In un incidente automobilistico a seguito del quale è rimasta gravemente infortunata una donna, deceduta poi in ospedale dopo un intervento chirurgico, è stata esclusa la responsabilità dei sanitari per il ritardo con cui la paziente è stata trasportata dalla precedente struttura ad un’altra munita di divisone di ortopedia.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza n. 9834/15 del 6/03/2015

Ritenuto in fatto 

1. Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di P.M. avverso la sentenza emessa in data 5.11.2013 dalla Corte di Appello di Reggio Calabria che, in parziale riforma di quella in data 3.6.2009 del Giudice monocratico del Tribunale di Palmi, dichiarava non doversi procedere nei confronti del predetto in ordine al delitto di lesioni colpose plurime per difetto di querela e, previo riconoscimento delle attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante, rideterminava la pena inflitta, condizionalmente sospendendola, in anni uno e mesi otto di reclusione per il residuo delitto di omicidio colposo con violazione delle norme sulla circolazione stradale in danno di P.C. (fatto del 9.4.2006).

2. Secondo l’imputazione e quanto accertato dalla sentenza impugnata, il P., alla guida della propria autovettura VW Golf, percorrendo la SS 18 con direzione di marcia Gioia Tauro-Palmi, imboccando ad alta velocità un tratto curvilineo sinistrorso, per colpa consistita nella violazione degli obblighi di prestare adeguata attenzione a quanto accadeva sulla sede stradale, di procedere ad una velocità commisurata alle caratteristiche della strada e alle condizioni di visibilità in modo da conservare il controllo dei proprio autoveicolo ed essere in grado di compiere tutte le manovre necessarie in condizioni di sicurezza e comunque viaggiando ad una velocità nettamente superiore al limite massimo di 50 km/h, ed in ogni caso per negligenza, imprudenza ed imperizia, perdeva il controllo dei veicolo, modificando la sua originaria traiettoria e, proseguendo la corsa, si poneva trasversalmente sulla strada; invadeva, così, la carreggiata opposta ed urtava violentemente contro la parte anteriore del veicolo Fiat 600 condotto da S.C. con a bordo -lato passeggero anteriore- P.C., proveniente dall’opposto senso di marcia, cagionando il ferimento della Spinoso e degli altri 5 passeggeri tra cui la P.. Quest’ultima veniva condotta all’ospedale di Gioia Tauro per i primi accertamenti e, successivamente, all’ospedale di Polistena, ove decedeva nel reparto di terapia intensiva dopo esser stata sottoposta ad un’operazione agli arti inferiori. 3. II ricorrente deduce la violazione di legge ed il vizio motivazionale in ordine al rappresentato ragionevole dubbio circa l’ascrivibilità eziologica dell’evento morte a cause diverse dalla condotta colposa del P. e, segnatamente, ai segnalati ritardi terapeutici in assenza dei quali sarebbe stata possibile e probabile (“non molto probabile”) la sopravvivenza della vittima.

Si duole, altresì, della violazione di legge in relazione all’ammissione e alla mancata esclusione della parte civile, già risarcita dalla compagnia assicuratrice, e dell’eccessività del risarcimento, nonché del vizio motivazionale e del travisamento della prova in relazione alla trascrizione dell’udienza dibattimentale dei 7.5.2008 in cui il patrocinatore delle parte civile aveva riconosciuto che le parti civili erano state risarcite benché nei minimi di polizza, senza con ciò rinunciare alla costituzione di parte civile nei confronti dell’imputato.

Considerato in diritto

4. II ricorso è infondato ai limiti dell’inammissibilità.

5. Invero, le censure mosse hanno riproposto in questa sede le medesime doglianze rappresentate dinanzi alla Corte territoriale benché siano state da quel giudice disattese con motivazione compiuta e congrua, immune da vizi ed assolutamente plausibile.

Premessa la pacifica (non essendo nemmeno stata contestata in questa sede) esclusiva responsabilità del P., per la sua estremamente imprudente condotta di guida, a cagione dell’elevata velocità tenuta e della violazione di elementari regole della circolazione stradale, nella produzione del sinistro in occasione del quale la P. rimase gravemente infortunata, di certo non è possibile ricondurre il decesso della giovane ad una causa indipendente ed eccezionale imputabile a colpa professionale di natura medica.

La morte della P. trovò la sua diretta causa nelle ferite riportate dal violento impatto delle auto coinvolte: ciò i giudici di merito hanno correttamente evinto dalla chiara esposizione del perito T. il quale ha escluso, sulla scorta della documentazione sanitaria acquisita, profili di colpa medica (non essendo stato accertato con dati di fatto sia il colpevole errore diagnostico di alcun sanitario sia, ovviamente a fortiori, “il nesso causale tra detto errore e il decesso”). Il ritardo con cui la P. fu trasportata all’ospedale di Polistena, non essendo quello di Gioia Tauro munito di una divisione di ortopedia, per essere operata agli arti inferiori, si atteggiò, come ripete la Corte territoriale richiamando le osservazioni peritali al riguardo, a causa di un possibile aggravamento delle già precarie condizioni di salute della giovane, senza però elidere il rapporto di causalità con la condotta di prima causazione dell’evento, tenuta dal P..

La frase adoperata dal perito, laddove ha affermato che in ipotesi di intervento chirurgico tempestivo effettuato presso una struttura di reparto idoneo al trattamento delle lesioni riportate, la sopravvivenza della paziente sarebbe stata “solo possibile, ma non molto probabile”, s’appalesa inappropriata ed incoerente per l’equivoca semantica lessicale e frasale. Infatti, benché sintatticamente possa portare ad intendere (elidendo il “non molto”) la probabilità pura e x semplice della detta sopravvivenza, questa è logicamente contraddetta dal precedente “solo” possibile, onde deve ragionevolmente ritenersi, anche alla luce delle successive precisazioni (“trattandosi di un intervento, già di per sé a rischio di mortalità”), che non ad una tecnica probabilità (cioè ad un’accentuata possibilità di verificazione) intendeva riferirsi il perito, bensì alla mera verosimiglianza di essa (da interpretarsi quindi: “non molto verosimile”).

Peraltro, la probabilità della riconducibilità dell’evento lesivo alla condotta omissiva del medico alla quale si riferisce la nota sentenza “Franzese” (Cass. pen. S.U. n. 30328 del 10.7.2002) pur richiamata in ricorso, è quella “logica” e comunque, I`alto grado di credibilità razionale” che, nel caso di specie, per quanto sopra rilevato, deve escludersi ricorra all’esito degli accertamenti svolti dal perito. Del resto, è stato evidenziato come, in ogni caso, non possa escludersi, al limite, l’incidenza concausale ma determinante della condotta colposa dell’imputato (connotata dall’elevata velocità in violazione dei limiti imposti sul tratto di strada in questione) nella produzione del sinistro, laddove gli eventuali profili di colpa dei sanitari si sarebbero comunque atteggiati “a mere concause successive inidonee ad elidere il nesso di causalità rispetto alla condotta primariamente tenuta dall’imputato” (pag. 15 sent.).

Quanto alla seconda censura, correttamente la Corte ha disatteso l’analoga doglianza formulata in quella sede, attesa la totale assenza di supporto documentale che nel caso di specie sarebbe stato indispensabile. Del resto, la circostanza che il patrocinatore delle parti civili abbia ammesso l’avvenuto risarcimento nei minimi di polizza ad opera della Compagnia assicurativa, non avendo le stesse parti civili rinunciato all’azione in sede penale, manifesta la palese non integralità del risarcimento assicurativo che la parte civile ha evidentemente accettato solo in via provvisoria e non già liberatoria e definitiva, riservando la prosecuzione dell’azione civile in sede penale.

Insindacabile è, poi, l’ammontare della somma liquidata a titolo di danno non patrimoniale, attesa la piena discrezionalità sul punto specifico del giudice di merito (Cass. pen. Sez. V, n. 35104 del 22.6.2013, Rv. 257123) che,peraltro, ne ha dato conto con congrua motivazione.

6. Consegue il rigetto del ricorso e, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.