Un medico in servizio presso il pronto soccorso, praticava ad una paziente in preda a gastralgia un’iniezione di baralgina, nonostante fosse stata informata dal di lei marito che era allergica ai farmaci, provocandole così uno shock anafilattico.

A seguito di arresto cardio-respiratorio con conseguente ipossia cerebrale, alla signora erano residuati  gravi danni neurologici permanenti, ovvero “tetraparesi spastica con incontinenza urinaria e psicosindrome organica con interessamento delle funzioni cognitive e dell’equilibrio emotivo.

Ha osservato la Corte che la sussistenza della colpa grave non può essere affermata in astratto ma deve essere valutata caso per caso.

Questo perchè, non ogni condotta diversa da quella doverosa implica colpa grave ma solo quella che sia caratterizzata da particolare negligenza,imprudenza od imperizia e che sia posta in essere senza l’osservanza,nel caso concreto,di un livello minimo di diligenza,prudenza o perizia. Tale livello minimo dipende dal tipo di attività concretamente richiesto all’agente e dalla sua particolare preparazione professionale,in quel settore della P.A. al quale è preposto.

Applicando tali principi di carattere generale alla fattispecie concreta, si è affermata l’esistenza della colpa grave del sanitario che con negligenza ed imperizia, non accertava la sussistenza di eventuali allergie pur in presenza della dichiarazione fornita dal marito della paziente che, di per se, imponeva i necessari approfondimenti prima della somministrazione del farmaco allergizzante

Corte dei Conti Sicilia – Sent. n. 1437 del 29.06.2010

FATTO

Con atto di citazione del 16 febbraio 1983, la sig.ra G.  R.   aveva convenuto in giudizio davanti al Tribunale di Palermo l’USL n. Z. di Palermo, esponendo che la dott.ssa X.  X. , medico del pronto soccorso dell’Ospedale Civico e Y.  di Palermo, dove si era recata alle ore 5,45 del 24 luglio 1981 in preda a gastralgia, le aveva praticato un’iniezione di baralgina, nonostante fosse stata informata dal di lei marito che era allergica ai farmaci, provocandole così uno shock anafilattico.

A seguito di arresto cardio-respiratorio con conseguente ipossia cerebrale, erano residuati alla sig.ra G.  R.   gravi danni neurologici permanenti, ovvero “tetraparesi spastica con incontinenza urinaria e psicosindrome organica con interessamento delle funzioni cognitive e dell’equilibrio emotivo”.

Il giudice di prime cure, tenuto conto delle  risultanze processuali e , segnatamente, delle valutazioni del consulente tecnico, giungeva alle conclusioni che  non era addebitabile alcuna colpa professionale in capo alla dott.ssa X.  (chiamata in giudizio unitamente alla Maeci assicurazioni da parte della USL n. Z.)  in ordine alle conseguenze derivanti dall’iniezione di baralgina e respingeva in toto la richiesta risarcitoria dell’attore.

Avverso la suddetta sentenza proponeva rituale appello la parte soccombente, che otteneva giustizia con la pronuncia sul gravame emessa a carico della gestione liquidatoria della USL 58, della Maeci assicurazioni chiamata in garanzia, della dott.ssa X.  X.  X., rimasta contumace, ottenendo un risarcimento pari a £ 1.539.324.618, oltre £ 85.147.475 per spese giudiziali.

Infatti, il collegio adito in secondo grado, con sentenza-ordinanza non definitiva n. 503/1998, ribaltando le argomentazioni del giudice di primo grado, ravvisava la grave colpa professionale della dott.ssa X.  per negligenza: la stessa, infatti, avrebbe dovuto tenere in debito conto la dichiarazione del marito della paziente che, pur nella versione risultante in cartella clinica (allergia agli antibiotici ed alle vitamine) era pur sempre una dichiarazione atecnica che rappresentava in modo profano una diffusa situazione allergizzante, altamente sospetta all’uditore specialista, proprio perché collegata ad un’intera categoria di farmaci ed all’insieme di tutte le vitamine.

Un’accurata e diligente prestazione sanitaria (che si imponeva in una situazione non connotata da urgenza o pericolo quoad vitam,) avrebbe richiesto doverose ed ineludibili domande, da parte della dott.ssa X. , circa gli accertamenti sanitari eseguiti per l’affermazione clinica della suddetta allergia ed avrebbe evitato la frettolosa e superficiale somministrazione della fiala di baralgina che ha causato i danni permanenti alla sig.ra G. .

In ordine alla quantificazione della percentuale d’invalidità, il Collegio nominava un C.T.U. e rinviava alla pronuncia definitiva, intervenuta con la sentenza n. 391/2001 citata.

La sentenza della Corte d’Appello, munita di formula esecutiva, veniva quindi notificata dal legale della sig.ra G.  R.  , in uno all’intimazione di pagamento, in data 11 giugno 2001, con l’avvertenza  alla USL n. Z. soccombente che laddove il pagamento della  somma di £1.539.324.618, oltre £ 85.147.475 per spese giudiziali, non fosse intervenuto entro 120 giorni, si sarebbe provveduto ad esecuzione forzata.

In data 18 settembre 2001, la compagnia Maeci Assicurazioni, chiamata in garanzia dal Commissario liquidatore dell’ex USL n. 58, condannata a rivalere l’assicurato entro i limiti del massimale di polizza, liquidava alla sig.ra G.  R.   la somma di £. 200.000.000 e con riferimento a tale rapporto di garanzia il Commissario liquidatore dell’USL n. Z. rilasciava quietanza liberatoria alla Maeci , anche a nome della dott.ssa X.  X.  condannata in solido, dichiarando di non aver più nulla a pretendere dalla predetta compagnia di assicurazioni.

I legali della sig.ra G. , non ricevendo alcun pagamento, procedevano ad esecuzione forzata nei confronti dell’Assessorato regionale Sanità (gestione liquidatoria USL n. Z.), ritenuto più solvibile della dott.ssa X.  e con ordinanza del Tribunale di Palermo del 20/02/2002 ottenevano in assegnazione la somma di ¤ 714.401,20.

Con nota prot.n. 2013 del 7 dicembre 2006, ricevuta dalla dott.ssa X.  in data 17 dicembre 2006, la gestione Stralcio dell’AUSL n. 6 chiedeva al predetto sanitario di rifondere la somma di ¤ 714.401,20, erogata dall’AUSL n.6 – gestione stralcio – ed ascrivibile a risarcimento per colpa professionale esclusiva della medesima dott.ssa X. .

Quest’ultima riscontrava la richiesta dell’Azienda sanitaria negando di dover rifondere alcunché, attesa l’esistenza di una copertura assicurativa da parte della compagnia Maeci.

A seguito di ulteriore invito a pagare, di cui alla nota prot. 462 dell’AUSL n. X del 16/04/2007, la dott.ssa X.  opponeva l’esistenza di una transazione liberatoria (a suo dire dell’intera posizione debitoria) stipulata tra il commissario liquidatore e la Maeci assicurazioni e, per tal ragione, negava di dovere alla AUSL alcun risarcimento.

Pertanto, l’Azienda Sanitaria, essendo tenuta ad esercitare l’azione di rivalsa nei confronti del sanitario dipendente il cui operato aveva determinato l’esborso a carico del bilancio dell’azienda stessa, inviava gli atti al Procuratore contabile per l’esercizio dell’azione di rivalsa .

Quest’ultimo, esaminata tutta la documentazione sanitaria  nonché la sentenza civile e le relazioni di C.T.U, riteneva che la condotta  della dott.ssa X.  X.  X. fosse stata connotata da grave violazione degli obblighi di servizio nei confronti dell’Azienda di appartenenza e/o di diligenza nell’esercizio della professione medica, per non avere la stessa accertato, prima dell’esecuzione dell’iniezione di baralgina, attraverso un’accurata anamnesi della paziente,che quest’ultima non fosse allergica ai principi attivi del suddetto farmaco, atteso che la raccomandazione fornita dal marito della sig.ra G.  imponeva, comunque, di indagare sulla portata della dichiarata allergia, prima di praticare un farmaco controindicato in ipotesi di allergia ai pirazolonici ed agli altri principi attivi della specialità, nonché al metamizolo,riscontrato nella G. .

Il PM quindi, notificava invito a dedurre all’odierna convenuta che, tuttavia, non presentava deduzioni difensive né richiesta di audizione personale.

Nell’atto di citazione, il Pubblico ministero contabile ha ritenuto sussistenti tutti gli estremi per l’esercizio dell’azione di responsabilità, quale azione di rivalsa per il danno patrimoniale indirettamente arrecato alla gestione stralcio dell’AUSL n. 6 di Palermo a causa della colpevole negligenza e superficialità sussistente in capo alla dott.ssa X.  X.  X., all’epoca dei fatti di causa, assistente medico di ruolo presso l’Ospedale Civico e Y.  di Palermo.

Inoltre il PM ha affermato che nessuna valenza liberatoria nei confronti del predetto sanitario può essere confeR.   alla impropria “transazione” intervenuta con la compagnia assicurativa Maeci, in quanto la quietanza liberatoria spiegava effetto solamente all’interno del rapporto di garanzia intercorrente tra la USL Z. (assicurato ), la Maeci (assicuratore) ed il terzo beneficiario (sig.ra G. ) escludendo, anche per conto della dott.ssa X. , qualunque ulteriore pretesa a valere sul predetto rapporto di garanzia rientrante nel contratto di assicurazione.

Altra questione attiene, invero, all’obbligazione principale sorta in capo alla dott.ssa X. , tenuta a  rivalere l’Azienda di appartenenza (all’epoca dei fatti) di quanto la stessa è stata costretta a pagare , quale condebitore solidale con maggiori garanzie di solvibilità, in forza di una sentenza di condanna in cui la stessa dott.ssa X.  è stata dichiarata responsabile in solido a titolo diretto.  

In diritto il PM ha inoltre osservato che, per consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione (Cass.11 Aprile 1995 n.4152; Cass.27 maggio 1993 n.5939; Cass.1 febbraio 1991 n.977; Cass.1 marzo 1988 n.2144) , la responsabilità dell’Ente ospedaliero gestore di un servizio pubblico sanitario e del personale medico e paramedico suo dipendente, per i danni subiti dal privato a causa della non diligente esecuzione della prestazione professionale, inserendosi nell’ambito del rapporto giuridico pubblico instaurato tra l’ente gestore ed il privato che ha richiesto ed usufruito del servizio, ha natura contrattuale di tipo professionale.

Ne consegue che la responsabilità diretta dell’Ente e quella del medico, inserito organicamente nell’organizzazione del servizio, sono disciplinate in via analogica dalle norme che regolano la responsabilità in tema di prestazione professionale medica in esecuzione di un contratto d’opera professionale.

Occorre precisare, che la giurisprudenza più recente ha qualificato come contrattuale la responsabilità del medico che opera all’interno  della struttura ospedaliera, ribaltando i precedenti orientamenti giurisprudenziali che ravvisavano in capo al medico solamente una responsabilità extracontrattuale, per violazione dei doveri inerenti alla professione, ex art.2236 c.c., concorrente con quella contrattuale dell’Ente.

Tuttavia, quella in esame può essere definita,secondo il PM, come una fattispecie contrattuale a struttura complessa, dominata dalla presenza di un collegamento negoziale tra tre rapporti “ex contractu”:  tra ente e medico (in forza del contratto di lavoro), tra ente e paziente (in forza del contratto di ricovero) e quello tra paziente e medico, in forza del “contatto sociale” (ancorché il paziente sia vincolato all’indicazione del sanitario fornita dalla struttura).

Ne consegue che, mentre le prestazioni pecuniarie – prezzo,compenso,spese – sono regolate dai primi due rapporti e la predisposizione di una adeguata struttura organizzativa compete principalmente all’Ente, la prestazione professionale è oggetto, a diverso titolo, di entrambi i rapporti facenti capo al paziente: quello instaurato con l’Ente, che assicura la disponibilità di personale qualificato a cui rivolgersi, riservandosi di condizionare la scelta del medico da parte del paziente in relazione, anche, a criteri di ottimizzazione delle risorse e quello instaurato tra medico e paziente, il cui contenuto obbligatorio si individua nel contratto di prestazione d’opera professionale.

La distinzione dei due rapporti spiega la diversità dei criteri d’imputazione della responsabilità dell’Ente e di quella del medico: il regime della responsabilità oggettiva dell’Ente e quello della responsabilità per colpa, con i criteri di cui all’art.2236 c.c. per il secondo.

La giurisprudenza ha, quindi, chiarito che la responsabilità dell’Ente gestore del servizio ospedaliero e quella del medico dipendente hanno entrambe radice nell’esecuzione non diligente od errata della prestazione sanitaria da parte del medico, per cui, accertata la stessa, risulta contestualmente accertata la responsabilità a contenuto contrattuale di entrambi (qualificazione che discende non dalla fonte dell’obbligazione, ma dal contenuto del rapporto) (Cass.civ.Sez.III, 22/01/1999, n.589)

La giurisprudenza più recente della Corte di Cassazione ( cfr. Sent. 29 luglio 2004 n. 14488 sez.III civile) ha recato ulteriori approfondimenti in ordine al grado di diligenza richiesto al medico ed alle limitazioni di responsabilità nei casi previsti dall’art. 2236 c.c.

La Suprema Corte ha affermato che il medico-chirurgo, nell’adempimento delle obbligazioni inerenti la propria attività professionale, è tenuto ad una diligenza che non è solo quella del “buon padre di famiglia”, come richiesto dall’art. 1176, 1° comma, ma è quella specifica del debitore qualificato, come indicato dall’art. 1176 2° comma, la quale comporta il rispetto di tutte le regole e gli accorgimenti che nel loro insieme costituiscono la conoscenza della professione medica.

Il richiamo alla diligenza ha, in questi casi, la funzione di ricondurre la responsabilità a criteri oggettivi e generali e non puramente soggettivi, riferiti alla  violazione di obblighi specifici derivanti da  regole disciplinari precise. Nella diligenza è quindi compresa anche la “perizia”, da intendersi come conoscenza ed attuazione delle regole tecniche proprie di una determinata arte o professione.

In altri termini, la limitazione di responsabilità professionale del medico chirurgo ai soli casi di dolo o colpa grave, ai sensi dell’art. 2236 c.c., attiene esclusivamente alla perizia, per la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà, con esclusione dell’imprudenza e della negligenza.

Infatti, anche nei casi di speciale difficoltà, tale limitazione non sussiste con riferimento ai danni causati per negligenza od imprudenza, dei quali il medico risponde in ogni caso (Cass, 18 nov. 1997, n.11440).

Ciò detto il PM ha chiesto la condanna della convenuta al pagamento della somma di ¤ 714.401,20 in favore dell’Azienda Unità Sanitaria n. X.  di Palermo – Gestione stralcio, oltre rivalutazione , spese del procedimento ed interessi.

DIRITTO

Il Collegio ritiene che, nella fattispecie ,sussistano tutti i presupposti necessari per affermare la responsabilità amministrativa della convenuta.

Sussiste,infatti, il danno erariale:in quanto il pagamento della di somma di ¤ 714.401,20. (corrisposta,a titolo di risarcimento del danno alla sig.ra G. ) ha determinato una deminutio patrimonii per l’Amministrazione  cui non ha fatto fronte alcuna utilità.

Al riguardo si osserva che nessuna valenza liberatoria nei confronti del predetto sanitario può essere conferita   alla impropria “transazione” intervenuta con la compagnia assicurativa Maeci, in quanto la quietanza liberatoria spiegava effetto solamente all’interno del rapporto di garanzia intercorrente tra la USL 58 (assicurato ), la Maeci (assicuratore) ed il terzo beneficiario (sig.ra G. ) escludendo, anche per conto della dott.ssa X. , qualunque ulteriore pretesa a valere sul predetto rapporto di garanzia rientrante nel contratto di assicurazione.

Altra questione attiene, invero, all’obbligazione principale sorta in capo alla dott.ssa X. , tenuta a  rivalere l’Azienda di appartenenza (all’epoca dei fatti) di quanto la stessa è stata costretta a pagare, quale condebitore solidale con maggiori garanzie di solvibilità, in forza di una sentenza di condanna in cui la stessa dott.ssa X.  è stata dichiarata responsabile in solido a titolo diretto.  

Sussiste,inoltre,il nesso di causalità tra il comportamento della convenuta ed il danno:in quanto quest’ultima ha tenuto una condotta  da grave violazione degli obblighi di servizio nei confronti dell’Azienda di appartenenza e/o di diligenza nell’esercizio della professione medica, per non avere la stessa accertato, prima dell’esecuzione dell’iniezione di baralgina, attraverso un’accurata anamnesi della paziente,che quest’ultima non fosse allergica ai principi attivi del suddetto farmaco, atteso che la raccomandazione fornita dal marito della sig.ra G.  imponeva, comunque, di indagare sulla portata della dichiarata allergia, prima di praticare un farmaco controindicato in ipotesi di allergia ai pirazolonici ed agli altri principi attivi della specialità, nonché al metamizolo,riscontrato nella G. .

Sussiste,infine,la colpa grave della convenuta.

Infatti,secondo costante giurisprudenza di questa Corte,la sussistenza della colpa grave non può essere affermata in astratto ma deve essere valutata caso per caso.

Questo perchè,non ogni condotta diversa da quella doverosa implica colpa grave ma solo quella che sia caratterizzata da particolare negligenza,imprudenza od imperizia e che sia posta in essere senza l’osservanza,nel caso concreto,di un livello minimo di diligenza,prudenza o perizia;occorre precisare,inoltre,che tale livello minimo dipende dal tipo di attività concretamente richiesto all’agente e dalla sua particolare preparazione professionale,in quel settore della P.A. al quale è preposto.

Applicando tali principi di carattere generale alla fattispecie si può senz’altro affermare l’esistenza della colpa grave della convenuta che ,con grave negligenza ed imperizia ,non ha accertato la sussistenza di eventuali allergie pur in presenza della dichiarazione fornita dal marito della sig.ra G.  che imponeva i necessari accertamenti prima della somministrazione del farmaco allergizzante.

In conseguenza ,in base alle predette considerazioni va affermata la responsabilità amministrativa della convenuta e quest’ultima va condannata a pagare la somma di ¤ 714.401,20 , in favore dell’Azienda Unità Sanitaria n. 6 di Palermo – Gestione stralcio oltre:

1)alla rivalutazione monetaria su tale somma,da determinarsi secondo gli indici I.S.T.A.T.,a decorrere dal 20/02/2002 (data in cui si è concretizzato il danno in virtù dell’ordinanza del Tribunale di Palermo ,di pari data, che ha disposto  l’assegnazione della somma di ¤ 714.401,20);

2)agli interessi legali su detta somma,rivalutata come sopra,a decorrere dalla data di pubblicazione della presente sentenza e fino al soddisfo.

3)alle spese di giudizio.