuali ivi comprese quelle di CTP.

P.Q.M.

Il Tribunale di Milano, definitivamente pronunciando, così provvede:

  • dichiara la responsabilità dei convenuti dott. M. G. e N.  […]s.r.l. nella produzione del danno subito dall’attore;
  • condanna i convenuti dott. M. G. e N.  […]s.r.l., in solido, al pagamento, in favore di L. Z., della somma di Euro 36.790,00, oltre interessi come specificati in motivazione;
  • pone le spese della consulenza tecnica d’ufficio a carico dei convenuti, in solido;
  • condanna i convenuti, in solido, a rifondere all’attore le spese processuali, che liquida in Euro 1.131,71 per esborsi, anticipazioni e spese di C.T.P., Euro 1.913,00 per diritti, Euro 3.180,00 per onorario di avvocato, Euro 636,63 per spese generali, oltre C.P.A. ed I.V.A.;
  • dichiara la presente sentenza provvisoriamente esecutiva;
  • la presente sentenza si intende pubblicata con la sottoscrizione da parte di questo giudice ed è immediatamente depositata in cancelleria.

Milano, 05.03.2009.