La polizza di assicurazione stipulata dal datore di lavoro contro gli infortuni sul lavoro dei dipendenti, in ottemperanza di un obbligo stabilito dal contratto collettivo, è una normale assicurazione contro i danni, con la conseguenza che colui che ha stipulato il contratto non è titolare dei diritti che ne derivano. Pertanto il diritto all’indennizzo è assoggettato al regime giuridico proprio del contratto di assicurazione e non a quello dei crediti di natura previdenziale o assistenziale.

Il principio è stato specificato all’esito di in una vicenda giudiziaria per un sinistro stradale occorso ad uno specialista ambulatoriale mentre si recava presso il suo ambulatorio e dal quale derivavano gravi lesioni con un lungo periodo di riabilitazione.

Cassazione Civile  – Sezione Lavoro, Sent. n. 13651 del 04.06.2010.

omissis

Svolgimento del processo

1. Con ricorso depositato in data 27.8.1998, Dott. A.L. esponeva che in data X.  era rimasto coinvolto in un incidente stradale mentre, alla guida della propria autovettura, stava raggiungendo la sede del poliambulatorio di R.  della ASL Sa X., presso la quale prestava la sua attività professionale di medico specialista ambulatoriale. Nell’incidente egli riportava gravi lesioni con un lungo periodo di riabilitazione. In virtù di polizza assicurativa contro gli infortuni – compresi quelli “in itinere” – prevista dal CCNL di categoria, egli, dopo avere ottenuto copia della relativa polizza, riceveva comunicazione di non essere coperto in quanto non tempestivamente inserito dalla ASL nell’elenco dei medici assicurati. Chiedeva che, a causa dell’inadempimento all’obbligo di stipulare la polizza, previsto nel contratto di categoria, la ASL fosse condannata a risarcire il danno, equivalente a quello da invalidità temporanea e permanente.

2. Cancellata la causa dal ruolo il 13.4.2000, l’ A. riassumeva il processo. Si costituiva la ASL ed eccepiva che il contratto di assicurazione era stato debitamente stipulato, che esso era stato prorogato e che l’attore era coperto, talché chiedeva la chiamata in causa dell’Assitalia. Contestava comunque nel merito la sussistenza di un infortunio indennizzabile.

3. Il Tribunale respingeva la domanda attrice: l’ A. aveva agito per il risarcimento del danno e non per l’adempimento del contratto di assicurazione, onde non sussistevano i presupposti per chiamare in causa la società assicuratrice; non si dava alcun inadempimento della ASL Sa X., la quale aveva dimostrato come il giorno dell’infortunio la polizza assicurativa fosse in vigore e coprisse anche l’attore, in quanto non nominativa.

4. Proponeva appello l’ A., osservando che il Tribunale non aveva valutato la condotta serbata dalla ASL, la quale dinanzi alle ripetute richieste di ottenere copia della polizza, solo in data 7.6.1997 gli aveva inviato una copia conforme della stessa, vigente al 30.7.1996 e palesemente inefficace rispetto alla data del sinistro, avvenuto il X.: il che aveva indotto esso attore nella convinzione di non essere coperto da assicurazione.

Si costituiva la ASL ed osservava che l’appello era inammissibile ed infondato; vero è che l’ A. aveva “perso” il termine per far valere i diritti nascenti dalla polizza.

5. La Corte di Appello confermava la sentenza di primo grado. Questa in sintesi la motivazione della sentenza di appello:

  • l’appello è tempestivo, in relazione alla data del deposito dell’atto;
  • esso è adeguatamente e specificamente motivato, ma peraltro è infondato, perché alla data del sinistro la polizza era in vigore e quindi non sussiste alcun inadempimento imputabile all’ASL;
  • la polizza non era nominativa;
  • modificando la “causa petendi” dedotta in primo grado, l’attore sostiene che la ASL sarebbe ugualmente responsabile, per avere inviato al medico infortunato copia di una polizza vigente al 30.7.1996 e non alla data del sinistro, tenendo perciò una condotta scorretta e tale da indurlo in errore;
  • tale modificazione non è ammissibile a sensi dell’art. 437 c.p.c.; si osserva inoltre come non sussista condotta colpevolmente negligente, essendo al contrario addebitabile all’ A. di avere richiesto per raccomandata alla ASL chiarimenti circa la copertura del sinistro solo in data X.

6. Ha proposto ricorso per Cassazione A.L., deducendo cinque motivi. Resiste con controricorso l’ASL n. X.  di Salerno – Vallo della Lucania.

Motivi della decisione

7. Con il primo motivo del ricorso, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione, a sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, degli artt. 1175, 1375, 1218 e 1453 c.c., per avere la Corte di Appello aderito “pedissequamente” alla sentenza del Tribunale, senza procedere ad una valutazione del comportamento tenuto dalla convenuta, la quale teneva esso ricorrente nell’incertezza circa la copertura assicurativa, tardava ad inviare copia della polizza, indi la inviava con riferimento ad una data diversa da quella del sinistro, in sostanza violava l’obbligo di buona fede nell’adempimento del contratto.

8. Con il secondo motivo del ricorso, il ricorrente deduce violazione dell’art. 329 c.p.c., perché la Corte di Appello ha erroneamente ritenuto che fosse stata modificata la “causa petendi”, laddove l’attore aveva soltanto perfezionato la prospettazione giuridica del fatto.

9. I motivi sopra riportati possono essere esaminati congiuntamente, in quanto tra loro strettamente connessi. Essi risultano infondati.

Iniziandosi per motivi logici dal secondo ‘ motivo, va rilevato che, come accertato dalla Corte di Appello, l’ A. ha agito col ricorso introduttivo al solo fine di conseguire il risarcimento del danno derivato dalla mancata stipula della polizza infortuni prevista dall’art. 31 del CCNL. Una volta depositata la polizza e dimostrato che la copertura assicurativa era stata fornita, egli ha modificato la ragione della domanda di risarcimento del danno indicando non più la mancata assicurazione, ma la mancata, intempestiva e scorretta comunicazione della polizza. Tale modificazione non costituisce una mera difesa, ma mutamento della ragione della domanda, perché ad un risarcimento del danno per mancata stipula di una polizza assicurativa viene sostituita la mancata osservanza del criterio di buona fede nella comunicazione delle informazioni relative. In punto di diritto, deve rilevarsi come cosa diversa sia l’addebitare ad un soggetto un inadempimento “tout court” dall’addebitare allo stesso soggetto una deficiente informativa circa l’avvenuto adempimento di un obbligo. Peraltro la sentenza di Corte di Appello contiene anche altra “ratio decidendi” non toccata, vale a dire che la ASL ha adempiuto al proprio obbligo informativo e che fu l’ A. a tardare nel chiedere informazioni, statuizione questa in fatto, come tale incensurabile in sede di legittimità siccome sorretta da adeguata motivazione.

10. Con il terzo motivo del ricorso, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione, a sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, degli artt. 1920 e 1411 c.c., nonché difetto di motivazione in ordine alla qualificazione giuridica del contratto di assicurazione: la polizza di assicurazione è stata qualificata come contratto a favore di terzo, ex art. 1920 c.c., e non come polizza contro i rischi professionali, a sensi dell’art. 1917 c.c..

L’azione di adempimento spettava quindi allo stipulante e non al terzo beneficiario.

11. Con il quarto motivo del ricorso, il ricorrente deduce violazione dell’art. 1917 c.c., perché il contratto “de quo” costituisce unna semplice assicurazione contro i danni, per la quale l’assicurato non ha azione diretta contro l’assicuratore.

12. Anche i due suddetti motivi possono essere esaminati congiuntamente. Essi risultano inammissibili e comunque infondati.

13. Posto che oggetto della domanda è un risarcimento del danno per mancata copertura assicurativa e, dopo la modifica della “causa petendi” per comportamento scorretto nel comunicare le relative informazioni, appare lecito dubitare dell’interesse che possa rivestire per l’attore la qualificazione giuridica del contratto di assicurazione previsto dal ridetto art. 31 del CCNL 1990. Vale comunque la pena di ricordare che la polizza di assicurazione stipulata dal datore di lavoro contro gli infortuni sul lavoro dei dipendenti, in ottemperanza di un obbligo stabilito dal contratto collettivo, è una “normale assicurazione contro i danni stipulata secondo lo schema dell’art. 1891 c.c., con la conseguenza che colui che ha stipulato il contratto non è titolare dei diritti che ne derivano. Pertanto il diritto all’indennizzo è assoggettato al regime giuridico proprio del contratto di assicurazione e non a quello dei crediti di natura previdenziale o assistenziale” (Cass. 25.11.1999 n. 13140; nello stesso senso Cass. 9.6.1997 n. 5155).

14. Il quinto motivo del ricorso prospetta violazione dell’art. 2087 c.c., negandosi che con la stipula del contratto di assicurazione la ASL avesse conseguito un sostanziale esonero da qualunque forma di responsabilità.

15. Il motivo è inammissibile. Esso introduce una questione nuova, vale a dire l’applicabilità dell’art. 2087 c.c., ad un rapporto di lavoro di medico specialista ambulatoriale, disciplinato dal D.P.R. n. 316 del 1990, in relazione agli infortuni in itinere occorsi in occasione di incidente stradale. Al riguardo l’art. 31 del CCNL citato dispone la stipula di apposita polizza assicurativa anche in occasione dell’accesso alla sede dell’ambulatorio (oltre a diversa polizza per rassicurazione responsabilità civile verso gli utenti). Non è dato vedere come siffatta questione possa considerarsi compresa nella domanda originaria, che era una domanda di risarcimento del danno conseguito alla mancata stipula della polizza assicurativa anzidetta.

16. Il ricorso deve, per i suesposti motivi, essere rigettato. Le spese del grado seguono la soccombenza e vengono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE rigetta il ricorso e condanna A.L. a rifondere alla ASL Salerno X.  le spese del grado, che liquida in Euro 15,46 oltre Euro duemila/00 per onorari, spese generali, Iva e Cpa nelle misure di legge.