La Corte d’appello di Salerno, ha confermato la sentenza con cui il locale Tribunale ha condannato l’imputato alla pena di un anno di reclusione, nonché alla pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per corrispondente periodo. Al sanitario, nell’esercizio delle sue funzioni di professore associato preso una unità operativa complessa,è stato addebitato di aver esercitato attività professionale intra moenia senza versare all’Azienda ospedaliera i corrispettivi delle visite per la conseguente ripartizione tra Ente e medico così appropriandosi delle somme ricevute da alcuni pazienti. Contro la sentenza d’appello, il medico ha adito la Suprema Corte

Cassazione Penale – Sez. VI; Sent. n. 25255 del 26.06.2012

Ritenuto in fatto

1. La Corte d’appello di Salerno, rigettando l’appello dell’imputato, ha confermato la sentenza pronunciata il 28 novembre 2001, con cui il locale Tribunale aveva condannato M.R. – riconosciute le circostanze attenuanti previste dagli artt. 62 n. 4, 62-bis e 323-bis cod. pen. – alla pena (condizionalmente sospesa) di un anno di reclusione, nonché alla pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per corrispondente periodo.

Al M. è stato addebitato di avere, in qualità e nell’esercizio delle sue funzioni di professore associato preso l’U.O. Urologia dell’ospedale S. X.  di X. , esercitato attività professionale intra moenia senza versare all’Azienda ospedaliera i corrispettivi delle visite per la conseguente ripartizione di essi secondo legge tra l’Azienda e l’indagato (rispettivamente 22% e 78%), così appropriandosi delle somme ricevuto per le visite di R.A. , di F.F. , D.L.G. , L.F.G. , Ma.Gi. , L.G. , P.O. , effettuate in … e in ….

2. Ricorre per cassazione il difensore dell’imputato, che deduce:

a) violazione dell’art. 606.1 lett. e) c.p.p. per vizio di motivazione in relazione ai requisiti previsti dalla legge per la sussistenza del reato di peculato;

b) violazione ed erronea applicazione della legge penale (art. 606.1 lett. b c.p.p.), con riferimento all’art. 314 c.p., in ordine alla ritenuta sussistenza della qualifica di pubblico ufficiale;

c) violazione dell’art. 606.1 lett. e) c.p.p. per vizio di motivazione e travisamento del fatto in relazione alla valutazione delle emergenze probatorie acquisite con l’istruttoria dibattimentale.

3. In data 27 gennaio scorso sono stati depositati dal difensore motivi aggiunti, connessi alla terza delle censure sopra indicate.

 

Considerato in diritto

 

1. I primi due motivi sono infondati, alla stregua della consolidata giurisprudenza di questa Corte, che il Collegio condivide.

1.1. Integra, infatti, il delitto di peculato la condotta del medico il quale, svolgendo in regime di convenzione attività intramuraria, dopo aver riscosso direttamente dai pazienti l’onorario dovuto per le prestazioni, ometta poi di versare all’azienda sanitaria quanto di spettanza della medesima, in tal modo appropriandosene (Cass. N. 39695/2009      , Rv. 245003, Russo).

1.2. In ordine al secondo motivo, relativo alla qualifica di pubblico ufficiale, detta qualità deve essere attribuita a qualunque pubblico dipendente che le prassi e le consuetudini mettano nelle condizioni di riscuotere e detenere denaro di pertinenza dell’amministrazione (v. Cass. n. 2969/2005, Rv. 231474, Moschi e la già citata sentenza n.             39695/2009      ).

2. Per quanto concerne il terzo motivo ed i motivi aggiunti, manifestamente infondati, va ribadito che, anche a seguito delle modifiche dell’art. 606.1 lett. e) cod. proc. pen., introdotte dall’art. 8 della L. n. 46 del 2006, non è consentito dedurre il ‘travisamento del fatto’, stante la preclusione per il giudice di legittimità di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito (Cass. n. 27429/2006, Rv. 234559, Lobriglio; Sez. 5, Sentenza n. 39048/2007, Rv. 238215, Casavola).

La nuova disciplina consente di dedurre il vizio di ‘travisamento della prova’, che ricorre nel caso in cui il giudice di merito abbia fondato il proprio convincimento su una prova che non esiste o su un risultato di prova incontestabilmente diverso da quello reale, sempreché la difformità risulti decisiva.

Orbene, i rilievi difensivi in ordine al travisamento della prova (così qualificata la deduzione del ricorrente) relativa al rilascio al pazienti visitati dalla fattura per il corrispettivo ricevuto, risulta del tutto marginale e per nulla decisiva. All’imputato non è stato addebitato un illecito fiscale, bensì l’appropriazione indebita di denaro spettante all’Ente pubblico: la Corte territoriale ha ritenuto ‘accertato che il M. , in occasione delle visite effettuate presso l’Ospedale di X.  e presso il proprio studio a Salerno non compilava il bollettario deputato proprio alla ripartizione delle somme tra il professionista e l’Ente di appartenenza e dunque tratteneva per sé interamente le somme riscosse, anche per la parte spettante all’Ente stesso’.

3. Al rigetto del ricorso segue la condanna al pagamento delle spese processuali, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen..

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.